Suicidi di ragazzi

danny

Utente di lunga data
Una parte di responsabilità c'è.
Solo che non è nelle cause.

Ma nel dirsi la verità su se stessi e quindi nella Cura.
Nell'umiltà e nella grandezza del saper non solo chiedere ma anche accettare l'aiuto.

Io sono figlia di una madre che quella responsabilità non se l'è mai voluta assumere.
E quella sua mancanza l'abbiamo pagata, e la paghiamo tutti. Caramente. Molto.
La depressione come tutte la malattie richiede una cura.
Non si guarisce da soli.
E la cura deve essere efficace.
Mio nonno quando entrò in depressione andò in cura da un neurologo.
Gli fu prescritta una terapia a base di Tavor, null'altro.
Soffriva anche di fobie. Stati di allucinazione dovuti a percezioni errate.
Provava fastidio all'eccessiva luce e ai rumori.
Dimagrì fino a essere pelle e ossa.
Nel frattempo divenne dipendente dal Tavor, che, come ora si sa, scatena istinti suicidi.
Un giorno se ne prese l'intera scatola.
Sua sorella due anni prima si era buttata dal balcone: per lui era stato un trauma che unito ad altri stress lavorativi (all'epoca gli operai lavoravano 6 giorni su 7 e in condizioni pesanti, quindi non aveva tempo per lavorare su di sé e sul dolore), lo rese instabile.
Fu curato male, purtroppo, all'epoca si era molto meno consapevoli di fronte a questi problemi, li si tendeva molto più spesso a legare erroneamente alla volontà e a curarsi tardivamente o in maniera non adeguata.
Per esempio anche andare dal neurologo e non dallo psichiatra è un errore.
 
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danny

Utente di lunga data
Lo sapevi che una parte delle componenti scatenanti la depressione è genetica? E che la responsabilità e' visibile a posteriori, vale a dire quando oramai la frittata e' fatta? Ecco.... Fatte queste due premesse concordo nel dire che siamo responsabili per la cura. Per la prevenzione, non so bene in che misura. Ci sono infartuati che hanno condotto sempre una vita sana. Eppure a loro e' toccata una malattia. Altri che hanno fumato come turchi, hanno mangiato come porci e sono campati cent'anni. E altri che avendo avuto una condotta di vita non sana ne pagano le conseguenze. C'è, in qualsiasi malattia, tutta una casistica riassumibile nella tua vita. E certo che dobbiamo averne cura. Ma questo non toglie nulla al fatto che di malattie stiamo a parlare. Certamente non cercate apposta, certamente non volute. E in questo contesto se devo parlare di responsabilità... Beh. La vedo soprattutto a posteriori, nella cura, che significa imparare ad averne. Col tempo e con l'esperienza. E con la paura. Perché quando vieni segnato da una malattia hai paura eccome di ricaderci. Peraltro e' stato dimostrato che la depressione lascia segni "fisici" sul cervello. Al pari di ogni malattia. Quindi non è sufficiente "darsi una mossa" anche solo per evitare ricadute. Il lato positivo? C'è, come c'è per ogni altra malattia. Si è più deboli in quanto provati e maggiormente predisposti. Si è più forti dall'esperienza. Nella mia non sono mancati coloro che mi dicevano "fatti forza". Forse sono stati più inutili di quelli a cui si leggeva in faccia che pensavano fosse una colpa portata dalla sostanziale assenza di problemi. Che erano tanti, invece.
Quoto.
Aggiungo una considerazione.
Proprio questa ignoranza (nel senso di non conoscenza) del problema, lo porta a sottovalutare, con tutte le conseguenze del caso.
Un figlio in depressione rimproverato dai genitori e non curato è un ragazzo a rischio.
Un mio amico è morto così, nella totale incapacità dei genitori di riconoscere la sua malattia e di aiutarlo a curarsi. Il "dai su, forza, non stare lì imbambolato, guarda gli altri, vivi come loro" è ulteriore danno per chi è malato.
E' morto sotto un treno.
 

danny

Utente di lunga data
Appunto che tu dai per scontato un presupposto che non lo e': La depressione ad oggi viene in larga misura vista in un'ottica di colpa. Anche dal malato verso se stesso. E da chi ti sta intorno: perché sopportare un depresso e' come legarsi un macigno al collo. Io ricordo le domande di chi mi stava intorno. La prima, la più semplice: "va meglio?". E quando ancora meglio non andava ti sentivi in colpa. O ancora quello che mi suggerivano i miei genitori "ripeti sto bene sto bene sto bene!. E vedrai che stai bene". O quello che mi diceva il marito"in fondo non hai motivi per essere depressa". O gli amici: "ma non vai a lavorare? Vedrai che lavorando ti passa". Era un momento in cui faticavo ad alzarmi dal letto, e non vedevo l'ora che fosse sera per tornarci, chiudere gli occhi e.... vigliaccamente sperare di non aprirli. Per tutto questo mi sentivo in colpa. Per questo motivo mi metto sulla difensiva quando leggo qualcosa che vagamente riecheggia quelle frasi. La cui connotazione di colpevolezza non sta solo nella mia testa, di questo ne sono certa.
Brava.
E questo errore, tanti anni fa, l'ho fatto anch'io, quando mia moglie è caduta per la prima volta in depressione.
Non sai quanto mi sono pentito dopo, quando ne sono stato consapevole, di questa mia ignoranza.
Di depressione se ne parla poco e male, che quando ci tocca da vicino, un amico, un parente, il coniuge o i genitori, non si sa cosa fare.
Vivere con un depresso è difficile, è pesante, lo so per esperienza.
E spesso lo si colpevolizza proprio perché non si riesce a tenere testa a questa difficoltà.
Non si sa cosa fare, ma si è consapevoli che questa cosa può fare male anche a noi.
Pensiamo a un figlio con un genitore depresso, o un marito con la moglie in depressione...
Certo, ti cambia la vita.
Proprio per questo ognuno di noi dovrebbe imparare a confrontarsi correttamente con una persona malata di depressione.
E aiutarla a curarsi, portandola da uno psichiatra, per esempio.
E, nel momento in cui ottenesse un rifiuto, lavorare affinché possa cambiare idea.
E' difficile, lo so.
Se noi tutti smettessimo di colpevolizzare malattie come queste, dall'ansia alla depressione, forse sarebbe più facile.
 

danny

Utente di lunga data
Quando c'è un malato in famiglia, è tutta la famiglia ad essere malata. Nel depresso ci vedo dell'egoismo. Come nel drogato, lui sta male, ma vede solo se stesso e il suo star male e così si tira dietro tutti quelli che lo circondano.
La depressione è una malattia guaribile, o almeno gestibile se curata bene e con perseveranza, solo che non tutti vogliono guarire, forse perché non abbastanza motivati
No.
La depressione è una malattia curabile., solo che chi ne è colpito non ha la forza di curarsi.
La depressione annulla qualsiasi motivazione: è chi sta accanto al depresso che deve avere gli strumenti per curarlo e assisterlo.
L'egoismo io lo vedo in chi, stanco e incapace di assistere il malato, getta la spugna attribuendo all'altro qualsiasi responsabilità.
Ma l'egoista è chi non assiste, non chi è malato.
 

danny

Utente di lunga data
Il fatto è che non è "con un progetto" che eviti la depressione. E non è neanche la caduta di un progetto che ti conduce alla depressione, in se'. Essere tristi in un momento di difficoltà, uno tra i tanti che ci presenta la vita, è normale. Ma la depressione non è solo una reazione patologica ad un momento. Più spesso quel momento e' solo la punta di un iceberg, tanto e' vero che a volte si fa persino fatica a individuarlo. E qui vorrei collegarmi al topic, con riguardo ai suicidi dei giovani. Ho letto che arriverebbero ad estraniarsi al punto da non capire cosa sia realmente la morte. Non sono tanto d'accordo. Diciamo che io lo vedo più come un problema di solitudine. Che non significa necessariamente essere soli, ma significa preferire stare isolati. Avere più possibilità di farlo. Non è che un tempo la depressione non esistesse: giocoforza però la società era più fondata sulla presenza fisica delle persone. E i suicidi capitavano comunque, ma erano più rari perché si avevano meno occasioni di trovarsi a lungo in balia di se stessi. Sai cosa significa per un malato di depressione? Significa che la presenza costante di altri, quella presenza che peraltro infastidisce quando sei in corso di malattia (non a caso vorresti essere solo) e' impossibile. Oggettivamente impossibile. E quindi ti trovavi in un ruolo, che era quello di convivere con la gente e con la tua malattia. Spesso evitandone le conseguenze estreme. Non un progetto, ma un ruolo da cui non era possibile estraniarsi completamente.
Post da incorniciare.
 

Fiammetta

Amazzone! Embe'. Sticazzi
Staff Forum
Azz che argomento scottante

Ho letto
Riflettendo per ogni suicidio di persone che conoscevo più o meno bene, ho sempre riscontrato l'esistenza di un fattore familiare
Nel cerchio familiare del suicida erano già noti episodi di altri suicidi o forti depressioni con tanto di ricovero coatto.
Ho sempre pensato quindi che il fattore "genetico" sia una parte incisiva in certe malattie
 

Piperita

Sognatrice
No.
La depressione è una malattia curabile., solo che chi ne è colpito non ha la forza di curarsi.
La depressione annulla qualsiasi motivazione: è chi sta accanto al depresso che deve avere gli strumenti per curarlo e assisterlo.
L'egoismo io lo vedo in chi, stanco e incapace di assistere il malato, getta la spugna attribuendo all'altro qualsiasi responsabilità.
Ma l'egoista è chi non assiste, non chi è malato.
Guarda che anch'io ho vissuto quasi metà della mia vita con un depresso e nell'altra metà mi sono ammalata io e so che il depresso è egoista. Vede solo se stesso e il proprio dolore e degli altri non gli frega assolutamente nulla e non perché gli vuole male, ma solo perché "non esistono"

Ci sono depressi che non vogliono farsi curare, ne ho una a casa, mia madre. Lei ha deciso che non vuole ricevere cure di alcun tipo e io non posso farci nulla, perché non si può costringere qualcuno a farsi curare contro la propria volontà.
 

danny

Utente di lunga data
Guarda che anch'io ho vissuto quasi metà della mia vita con un depresso e nell'altra metà mi sono ammalata io e so che il depresso è egoista. Vede solo se stesso e il proprio dolore e degli altri non gli frega assolutamente nulla e non perché gli vuole male, ma solo perché "non esistono"

Ci sono depressi che non vogliono farsi curare, ne ho una a casa, mia madre. Lei ha deciso che non vuole ricevere cure di alcun tipo e io non posso farci nulla, perché non si può costringere qualcuno a farsi curare contro la propria volontà.
L'egoismo è parte della malattia.
E altrettanto l'incapacità di accettare la necessità o la possibilità di curarsi.
Per chi ci vive accanto è una fatica enorme, con i suoi alti e bassi, sempre in bilico tra speranze e voglia di mollare tutto quando non ce la si fa più.
Non è facile, lo so.
Soprattutto quando con questa persona c'è un legame forte.
La difficoltà è proprio trovare il modo per convincerli ad avviare un percorso psichiatrico, in un mondo che non riconosce la gravità di queste malattie.
 
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Foglia

utente viva e vegeta
No.
La depressione è una malattia curabile., solo che chi ne è colpito non ha la forza di curarsi.
La depressione annulla qualsiasi motivazione: è chi sta accanto al depresso che deve avere gli strumenti per curarlo e assisterlo.
L'egoismo io lo vedo in chi, stanco e incapace di assistere il malato, getta la spugna attribuendo all'altro qualsiasi responsabilità.
Ma l'egoista è chi non assiste, non chi è malato.

La depressione non sempre è curabile. O meglio, non sempre si trova la cura, ad oggi. Anche a voler essere curati. Ti dirò però una cosa. Condivido il discorso di [MENTION=5159]ipazia[/MENTION], quando dice che il paziente ha un dovere, verso se stesso ancor prima che verso gli altri, di farsi curare. Al giorno d'oggi, si. E' vero che non si può parlare di volontà quando sei in preda a una malattia che la volontà te la uccide. Ma è vero anche che si sta male, e che si sarebbe disposti, in quei momenti, a tagliarsi un braccio, o una gamba, pur di stare meglio. Io volevo curarmi. Volevo farmi curare. Agli appuntamenti con lo psichiatra ci andavo io, e mi costava tanto. Posso dire benissimo che la poca forza che avevo l'ho usata per quello. Intendiamoci: non riuscii a sviscerare tutti i problemi. Anzi. Furono un po' messi sotto il tappeto, come la polvere. Ma mi curai con i farmaci. Sicché sono tornata ad essere una persona problematica ma non più depressa. I problemi, quelli veri, ho avuto la forza di vederli solo quando ne sono uscita. Questa la mia esperienza. C'è da dire che la mente umana è unica per ciascuno di noi. Però guai se non avessi voluto curarmi. Gli altri non possono volersi curare al posto tuo. E per quanto male stavo nessuno avrebbe dovuto convincermi ad intraprendere la cura. La mia esperienza con la depressione comunque nacque in modo un po' diverso dal solito. Cioè non fu subito depressione. Diciamo così, chiedo scusa ma magari ne potrò parlare meglio in area privata :eek:
 

Foglia

utente viva e vegeta
No.
La depressione è una malattia curabile., solo che chi ne è colpito non ha la forza di curarsi.
La depressione annulla qualsiasi motivazione: è chi sta accanto al depresso che deve avere gli strumenti per curarlo e assisterlo.
L'egoismo io lo vedo in chi, stanco e incapace di assistere il malato, getta la spugna attribuendo all'altro qualsiasi responsabilità.
Ma l'egoista è chi non assiste, non chi è malato.

La depressione non sempre è curabile. O meglio, non sempre si trova la cura, ad oggi. Anche a voler essere curati. Ti dirò però una cosa. Condivido il discorso di [MENTION=5159]ipazia[/MENTION], quando dice che il paziente ha un dovere, verso se stesso ancor prima che verso gli altri, di farsi curare. Al giorno d'oggi, si. E' vero che non si può parlare di volontà quando sei in preda a una malattia che la volontà te la uccide. Ma è vero anche che si sta male, e che si sarebbe disposti, in quei momenti, a tagliarsi un braccio, o una gamba, pur di stare meglio. Io volevo curarmi. Volevo farmi curare. Agli appuntamenti con lo psichiatra ci andavo io, e mi costava tanto. Posso dire benissimo che la poca forza che avevo l'ho usata per quello. Intendiamoci: non riuscii a sviscerare tutti i problemi. Anzi. Furono un po' messi sotto il tappeto, come la polvere. Ma mi curai con i farmaci. Sicché sono tornata ad essere una persona problematica ma non più depressa. I problemi, quelli veri, ho avuto la forza di vederli solo quando ne sono uscita. Questa la mia esperienza. C'è da dire che la mente umana è unica per ciascuno di noi. Però guai se non avessi voluto curarmi. Gli altri non possono volersi curare al posto tuo. E per quanto male stavo nessuno avrebbe dovuto convincermi ad intraprendere la cura. La mia esperienza con la depressione comunque nacque in modo un po' diverso dal solito. Cioè non fu subito depressione. Diciamo così, chiedo scusa ma magari ne potrò parlare meglio in area privata :eek:
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
La depressione come tutte la malattie richiede una cura.
Non si guarisce da soli.
E la cura deve essere efficace.
Mio nonno quando entrò in depressione andò in cura da un neurologo.
Gli fu prescritta una terapia a base di Tavor, null'altro.
Soffriva anche di fobie. Stati di allucinazione dovuti a percezioni errate.
Provava fastidio all'eccessiva luce e ai rumori.
Dimagrì fino a essere pelle e ossa.
Nel frattempo divenne dipendente dal Tavor, che, come ora si sa, scatena istinti suicidi.
Un giorno se ne prese l'intera scatola.
Sua sorella due anni prima si era buttata dal balcone: per lui era stato un trauma che unito ad altri stress lavorativi (all'epoca gli operai lavoravano 6 giorni su 7 e in condizioni pesanti, quindi non aveva tempo per lavorare su di sé e sul dolore), lo rese instabile.
Fu curato male, purtroppo, all'epoca si era molto meno consapevoli di fronte a questi problemi, li si tendeva molto più spesso a legare erroneamente alla volontà e a curarsi tardivamente o in maniera non adeguata.
Per esempio anche andare dal neurologo e non dallo psichiatra è un errore.
Non si può curare chi non si vuole curare.

E' l'inghippo delle malattie, mentali in particolare.
Se è il malato stesso a rifiutarsi...può anche scendere gesù dalla croce...ma anche il disturbo più lieve non è curabile.

Non rendersi conto di questo..è pericoloso...pericolosissimo...in particolare per i familiari. Tienine conto danny...
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
La depressione non sempre è curabile. O meglio, non sempre si trova la cura, ad oggi. Anche a voler essere curati. Ti dirò però una cosa. Condivido il discorso di @ipazia, quando dice che il paziente ha un dovere, verso se stesso ancor prima che verso gli altri, di farsi curare. Al giorno d'oggi, si. E' vero che non si può parlare di volontà quando sei in preda a una malattia che la volontà te la uccide. Ma è vero anche che si sta male, e che si sarebbe disposti, in quei momenti, a tagliarsi un braccio, o una gamba, pur di stare meglio. Io volevo curarmi. Volevo farmi curare. Agli appuntamenti con lo psichiatra ci andavo io, e mi costava tanto. Posso dire benissimo che la poca forza che avevo l'ho usata per quello. Intendiamoci: non riuscii a sviscerare tutti i problemi. Anzi. Furono un po' messi sotto il tappeto, come la polvere. Ma mi curai con i farmaci. Sicché sono tornata ad essere una persona problematica ma non più depressa. I problemi, quelli veri, ho avuto la forza di vederli solo quando ne sono uscita. Questa la mia esperienza. C'è da dire che la mente umana è unica per ciascuno di noi. Però guai se non avessi voluto curarmi. Gli altri non possono volersi curare al posto tuo. E per quanto male stavo nessuno avrebbe dovuto convincermi ad intraprendere la cura. La mia esperienza con la depressione comunque nacque in modo un po' diverso dal solito. Cioè non fu subito depressione. Diciamo così, chiedo scusa ma magari ne potrò parlare meglio in area privata :eek:
Già. Il grassetto è il fulcro.

Ti ringrazio per averlo esplicitato tanto bene :)

edit: credo tu debba essere molto fiera di te :)
 

Foglia

utente viva e vegeta
Già. Il grassetto è il fulcro. Ti ringrazio per averlo esplicitato tanto bene :)edit: credo tu debba essere molto fiera di te :)
Uhmmm. Un po' sono fiera di avere passato quei momenti, e' vero. Se ci ripenso e' stato tutto come un percorso a traguardi. Traguardi tipo riuscire a fare una commissione, o formulare un pensiero. Pure i pensieri erano lenti. Ricordo che mi sentivo inadeguata. Si. Il senso di inadeguatezza permeava la mia giornata insieme alla frustrazione di non avere raggiunto i traguardi. Li scrivevo, quando stavo un pochino meglio. Mi mettevo davanti ad un foglio e scrivevo, con fatica, le cose che avrei dovuto "spuntare" a fine giornata. Erano cose che ad una persona sana non avrebbero preso più di cinque minuti ciascuna. Se poi era una telefonata con un interlocutore con cui non avrei dovuto né potuto parlare della mia depressione, beh, poteva essere rimandata giorni giorni e giorni.
 

danny

Utente di lunga data
La depressione non sempre è curabile. O meglio, non sempre si trova la cura, ad oggi. Anche a voler essere curati. Ti dirò però una cosa. Condivido il discorso di [MENTION=5159]ipazia[/MENTION], quando dice che il paziente ha un dovere, verso se stesso ancor prima che verso gli altri, di farsi curare. Al giorno d'oggi, si. E' vero che non si può parlare di volontà quando sei in preda a una malattia che la volontà te la uccide. Ma è vero anche che si sta male, e che si sarebbe disposti, in quei momenti, a tagliarsi un braccio, o una gamba, pur di stare meglio. Io volevo curarmi. Volevo farmi curare. Agli appuntamenti con lo psichiatra ci andavo io, e mi costava tanto. Posso dire benissimo che la poca forza che avevo l'ho usata per quello. Intendiamoci: non riuscii a sviscerare tutti i problemi. Anzi. Furono un po' messi sotto il tappeto, come la polvere. Ma mi curai con i farmaci. Sicché sono tornata ad essere una persona problematica ma non più depressa. I problemi, quelli veri, ho avuto la forza di vederli solo quando ne sono uscita. Questa la mia esperienza. C'è da dire che la mente umana è unica per ciascuno di noi. Però guai se non avessi voluto curarmi. Gli altri non possono volersi curare al posto tuo. E per quanto male stavo nessuno avrebbe dovuto convincermi ad intraprendere la cura. La mia esperienza con la depressione comunque nacque in modo un po' diverso dal solito. Cioè non fu subito depressione. Diciamo così, chiedo scusa ma magari ne potrò parlare meglio in area privata :eek:
Credo che ognuno porti la sua esperienza.
Ti posso dire che non sempre chi ha un problema psichiatrico riesce a capire da solo cosa fare al momento opportuno.
Spesso ci vogliono anni perché una persona si affidi alle cure di uno psichiatra.
E chi vive accanto al malato si trova di fronte a situazioni che gli è difficile comprendere e talvolta accettare. Deve reimparare a comunicare, deve impostare diversamente rispetto a prima il rapporto col malato.
La cosa fondamentale è comunque non negare la malattia. E non arrendersi.
Almeno, non troppo presto.
 
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Piperita

Sognatrice
Credo che ognuno porti la sua esperienza.
Ti posso dire che non sempre chi ha un problema psichiatrico riesce a capire da solo cosa fare al momento opportuno.
Spesso ci vogliono anni perché una persona si affidi alle cure di uno psichiatra.
E chi vive accanto al malato si trova di fronte a situazioni che gli è difficile comprendere e talvolta accettare. Deve reimparare a comunicare, deve impostare diversamente rispetto a prima il rapporto col malato.
La cosa fondamentale è comunque non negare la malattia. E non arrendersi.
Almeno, non troppo presto.
Ho come l'impressione che tu faccia quello che faceva mio marito con me, accondiscendeva e io non glielo perdonerò mai. Pensaci.
 

danny

Utente di lunga data
Ho come l'impressione che tu faccia quello che faceva mio marito con me, accondiscendeva e io non glielo perdonerò mai. Pensaci.
Ogni persona richiede un diverso approccio.
E la parte più difficile è proprio indovinare (perché questo è, cercare di azzeccare il modo di comunicare corretto) come riuscire a farlo.
E si va per tentativi: ci sono alcuni comportamenti che erigono muri, altri che li abbattono.
Il problema è anche l'incostanza nel tempo, perché occorre sempre adattarsi ai cambiamenti e ai mutamenti, che sono la norma.
E il fatto che non vi è solo la depressione, ci sono tante forme di ansie, le fobie etc, e ogni persone ne soffre in maniera differente e diversamente nel tempo.
Sono rapporti complicati fin dall'origine: quello che a te in quel momento infastidiva, per un altra persona può essere invece preferibile, ma tutto in maniera relativa, perché quello che salta per prima cosa sono i rapporti con gli altri.
Le novità intercorse in questo periodo mi fanno vedere la situazione in maniera positiva.
 
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Foglia

utente viva e vegeta
Credo che ognuno porti la sua esperienza.
Ti posso dire che non sempre chi ha un problema psichiatrico riesce a capire da solo cosa fare al momento opportuno.
Spesso ci vogliono anni perché una persona si affidi alle cure di uno psichiatra.
E chi vive accanto al malato si trova di fronte a situazioni che gli è difficile comprendere e talvolta accettare. Deve reimparare a comunicare, deve impostare diversamente rispetto a prima il rapporto col malato.
La cosa fondamentale è comunque non negare la malattia. E non arrendersi.
Almeno, non troppo presto.
Lasciando passare anni senza cura purtroppo però la depressione si cronicizza. Conosco persone che hanno fatto così: un conoscente sono praticamente dieci anni che non esce quasi di casa, vive al buio e.... la moglie lo assiste quando può. Ma lo ha di fatto lasciato. Nel senso che vive in un'altra casa, pur non essendosi mai separata. Quando un depresso diventa cronico capita quello che capita con ogni altra malattia non curata (e risolta) in fase acuta: le cure poi servono ad attenuare, ma e' molto piu' facile che ce la si tenga per il resto della vita.

Quando andavo dallo psichiatra e non vedevo miglioramenti, pur assumendo farmaci, la domanda che mi ricorreva era: guarirò? Lui mi faceva presente che ci sarebbe voluto tempo, che sarebbe eventualmente stato necessario sperimentare altre molecole qualora quella in uso non fosse stata efficace. E che si, c'erano anche casi in cui ad oggi è impossibile dare soluzione adeguata. In generale diceva che la speranza di soluzione era più alta quando l'esordio della malattia era acuto.

Con questo non voglio certo dare pareri medici, e soprattutto le cure sono meglio tardi che mai.
Però secondo me in quel "aspettiamo" c'è tanto rischio :eek:
 

Piperita

Sognatrice
Ogni persona richiede un diverso approccio.
E la parte più difficile è proprio indovinare (perché questo è, cercare di azzeccare il modo di comunicare corretto) come riuscire a farlo.
E si va per tentativi: ci sono alcuni comportamenti che erigono muri, altri che li abbattono.
Il problema è anche l'incostanza nel tempo, perché occorre sempre adattarsi ai cambiamenti e ai mutamenti, che sono la norma.
E il fatto che non vi è solo la depressione, ci sono tante forme di ansie, le fobie etc, e ogni persone ne soffre in maniera differente e diversamente nel tempo.
Sono rapporti complicati fin dall'origine: quello che a te in quel momento infastidiva, per un altra persona può essere invece preferibile, ma tutto in maniera relativa, perché quello che salta per prima cosa sono i rapporti con gli altri.
Le novità intercorse in questo periodo mi fanno vedere la situazione in maniera positiva.
Come ho già detto, anch'io avevo le fobie ed ero ipocondriaca. Un giorno sì e l'altro pure chiedevo di andare in ospedale e mio marito mi accontentava, ma non risolvevo il problema, perché il giorno dopo avrei avuto un'altra malattia e così il giorno dopo ancora. Essere accondiscendenti con i depressi è deleterio, bisogna essere forti e saper dire di no.

Sai a chi devo dire grazie per essere guarita? Al mio psichiatra , quando vide che invece di seguire la cura che mi aveva dato continuavo come impazzita e cercare nuovi medici e nuovi farmaci, iniziò a sbattere letteralmente i pugni sul tavolo e mi diede l'aut aut ..."o fai quello che ti dico e ti fidi di me oppure è inutile che torni"...in quel momento ho trovato quello che cercavo da tempo: una persona forte di cui avere fiducia, che sapesse il fatto suo e mi potesse salvare da me stessa.
 

danny

Utente di lunga data
Come ho già detto, anch'io avevo le fobie ed ero ipocondriaca. Un giorno sì e l'altro pure chiedevo di andare in ospedale e mio marito mi accontentava, ma non risolvevo il problema, perché il giorno dopo avrei avuto un'altra malattia e così il giorno dopo ancora. Essere accondiscendenti con i depressi è deleterio, bisogna essere forti e saper dire di no.

Sai a chi devo dire grazie per essere guarita? Al mio psichiatra , quando vide che invece di seguire la cura che mi aveva dato continuavo come impazzita e cercare nuovi medici e nuovi farmaci, iniziò a sbattere letteralmente i pugni sul tavolo e mi diede l'aut aut ..."o fai quello che ti dico e ti fidi di me oppure è inutile che torni"...in quel momento ho trovato quello che cercavo da tempo: una persona forte di cui avere fiducia, che sapesse il fatto suo e mi potesse salvare da me stessa.
Rifletti sulle differenze tra i soggetti che ho evidenziato nel neretto.
Il marito fa il marito.
Lo psichiatra lo psichiatra.
Tu invece li hai accostati.
Qual è il ruolo di un marito?
 
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