Anche io ho avuto modo di sperimentare il "non si torna più come prima", e certe credenze che hai espresso nel neretto non fanno più parte di me già da molto tempo. Già una settimana fa si leggeva di chi si poneva domande su questi "guariti", nei tempi moderni la gente si aspetta il video, il comunicato su fb.
Ho letto di una donna morta, sulla quarantina, qualcosa di più, e ho guardato la sua pagina fb, aperta al pubblico, almeno per quanto lei ha ritenuto voler condividere ovviamente. Era in ospedale da un pezzo.
Qualche settimana fa sotto una foto (la donna si trovava già ricoverata), nei commenti, un contatto di questa donna (un'altra donna) scrive, in dialetto, "sei che posti su fb, non mi sembra che stai morendo, dai dai...". La donna tenta tra le righe di farle comprendere che lo sta facendo per il figlio, per tenere alto il morale (lei malata in ospedale).
Il bollettino di guerra mi fa ancora effetto. Ma due giorni fa, anche se è stata cosa di un giorno (nel senso che non si è ripetuto il giorno seguente), il numero dei morti e gli altri dati che vengono aggiornati giorno dopo giorno non mi ha fatto alcun effetto. Normale. Ho pensato all'uso di questi giorni della parola "guerra" e quella sensazione di non provare niente, di trovare normale ciò che fino al giorno prima non si riteneva normale, mi ha effettivamente fatto pensare a qualcosa molto vicino alla guerra.
Ti capisco.
Io mi rifiuto di considerare normale quello che sta accadendo. E ancor di più mi rifiuto di normalizzarlo.
Mio nonno piangeva i suoi compagni morti in tempi eccezionali a distanza di decenni, io voglio piangere.
Voglio conservare la mia umanità. Il dolore che resta lì in commozione e gratitudine.
Non mi fanno effetto strettamente i numeri pubblicati. Sono rilevazioni a fine valutativo e statistico.
Fra l'altro penso che siano assolutamente irrreali.
Se è vero che la letalità rilevata a Vò e in Cina, si aggira intorno al 3%, facciamo pure al 5% dai, quella qui da me che scende dai numeri si aggira invece intorno al 12%.
Da profana penso che, ragionando un momento sui dati, questo significa che o il virus è mutato (ma pare di no dagli studi) oppure al numero dei positivi manca qualche decina di migliaia di persone, se non di più.
Questo significa che il rischio di contagio è alto. Che il rischio maggiore è il contagio.
Per il semplice motivo che in giro c'è una botta di gente non rilevata che magari è asintomatica o con sintomi lievi e non riconoscibili chiaramente.
Diversi epidemiologi stanno leggendo in questi termini i dati.
Poi sono ipotesi ovviamente.
Sono una che organizza la quotidianità sullo scenario peggiore quando si parla di ipotesi non confermate dai dati.
Quindi non è la letalità a preoccuparmi ora come ora.
Che ragionandola in questi termini non è un rischio alto, seppur presente a prescindere dall'età.
Ma il contagio in sè.
E il contagio non riguarda me personalmente, non è paura di essere contagiata.
La questione del contagio non può non essere letta in termini sociali e quindi sanitari ed economici.
Con tutti i risvolti del caso. Sul breve, medio e lungo termine.
A partire dalla lunghezza del fermo di tutto.
Non mi spaventa per esempio il numero dei positivi.
Anzi.
Bene che emergano i positivi. Significa che sta emergendo il sommerso.
Ed è una ottima notizia.
Più emerge il sommerso più la situazione entra nelle possibilità di controllo di chi ci lavora.
Questa la parte razionale.
Per quella emotiva, non me ne fotte un cazzo delle rassicurazioni. (mi fanno incazzare e sono superstizione. Come è superstizioso il pensiero del tornare alla normalità...che funziona solo se si pensa al proprio orticello, ma io non sono capace di dimenticarmi che il mio orticello non vive nel vuoto pneumatico).
In questa parte di me i numeri prendono consistenza di nomi e cognomi. Vite e persone. E anche animali rimasti senza padrone che chissà dove finiscono.
Voglio provare il dolore naturale di una situazione come questa. Voglio sentire la consistenza della vita che scorre.
La paura.
Voglio commuovermi per chi soffre. E per chi non può essergli accanto. E per chi gli è accanto.
Non mi piace l'umanità.
Ma mi piace la
mia umanità.
Non mi metto a fare discorsi troppo complessi sullo stato di salute a lungo termini di medici e operatori in prima linea.
questo è un articolo interessante
https://www.huffingtonpost.it/entry...712c5b6f5b7c547ce51?utm_hp_ref=it-coronavirus
Ho amici e parenti stretti medici, che sono in prima linea. Non mi dimentico.
E' affetto.
Che si allarga tramite loro anche a chi non conosco. E si sta facendo il culo.
Penso ai vecchi che muoiono senza capire cosa gli succede.
A quelli abbandonati nei letti trovati dalla polizia morti a Madrid.
Penso agli Innominati.
Penso ai giovani che si sentivano invincibili.
Penso ai disabili e agli psichiatrici e alle famiglie che ce li hanno in casa in questa situazione h24/7.
Penso a chi è solo in casa.
Penso e mi lascio soffrire.
Resto comunque una privilegiata.
Esser grata lo considero un dovere.
e la gratitudine non è la pacchetta sulla spalla e l'arcobaleno.