spleen
utente ?
Un gioco cooperativo per me non è possibile.Grazie per i tuoi spunti.
Mi trovi concorde. Nelle righe che hai scritto e anche fra le righe.
L'anno scorso, con largo anticipo, prevedevo i disordini sociali.
Per certi versi mi auguravo che esplodessero già lo scorso lockdown. Sarebbero probabilmente stati depotenziati rispetto a quello che stiamo vedendo ma soprattutto rispetto a quello che bolle in pentola.
Saranno tempi duri. E non solo per il virus, che, lo ribadisco, è solo ed esclusivamente un detonatore di un preesistente che era lì da decenni.
Penso sia da anni oramai che si gioca ad un gioco dove perdono - sul lungo periodo - tutti i contendenti. (nonostante socialmente questo sia velato dall'illusione delle vincite...basti pensare all'aumento delle giocate d'azzardo, che parlano fondamentalmente dell'ignoranza matematica di chi gioca).
(sono assolutamente ignorante in materia economica...intravedo confusamente che la struttura del debito permei la società tutta)
Non conosco a sufficienza la teoria dei giochi (se hai qualche testo da consigliarmi, accetto con gratitudine!).
Mi era interessato per un periodo il gioco cooperativo.
E come potesse andare ad influenzare la costituzione, ma soprattutto, il consolidamento di reti sociali.
Mi ero accorta che senza una adeguata Conoscenza delle variabili in gioco, con particolare attenzione alla variabile del tempo, decadesse in breve.
Il lungo periodo, la costruzione di vincoli che sostenessero gli obiettivi comuni, tendevano a decadere nel breve periodo.
E questo era legato, dalla mia prospettiva, alla capacità dei "giocatori" coinvolti innanzitutto di rimandare il rinforzo mantenendo intatta la motivazione (che altro non è che la competenza di generare motivazione in modo intrinseco senza dipendere da variabili esterne) e - precursore di questa capacità - le conoscenze necessarie ad ampliare lo sguardo in termini spazio temporali (ossia la competenza che permette di rimanere nel qui e ora ma proiettandosi in modo dinamico nella progettualità di un futuro qui e ora, che è cosa molto diversa dallo "speriamo" delegante a quel che accadrà. A sua volta legato al senso di impotenza non esplicitato e non introiettato).
Legavo a questa lettura un sintetica storia delle dipendenze.
Questo secolo è stato caratterizzato dalla dipendenza da sostanze (non mi riferisco a sostanze "illegali", ma alla possibilità di poter trovare risposte tramite sostanze ai malesseri quotidiani creando uno stato di benessere falsato - e quindi parlo di ansiolitici, antidepressivi, antigastrici, antinfiammatori etc etc - che solleva da una fisicità che tiene legati alla terra, che mostra e impone l'interazione con i limiti del corpo - cervello compreso - e permette di inserirsi all'interno dei cicli di vita morte e vita, del Tutto in buona sostanza).
Oltre a questa tipologia di dipendenza c'è ne è un'altra che caratterizza la vita sociale, ossia quella dal potere.
E a questa si lega in modo spontaneo quello sguardo ridotto che, per esempio, all'interno di un gioco cooperativo, fa decadere il gioco stesso.
E porta fra l'altro a quei personaggi che hai descritto con precisione. (mi auguro fortemente anche io che l'utile idiota non si esprima...penso sarebbe disastroso in questo contesto).
Confido nei social, per dare un contesto espressivo agli inutili idioti e contenerli, senza che evolvano
Lego queste questioni alla conoscenza non in modo astratto.
Un esempio molto concreto: nell'ambito sanitario ormai è concorde la rilevazione della necessità di una riforma (intesa come aumento delle disponibilità di risorse).
Rarissimamente però trovo il rilevare la necessità di una rivoluzione. Negli ultimi decenni si è passati (nel silenzio generale...e torniamo alle dipendenze) ad una impostazione aziendalistica che, ormai è evidente, per X,Y motivi (che ad analizzarli si starebbe qui per giorni) è fondamentalmente riuscita in un intento parecchio complesso: ossia riunire i principali difetti del privato e del pubblico in un'unica istituzione.
Mi sembra che semplicemente non ci siano risorse intellettuali per leggere. Nè in alto nè, purtroppo, in basso.
E io sono piuttosto convinta che sia una posizione protettiva dal cambiamento. (che accadrà, volenti o nolenti. Semplicemente, come sempre accade col cambiamento, se non si partecipa attivamente, se ne resta vittime. Ed è esattamente quel che sta accadendo).
Sarebbe auspicabile un gioco cooperativo.
Ma la dipendenza dal potere blocca la costituzione delle basi per un gioco del genere.
A mio parere. (correggimi perfavore, è una lettura incompetente della teoria di cui hai parlato e sono grata di ricevere insegnamenti a riguardo.)
L'esempio della sanità, può essere serenamente riapplicato agli altri ambiti.
Dal basso all'alto e viceversa.
La cosa che trovo più preoccupante è che, dopo decenni di distruzione del concetto di Conoscenza, di Apprendimento, di Miglioramento, quel che resta sia l'agito, indifferentemente dalla posizione sociale di chi ci si affida.
Ora come ora, mi preoccupa ben più del virus.
Che farà il suo corso. A prescindere. (sto pensando alla malaria, per dire, a come sia maestosamente rappresentativa del complessità di cui siamo parte.)
Dalla malaria ci si potrebbe legare agevolmente alla questione delle nicchie ecologiche, dall'uso (tossico) del potere e le conseguenze nefaste a cui porta. E di nuovo alla assenza di uno sguardo sul lungo periodo.
Ai meccanismi di negazione piuttosto che a quelli di proiezione paranoide che non sono sostenuti e contenuti in alcun modo (e di nuovo...Conoscenza e Potere).
Ho la netta sensazione, @brenin, che quel che abbiamo visto fino ad ora sia nulla rispetto a quello che attende.
Noi, ma soprattutto le future generazioni.
Mancano purtroppo tutti i presupposti.
Scusate se mi sono inserito...