Però non fare confusione.
Quando succede un disastro aereo comunicano subito se ci erano italiani a bordo. Questo non perché ci dispiaccia più della morte degli italiani (beh per qualcuno è così

) ma perché ci domandiamo se conosciamo qualcuno.
Noi siamo complicati, ma soprattutto limitati. Non riusciamo proprio a preoccuparci per troppe persone e soprattutto per chi su cui non abbiamo nessuna influenza.
Un esercizio facile che fanno fare alcuni psicologi consiste nel far porre su molti cerchi concentrici, come un sistema solare in cui noi siamo il sole, le persone in ordine al legame che abbiamo con loro.
È evidente subito che, se conosciamo un uomo che ci interessa, lui lo poniamo in un’orbita vicina, ma la di lui moglie, molto lontana. Questo perché con lei abbiamo un legame minimo, come di sola conoscenza accidentale o meno.
Quindi è del tutto normale disinteressarcene, così come il dispiacere delle vittime di un incidente ci tocca intellettualmente e non emotivamente, se non le conosciamo.
La valutazione etica è un’altra cosa. È astratta e riguarda la leicità di un comportamento in base a valori, principi.
Infatti in questo ambito valoriale il matrimonio sancisce la fine della fase di sperimentazione (addirittura gli americani fanno le feste di addio al celibato e nubilato che rappresentano quasi in una “cerimonia tribale” questo momento, come è più della cerimonia di nozze) durante la quale si possono vivere più relazioni, senza che chi flirta o amoreggia con noi si domandi se lo sta facendo anche con altre persone. Questo risponde anche a chi sostiene che non vi sia differenza tra convivenza e matrimonio. Pur senza aver le idee chiarissime, chi rifiuta il matrimonio lo fa per evitare di assumersi quell’impegno. Infatti, quando decide di sposarsi, pure dopo aver generato figli, tende a riprodurre i riti di addio al celibato e le nozze con l’abito segreto e la notte precedente separati.
Quindi sì, è normale non preoccuparsi del coniuge e ancora meno del partner di chi frequentiamo, se non lo conosciamo.