https://www.corriere.it/sette/edito...ro_1dbb8b06-bb7e-11e1-b706-87dd3eab4821.shtml
A settembre di quel 1971 Mogol e Battisti firmano “Amore caro, amore bello”: canta Bruno Lauzi. Sincera / come l’acqua di un fiume / di sera / trasparente eppur sembri nera. Ma che significherà mai, ci si interrogava. Semplice: lei lo ha tradito ed è sincera e trasparente, perché lo confessa. Ma sembra nera, perché è torbida come il tradimento, prima nascosto, poi confessato. Per cui, oltre al tradimento, lui vive anche il dolore di sapere per certo cosa è accaduto. Quindi reagisce: amore caro / amore bello / non ti voglio più. Naturalmente: se fosse capitato a lui, lei avrebbe dovuto comprendere e perdonare la scappatella, da sempre e come sempre nei secoli dei secoli. Ma lui, tradito, soffre sentenziando: ho visto / cattedrali di luce nel cuore / troppo sole può fare morire ribadendo amore caro / amore bello / non ti voglio più. Certo: la verità confessata è come una cattedrale di luce, forte, chiara illuminata. Talmente illuminata, al punto da far male da morire. Una canzone apparentemente ermetica, ma fin troppo evidente: graffiata dalla voce di Bruno Lauzi, un uomo? ... ma chi è / non dire che assomiglia a me /… io se lascio te son solo / ma insieme a te / io vedo che un fantasma c’è. Con un finale a sorpresa: Ma cosa accade / tu non parli e non piangi stasera / come un bimbo mi guardi severa / io soffro tanto / tanto ma tanto / non ci credi / … che strano / d’improvviso mi sento arlecchino / rido ballo e ti prendo per mano / amore caro / amore bello / amore mio. Come dire: lui, tradito, ha paura di perderla e le prende la mano, da arlecchino in maschera. E vissero tutti felici, contraddetti, ermetici, ingarbugliati, complessi, esagerati, paradossali ma contenti: come gli anni Settanta, che possono iniziare.