amore travolgente, dopo 7 mesi ero incinta. Io avevo 34 anni, lui 30.
un padre da cui ha ereditato difficoltà di gestione della rabbia, egocentrismo… e un atteggiamento vittimista quando è in difficoltà. Il padre tradiva la madre. Pur essendo un imbecille ha anche dei pregi.
Ho avuto una gravidanza a rischio e un figlio ad alto bisogno, piangeva e non dormiva. I primi mesi di vita di nostro figlio sono stati duri, mi ha lasciata sola. Lui non era pronto. Per 2 anni e 2 mesi, tutte le notti, io mi sono occupata di un figlio con disturbi del sonno - lui no, perché doveva lavorare. Il mio lavoro, ovviamente secondo lui, non richiedeva attenzione e lucidità quindi mi era possibile svegliarmi alle 5 del mattino dopo aver cullato la creatura tutta la notte.
Abbiamo comprato insieme una casa, viaggiato, trascorso tutto il tempo libero insieme, realizzato tanti progetti, superato ostacoli, lutti e sventure, eppure sembrava sempre insoddisfatto, sempre ad aspettare che cambiassero le condizioni che gli creavano perenne stress e nervosismo.
Nostro figlio non aveva ancora compiuto due anni quando abbiamo scoperto che aveva bisogno di cure.
Me ne occupo principalmente io. Andiamo in terapia familiare. La terapista ci aiuta a focalizzare alcuni problemi nel nostro rapporto: ci lavoriamo tra alti e bassi. Lui si sente escluso. Ha soprattutto necessità di fare sesso: spesso e bene. Quest’ultimo è uno dei frequenti motivi di incomprensioni. Mi accusa di non desiderarlo, perché non lo cerco, o non come nei mesi in cui eravamo soli io e lui. Io spesso ero semplicemente molto molto stanca, nostro figlio era estremamente difficile da gestire, e mi trovavo sola per la maggior parte della giornata (e della nottata).
Molte cose le risolviamo, su altre soprassediamo - ma quando litighiamo la sua rabbia vomita su di me offese di cui, il giorno dopo, si pente e si scusa. L’irrisolto è soprattutto questo: i precedenti, gli anni difficili, in cui per compensare le sue difficoltà di relazionarsi con nostro figlio mi sostituivo a lui più del dovuto. Non ho mai smesso di vedere il buono in lui, le cose che amavo le mettevo accanto a quelle che non andavano bene, tutti abbiamo difetti.
Quasi quattro mesi fa ha iniziato a non toccarmi più, a letto si girava dall’altra parte, se mi avvicinavo rimaneva fermo come uno stoccafisso. Sempre con il cellulare in mano, spesso a chattare, tenendolo in modo che non potessi vedere cosa faceva. Si è depilato. Io ho iniziato ad avere sospetti, non dormivo, stavo talmente male che non riuscivo più a lavorare, a fare cose con mio figlio. Mi girava la testa; anzi, era il mondo che sembrava girare intorno a me, le persone deformarsi, spesso vedevo solo zoppi camminare per strada. Ho deciso di condividere con lui il sospetto che mi tradisse, senza avere le prove.
Quel giorno, decisa a dirgli tutto, quando è tornato a casa e ho controllato la sua borsa del lavoro, ho trovato dei bigliettini scritti da una donna, parlano di baci e anime gemelle; c’è un braccialetto rosso come simbolo del loro legame che non si spezzerà mai. La borsa l’ha comprata di recente. Non so perché non l’avessi controllata prima, non so perché prima di decidere di dirgli cosa stava succedendo non abbia voluto frugare nelle sue cose.
Gli ho detto dei miei sospetti, del mio malessere, del fatto che non volessi più vivere così - non gli ho detto di aver trovato i bigliettini, pensavo che se mi avesse rivelato subito la verità avrei digerito meglio le menzogne precedenti. E invece non ha confessato, piuttosto ha iniziato a chiedermi di valutare come dividerci la nostra casa, le nostre cose (la casa è in comune, lavoriamo entrambi. Io ho più soldi in banca, lui uno stipendio più alto), convinto che io avessi già preso la decisione di lasciarlo.
Il giorno dopo si arrabbia perché non gli comunico le mie intenzioni.
Il giorno dopo ancora mi dice che la verità è che non mi ama più e che da due anni sono per lui un fantasma.
Dopo un paio di giorni, incalzato, confessa di aver conosciuto una persona, un anno e mezzo fa - una sua collega “giovane, solare, appassionata”. Lei era in trasferta, è durata forse 3, 4, 5 mesi, non lo ricorda; si sono solamente dati un bacio.
Il giorno dopo mi propone di andare in terapia.
Sono passati tre mesi dalla scoperta e ancora non riesco a fidarmi, tra l’altro non credo che abbia detto tutta la verità.
Se nel rapporto non stava più bene sicuramente è per motivi che dipendono da entrambi. Se ha scelto di “cedere” alle attenzioni di un’altra e di non dirlo, quello non dipende da me. Nella mia vita non ho mai tradito, forse anche per questo non trovo in me le risorse per superare questo momento e ripartire da qualcosa. Anzi: alla luce di quello che lui ha detto e fatto DOPO averlo scoperto, io impasto il tradimento insieme a tutto il passato e lo schifo coinvolge anche quelli che prima erano difetti su cui in qualche modo riuscivo a restare in equilibrio. E da questo impasto deforme e bitorzoluto non so come ottenere qualcosa di commestibile. Non sapere cosa voglio, adesso, è la cosa peggiore per me. Sento però che non sono più disposta ad accettare le sue battute volutamente mortificanti o giudicanti in nome dell’amore che potrei tornare a provare per lui. Gli ho proposto di lavorare per provare a restare insieme ma con un certo distacco emotivo, come lui ha fatto quando ha deciso di interrompere la relazione con la bella giovane solare attenta appassionata collega - lui non vuole, io adesso mi sento troppo presa in giro per pensare a qualcosa in più.
Come si fa a perdonare? O a non perdonare ma ricominciare? Da cosa si riparte? Quanto tempo ci vuole?