Infatti il mio post era in risposta a
@bravagiulia75 che parlava di sofferenza della donna.
Non è necessario richiamarsi alla sofferenza per riconoscere un diritto. È un diritto, nei limiti di legge, non è argomento di discussione se chi vi ricorre soffre o no.
È un diritto, e io riconosco il diritto.
Come il mio vicino ha diritto di tenere il suo cane chiuso in 3x1 senza farlo mai uscire e portarlo in giro.
Serve a fare la guardia, il cane.
Il cane è suo.. sul libretto c'è il suo nome, i vaccini li paga lui, e lui gli dà da mangiare.
Io passo dal cancello e guardo il (suo) cane e riconosco il (suo) diritto a tenerlo dietro al cancello senza mai portarlo fuori.
Però.. i diritti sono reciproci, c'è un dare e un avere, me lo spiegavano sempre a scuola.
Quindi io riconosco il SUO diritto. Io sono moderno.
Però.. lo riconosco se lui riconosce il MIO diritto di sperare che un giorno lui crepi legato a un letto in un ospizio, dove se chiedi un bicchiere d'acqua ti gonfiano come un tamburo.
È un mio diritto.
Il ragionamento fila?
O devo fare l'inchino riverente e faRso, verso chi tiene incarcerato il SUO cane (o sopprime una vita che sboccia nel suo grembo)?
Chi vuole l'inchino lo dica