Hai mescolato però cose diverse.
Se fossimo su un forum, si potrebbero mettere sub-titoli per ciascun argomento trattato.
Gli argomenti trattati, però, mi sembrano corrispondere, a quelli dell'intervento riportato da Omicron.
Il case-story è la vicenda dell'omicidio di Cecchettin. Ma poi il discorso si amplia e diventa generale.
Abbiamo già constatato alcune differenze interpretative tra noi sull'argomento.
Ci stanno, il confronto è sempre utilissimo, a condizione che non si voglia imporre il proprio punto di vista, che è un po' il mantra moderno...
Filippo ha evidentemente una personalità fragile che, nel contesto attuale, si è espressa in questo modo, in altri contesti si sarebbe espressa diversamente. Non facciamo gli esperti di psicopatologia perché l’eziologia facile non è mai un bene.
Beh, io faccio l'analista di fatti umani (certo, con l'attendibilità di un titolare di osteria, che osserva la realtà dal suo punto di vista). Da qualche cosa bisogna partire per provare a capire, meglio, interpretare.
Quando parli con qualcuno, da adolescente ad anziano, ti fai sempre un'idea sul tipo di personalità che hai di fronte. Giusto?
Non ho la pretesa di essere un qualificato esperto in psichiatria o psicologia, ma ascolto molto le persone ed ho fatto, a spanne, un po' di pratica nell'interrogarle.
Invece concordo pienamente sulla generazione attuale dei genitori e sulla loro confusione e incoerenza, che leggiamo anche qui.
Ma pure i genitori (nati intorno agli anni settanta) hanno avuto genitori confusi, combattuti tra il desiderio di applicare metodi tradizionali, che giustamente erano contestati, e desiderio di adeguarsi alle idee che circolavano sulla educazione libertaria.
Anche attraverso i libri, i manuali, la tv e Due+ e il passaparola circolavano , come oggi attraverso i social, idee spesso banalizzate contraddittorie.
Oggi i giovani genitori, che giovani non sono perché fanno i figli tardi, subiscono pressioni incredibili e non riescono ad appoggiarsi ai propri genitori, un po’ perché di loro percepiscono solo gli errori (questo perché siamo in un’epoca vittimistica. Cosa su cui si dovrebbe riflettere), un po’ perché le proposte educative sono contraddittorie e l’obiettivo è avere figli perfetti.
Il mestiere di genitore non ce lo insegnano come materia di studio.
In parte lo apprendiamo ciascuno dall'esempio dei propri genitori.
Nel bene e nel male (anche capendo che non lo sanno fare, sempre utile è).
I miei genitori sono stati "normali", affettuosi ma anche rigidi quando occorreva. Hanno sempre cercato di spiegare le ragioni dei loro "no". Anche di qualche scappellotto. In certi momenti, ho trovato alcune loro prese di posizione non comprensibili, persino ingiuste. Dopo 15/20 anni ho capito che avevano ragione.
E mio fratello, che di scappellotti e di "no" ne ha presi più di me, concorda pienamente.
Nei limiti del possibile, ci hanno accompagnato da lontano, lasciandoci fare le nostre esperienze, anche negative.
Per poi discuterci sopra, facendoci capire che le sconfitte negli sport, i due di picche sentimentali, le disfatte anche scolastiche, si superano cercando di analizzare le motivazioni dei comportamenti e le relative conseguenze: insomma,
imparare da tutte le lezioni impartite dalla vita.
Poi, ho avuto, nel lavoro, un secondo padre, durissimo e rigido (terrore di collaboratori e dipendenti), ma onesto nell'assumere le decisioni e pretendere trasparenza e linearità di comportamenti.
Io avevo venti anni, lui quaranta anni di più quando sono andato al colloquio con lui. Sono rimasto affascinato dalla sua personalità, fortissima. Ero studente universitario, mi ha preso e, poi, con gli anni sono diventato il suo braccio destro.
Aveva un figlio, che educativamente ha massacrato e reso insicuro. Siamo rimasti sempre amici, vive in Italia da pensionato, ha dieci anni più di me, e tuttora mi dice che io sarei stato il figlio putativo di suo padre, quello che avrebbe voluto avere. Ma andiamo d'accordissimo, in qualche modo ci sentiamo affratellati.
Per dire, ho ricevuto - indirettamente - un addizionale esempio educativo negativo (improntato all'intransigenza) ed ho imparato anche da quello (cosa non fare).
E qui condivido la tua impressione che veramente i genitori nati negli anni settanta, ottanta e novanta, abbiano avuto seri problemi di orientamento educativo (che poi hanno tramandato alla loro prole), combattuti tra i residui dell'educazione tradizionale e le concezioni libertarie ed innovative del '68.
Un vecchio amico, preside di facoltà universitaria, reduce del '68 riconobbe che il nuovo sistema educativo uscito fuori da quelle lotte, nacque male, tra tante contraddizioni che non si sono risolte del tutto.
Non vedo però alcun rapporto tra i fenomeni di violenza di gruppo gratuita e forme di psicopatologia negate come l’attuale.
Sono frutto, per me, dell'incertezza educativa e della equivoca illusione che la libertà sia una valore così assoluto da incorporare la violenza come modo di prevaricazione per avere successo e benessere. Trovo che ci sia un parallelismo con il c.m. maschilismo discriminatore.
Se vuoi, sostengo che questo maschilismo non sia frutto esclusivo di una sorta di tradizione, piuttosto di un robusto innesto di moderna anarchica reazione al femminismo. Ecco perché ritengo che non ci sia da invocare un ritorno del patriarcato o della società patriarcale (come la vuoi mettere tu) ma che sia un fenomeno di reazione decisamente moderna, dove le antiche categorie discriminatorie sono state rielaborate.
Le dichiarazioni del padre di Filippo sono improntate alla negazione. Non è uno dei padri del Circeo che era solo preoccupato di sottrarli alla giustizia e farli riparare all’estero.
Su questo punto, mi riservo di tornarci sopra.
Però, da un genitore annichilito dall'enormità del fatto commesso dal figlio può esserci una reazione istintiva di protezione. Sbagliata, ma umana.
Situazione totalmente diversa dall'humus familiare dei delinquenti della strage del Circeo.
Conoscevo abbastanza bene uno di loro e quel giro.