Ma quindi dell’assassino

Carola

Utente di lunga data
E perché mai? C’era il papà a gestirli. Anni dopo quando espatriai io lei fece altrettanto. La famiglia e’ composta da mamma e papà, nella mia testa.

Sai che faccio fatica a credere cosa scrivi qui sopra ?

non so ma uno con certi ritmi lavorativi certe vite mi fa strano stia qui così con questa assiduità martellante



Anzi ne sono quasi certa ma ci dormo comunque la notte
 

Pincopallino

Utente di lunga data
Sai che faccio fatica a credere cosa scrivi qui sopra ?
non so ma uno con certi ritmi lavorativi certe vite mi fa strano stia qui così con questa assiduità martellante
Anzi ne sono quasi certa ma ci dormo comunque la notte
da sempre, non sono qui per essere creduto, ma per proporre argomenti.
creduto o meno a me personalmente è sempre stato del tutto irrilevante e se noti, mai ne ho fatta una questione.
tu pensa che mia moglie ha iniziato a fare il famoso smart working intorno agli anni 2000.
oggi tutti si infarciscono la bocca di pratiche che in alcune aziende (italiane fondate in Italia da imprenditori italiani e non finlandesi) erano già all’ordine del giorno ventanni fa.
quali assidui ritmi?
io lavoro oramai da tanto su progetto.
la routine la lascio alle mie collaboratrici.
posso operare di giorno o di notte, mi cambia esattamente nulla.
il mio capo diretto ad esempio in questo momento, cioè quello che mi autorizza le ferie, sta andando a dormire.
parte delle mie collaboratrici idem.
tutto è molto relativo.
 

Carola

Utente di lunga data
da sempre, non sono qui per essere creduto, ma per proporre argomenti.
creduto o meno a me personalmente è sempre stato del tutto irrilevante e se noti, mai ne ho fatta una questione.
tu pensa che mia moglie ha iniziato a fare il famoso smart working intorno agli anni 2000.
oggi tutti si infarciscono la bocca di pratiche che in alcune aziende (italiane fondate in Italia da imprenditori italiani e non finlandesi) erano già all’ordine del giorno ventanni fa.
quali assidui ritmi?
io lavoro oramai da tanto su progetto.
la routine la lascio alle mie collaboratrici.
posso operare di giorno o di notte, mi cambia esattamente nulla.
il mio capo diretto ad esempio in questo momento, cioè quello che mi autorizza le ferie, sta andando a dormire.
parte delle mie collaboratrici idem.
tutto è molto relativo.
Ok
 

Marjanna

Utente di lunga data
Non è questione di essere buonisti, per quanto mi riguarda.
E' che spessissimo non si capisce quanto sia importante far scontare la pena in modo umano. Afflittivo ma umano, tendente a fare di quel soggetto un'altra persona, dopo aver scontato la detenzione.
E' fondamentale che ogni detenuto abbia la prospettiva di un fine pena (anche lontano nel tempo), altrimenti, da disperato, può commettere gesti inconsulti, perché non ha nulla da perdere.

L'essere umano cambia atteggiamenti e convinzioni nel tempo. Così, una persona che si è macchiata di un omicidio, dopo 15/20 anni di carcere difficilmente è la stessa. Lo capisci guardandola negli occhi e parlandoci. Ha avuto il tempo di comprendere cosa ha fatto e ravvedersi. Poi, ci sono quelli che si incattiviscono, gli irriducibili.

Le prigioni più pericolose sono quelle dove ci sono gli irriducibili e sono tenuti i condannati a morte, in attesa dell'esecuzione. Lì è un mondo di disperati, senza speranza, è un ambiente disumano. Come ho detto in altro 3d, ho visitato negli USA un penitenziario federale di massima sicurezza dove tenevano gli irriducibili e c'era il c.d. braccio della morte: un girone dell'inferno.

La restrizione della libertà personale è già una punizione terribile.
Non sai come passare il tempo, provi disagio ed umiliazione per dover fare i bisogni corporali in cella. Sei osservato ed udito. Le docce erano e sono comuni in molti penitenziari, come in molte palestre. Lì ed a mensa avvengono di solito le aggressioni da parte di altri detenuti.

Vedi, io una notte in cella di rigore (come la foto della stanza penitenziaria per 1 persona) l'ho trascorsa da soldato semplice in caserma, al centro di addestramento. Perché, in sala mensa, un ventenne pregiudicato camorrista (credo del casertano) aveva detto a voce sufficientemente alta che mi aveva scelto come "schiavetto", visto che ero l'unico laureato dello scaglione.
Ti risparmio cosa voglia dire ed implichi quel termine.
E io mi sono alzato, l'ho preso da dietro senza dargli tempo di reagire e gli ho fatto sentire la lama di un coltello appoggiata sul collo intimandogli di non muoversi perché altrimenti gli tagliavo la gola. Ho visto il terrore nei suoi occhi. Poi, l'ho lasciato. E mi hanno messo in prigione in caserma.
L'indomani, davanti alla commissione di disciplina (colonnello comandante e due maggiori), ho spiegato cosa era successo (confermato da due soldati seduti vicino a me) ed hanno deciso che la mia era stata una reazione di legittima difesa: sono stato rilasciato con un ammonimento, senza annotazioni rilevanti sulla matricola.
Ho sentito un pezzo di una trasmissione dove erano stupiti che avesse avuto visita psichiatrica, come fosse una cosa strana e atipica, e sentendo parlare di psicologo hanno ipotizzato faccia sedute QUOTIDIANE...
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Ho sentito un pezzo di una trasmissione dove erano stupiti che avesse avuto visita psichiatrica, come fosse una cosa strana e atipica, e sentendo parlare di psicologo hanno ipotizzato faccia sedute QUOTIDIANE...
Adesso il clamore mediatico è elevato su di lui. È nella prigione da pochi giorni, deve orientarsi, capire che sarà il suo ambiente per molto tempo.
Gli altri detenuti sono ovviamente "gelosi" di un nuovo arrivato che cattura l'attenzione.
Va protetto perché in questa fase lui è debole e disorientato. È una situazione in pieno movimento.
Una volta fatta l'autopsia si potrà capire quando e dove è deceduta la povera Giulia. Questo determina la competenza dell'autorità giudiziaria, sia sotto il profilo della Procura che gestirà le indagini e della Corte innanzi alla quale si svolgerà il processo.

Lo psicologo del carcere in questa fase preliminare serve a valutare quali siano le condizioni mentali attuali per il regime carcerario. Non è che sia in cura. Lo si valuta per portarlo al giudizio, che si potrebbe tenere tra parecchi mesi.
Poi, sarà il difensore a decidere la strategia processuale più idonea per lui.
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Mi fa piacere di leggere qualcuno esperto che ribadisce che questa storia del patriarcato, ammesso che esista (perché non c'è in Italia, e si usa impropriamente il termine per "maschilismo"), in questa vicenda c'entra praticamente nulla.
Poi ci sono quelli che Filippo lo vorrebbero scuoiare vivo (e poi cospargerlo di sale) che sono in gran numero tra noi, popolazione umana, che pure qualche disagio psichiatrico talvolta lo esprimono. Talvolta, la semplice superficialità di chi ama parlare senza aver prima accertato che l'intelletto sia acceso e collegato, tanto per dire la propria idea e far vedere di esistere.

Filippo andrà punito, non c'è dubbio. E severamente.
Ma chiusa la porta della sua cella, dove rimarrà per lunghi anni, va compiuta un'opera di riflessione sulle ragioni (non solo sue motivazioni) di quel tipo di comportamento asociale nel quale cresciuto e si è formato.
Perché, lui non presenta quale somiglianza (in tema di indifferenza) con quei ragazzi che si divertono ad uccidere a sassate animali indifesi ? Con le baby gangs che attaccano gli isolati, gli indifesi ?
E' un componente delle generazioni di ragazzi che pensano di vivere in una specie di videogioco perenne, dove, quando l'andamento del gioco non è favorevole, si può premere il pulsante di "reset", per avere esaudito il desiderio di vincere. Che imparano che l'importante è vincere e solo partecipare è da sfigati.
Come vuoi che abbiano senso di responsabilità se i genitori non intervengono a far capire loro che nella realtà si perde, si prendono tanti "no", si subiscono ingiustizie e così via. Che dalle sconfitte si impara (e si ricorda di più che leggendo un libro o vedere un video). Ragazzi che, quando socializzano con i loro coetanei, spesso nel fine settimana si impasticcano o bevono troppo alcol e poi si mettono al volante del loro automezzo per fare "scena" e farsi (fare) il video da postare sui social media. Senza preoccuparsi delle conseguenze dei propri comportamenti.
Che pensano che le loro coetanee sono come le porno stars che vedono su Internet. Mentre le ragazze, che pure loro hanno l'educazione sessuale attraverso il Web ed il passa-parola, assorbono l'idea che per piacere occorre imparare ad essere "brave" come le porno stars, o anche come le attrici giovanissime che publicizzano la lista dei rapporti sessuali avuti. Senza badare alla qualità dei rapporti e non alla quantità. Che sognano di avere tanta attenzione mediatica da riuscire a non fare sacrifici (studiare, lavorare) e guadagnare tanti soldi, facili e rapidi, come i Ferragnez e tanti altri influencers. Una grandiosa corsa a cercare e percorrere scorciatoie. Essere unici ed emergere dalla massa dei diseredati e disperati, che si devono accontentare delle briciole e di una indesiderata "normalità".

Già, Filippo è una personalità psico-labile, cioè debole. E questo è un serio problema educativo, di cui è in gran parte (non totalmente, perché ci può essere una predisposizione genetica) responsabile (per il principio causa/effetto) l'ambiente familiare, quello scolastico e quello dei suoi coetanei, cioè in generale la strutturazione di una società post-moderna senza principi facilmente riconoscibili (ritorna la metafora di Baumann sulla società "liquida").
Che non prepara i ragazzi a vivere ed affrontare le sfide, senza barare.

Poi, ci sono quelli che crescono bene, per capacità dei genitori o anche personali, ma sono divenuti una minoranza. Esattamente come accade a scuola. La maggior parte è (abbastanza o completamente) lasciata a se stessa, con i genitori che si preoccupano di porre limiti temporali all'accesso sui social media e non badano ai contenuti che i figli scambiano con conoscenti ed amici (e spesso con perfetti sconosciuti, dei quali si ignora l'età). Non insegnano ai figli come discernere le notizie false da quelle vere, le persone raccomandabili da quelle malvagie o pericolose, ecc.

Ma non viene a nessuno il dubbio che quei genitori, quegli insegnanti, ecc. non siano nemmeno loro capaci di uscire dal vicolo cieco nel quale si trovano ? Che sono loro i primi a dover essere ri-educati.

Il primo dei "principi" da reintrodurre, a mio modo di vedere, è quello della responsabilità, il secondo è quello della necessità di essere informati (prima di stilare giudizi), il terzo quello della consapevolezza dei limiti della libertà individuale, ecc. Ma l'elenco è lunghissimo ...
 
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Brunetta

Utente di lunga data
Mi fa piacere di leggere qualcuno esperto che ribadisce che questa storia del patriarcato, ammesso che esista (perché non c'è in Italia, e si usa impropriamente il termine per "maschilismo"), in questa vicenda c'entra praticamente nulla.
Poi ci sono quelli che Filippo lo vorrebbero scuoiare vivo (e poi cospargerlo di sale) che sono in gran numero tra noi, popolazione umana, che pure qualche disagio psichiatrico talvolta lo esprimono. Talvolta, la semplice superficialità di chi ama parlare senza aver prima accertato che l'intelletto sia acceso e collegato, tanto per dire la propria idea e far vedere di esistere.

Filippo andrà punito, non c'è dubbio. E severamente.
Ma chiusa la porta della sua cella, dove rimarrà per lunghi anni, va compiuta un'opera di riflessione sulle ragioni (non solo sue motivazioni) di quel tipo di comportamento asociale nel quale cresciuto e si è formato.
Perché, lui non presenta quale somiglianza (in tema di indifferenza) con quei ragazzi che si divertono ad uccidere a sassate animali indifesi ? Con le baby gangs che attaccano gli isolati, gli indifesi ?
E' un componente delle generazioni di ragazzi che pensano di vivere in una specie di videogioco perenne, dove, quando l'andamento del gioco non è favorevole, si può premere il pulsante di "reset", per avere esaudito il desiderio di vincere. Che imparano che l'importante è vincere e solo partecipare è da sfigati.
Come vuoi che abbiano senso di responsabilità se i genitori non intervengono a far capire loro che nella realtà si perde, si prendono tanti "no", si subiscono ingiustizie e così via. Che dalle sconfitte si impara (e si ricorda di più che leggendo un libro o vedere un video). Ragazzi che, quando socializzano con i loro coetanei, spesso nel fine settimana si impasticcano o bevono troppo alcol e poi si mettono al volante del loro automezzo per fare "scena" e farsi (fare) il video da postare sui social media. Senza preoccuparsi delle conseguenze dei propri comportamenti.
Che pensano che le loro coetanee sono come le porno stars che vedono su Internet. Mentre le ragazze, che pure loro hanno l'educazione sessuale attraverso il Web ed il passa-parola, assorbono l'idea che per piacere occorre imparare ad essere "brave" come le porno stars, o anche come le attrici giovanissime che publicizzano la lista dei rapporti sessuali avuti. Senza badare alla qualità dei rapporti e non alla quantità. Che sognano di avere tanta attenzione mediatica da riuscire a non fare sacrifici (studiare, lavorare) e guadagnare tanti soldi, facili e rapidi, come i Ferragnez e tanti altri influencers. Una grandiosa corsa a cercare e percorrere scorciatoie. Essere unici ed emergere dalla massa dei diseredati e disperati, che si devono accontentare delle briciole e di una indesiderata "normalità".

Già, Filippo è una personalità psico-labile, cioè debole. E questo è un serio problema educativo, di cui è in gran parte (non totalmente, perché ci può essere una predisposizione genetica) responsabile (per il principio causa/effetto) l'ambiente familiare, quello scolastico e quello dei suoi coetanei, cioè in generale la strutturazione di una società post-moderna senza principi facilmente riconoscibili (ritorna la metafora di Baumann sulla società "liquida").
Che non prepara i ragazzi a vivere ed affrontare le sfide, senza barare.

Poi, ci sono quelli che crescono bene, per capacità dei genitori o anche personali, ma sono divenuti una minoranza. Esattamente come accade a scuola. La maggior parte è (abbastanza o completamente) lasciata a se stessa, con i genitori che si preoccupano di porre limiti temporali all'accesso sui social media e non badano ai contenuti che i figli scambiano con conoscenti ed amici (e spesso con perfetti sconosciuti, dei quali si ignora l'età). Non insegnano ai figli come discernere le notizie false da quelle vere, le persone raccomandabili da quelle malvagie o pericolose, ecc.

Ma non viene a nessuno il dubbio che quei genitori, quegli insegnanti, ecc. non siano nemmeno loro capaci di uscire dal vicolo cieco nel quale si trovano ? Che sono loro i primi a dover essere ri-educati.

Il primo dei "principi" da reintrodurre, a mio modo di vedere, è quello della responsabilità, il secondo è quello della necessità di essere informati (prima di stilare giudizi), il terzo quello della consapevolezza dei limiti della libertà individuale, ecc. Ma l'elenco è lunghissimo ...
Hai mescolato però cose diverse.
Filippo ha evidentemente una personalità fragile che, nel contesto attuale, si è espressa in questo modo, in altri contesti si sarebbe espressa diversamente. Non facciamo gli esperti di psicopatologia perché l’eziologia facile non è mai un bene.
Invece concordo pienamente sulla generazione attuale dei genitori e sulla loro confusione e incoerenza, che leggiamo anche qui.
Ma pure i genitori (nati intorno agli anni settanta) hanno avuto genitori confusi, combattuti tra il desiderio di applicare metodi tradizionali, che giustamente erano contestati, e desiderio di adeguarsi alle idee che circolavano sulla educazione libertaria.
Anche attraverso i libri, i manuali, la tv e Due+ e il passaparola circolavano , come oggi attraverso i social, idee spesso banalizzate contraddittorie.
Oggi i giovani genitori, che giovani non sono perché fanno i figli tardi, subiscono pressioni incredibili e non riescono ad appoggiarsi ai propri genitori, un po’ perché di loro percepiscono solo gli errori (questo perché siamo in un’epoca vittimistica. Cosa su cui si dovrebbe riflettere), un po’ perché le proposte educative sono contraddittorie e l’obiettivo è avere figli perfetti.
Non vedo però alcun rapporto tra i fenomeni di violenza di gruppo gratuita e forme di psicopatologia negate come l’attuale.
Le dichiarazioni del padre di Filippo sono improntate alla negazione. Non è uno dei padri del Circeo che era solo preoccupato di sottrarli alla giustizia e farli riparare all’estero.
 

Marjanna

Utente di lunga data
Adesso il clamore mediatico è elevato su di lui. È nella prigione da pochi giorni, deve orientarsi, capire che sarà il suo ambiente per molto tempo.
Gli altri detenuti sono ovviamente "gelosi" di un nuovo arrivato che cattura l'attenzione.
Va protetto perché in questa fase lui è debole e disorientato. È una situazione in pieno movimento.
Una volta fatta l'autopsia si potrà capire quando e dove è deceduta la povera Giulia. Questo determina la competenza dell'autorità giudiziaria, sia sotto il profilo della Procura che gestirà le indagini e della Corte innanzi alla quale si svolgerà il processo.

Lo psicologo del carcere in questa fase preliminare serve a valutare quali siano le condizioni mentali attuali per il regime carcerario. Non è che sia in cura. Lo si valuta per portarlo al giudizio, che si potrebbe tenere tra parecchi mesi.
Poi, sarà il difensore a decidere la strategia processuale più idonea per lui.
Appunto, è entrato in carcere da pochissimi giorni, ovvio che è monitorato sotto molti aspetti, ma la procedura è una procedura, da uno psichiatra per crimini quale stupro, abusi, omicidio ci passi di default, non è che han fatto un trattamento di cortesia a Turetta. "Pastigliette" fornite a detenuti quando entrano, sono prassi.
I giornalisti non sono entrati in carcere, notizie come altri detenuti "gelosi" sono chiaramente pettegolezzi, non cronaca. Fuffa per continuare a parlare.
Che ci sia attenzione mediatica sul caso, porta ad essere accorti. Ti pare che se faranno un processo quasi "in diretta", possa saltar fuori che Turetta appena si è fatto una doccia ha ricevuto trattamento di accoglienza da altri detenuti?
Lui è un omicida, e ok, ma la gente proprio crede che lo tengano in hotel... con auguri coloriti, che al 99% si attueranno.
 

danny

Utente di lunga data
Va beh.
Ascoltiamo direttamente la voce della nonna di Giulia. Molto più serena di tutti quelli che scrivono sull'argomento in questi giorni.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Va beh.
Ascoltiamo direttamente la voce della nonna di Giulia. Molto più serena di tutti quelli che scrivono sull'argomento in questi giorni.
Per me tutta la famiglia prende antidepressivi a garganella.
 

Marjanna

Utente di lunga data
è pure truccata e agghindata , anche quello è dovuto agli antidepressivi
Ma dai, probabilmente erano un pochino distanti anche se si vedevano, poi Giulia non è che fosse interessata a disegni fumettistici, ma da quanto ho sentito le sarebbe piaciuto lavorare sull’illustrazione per l’infanzia, che è un altro ramo rispetto ai fumetti.
I giornalisti si stanno mostrando sempre più come piovre...
 

Brunetta

Utente di lunga data
si anzi usa il dramma per pubblicizzare il suo libro, non mi piace
Ho talmente sofferto delle critiche dopo la morte di mio padre, che non mi permetterei mai di criticare chi ha subito un lutto.
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Hai mescolato però cose diverse.
Se fossimo su un forum, si potrebbero mettere sub-titoli per ciascun argomento trattato.
Gli argomenti trattati, però, mi sembrano corrispondere, a quelli dell'intervento riportato da Omicron.
Il case-story è la vicenda dell'omicidio di Cecchettin. Ma poi il discorso si amplia e diventa generale.
Abbiamo già constatato alcune differenze interpretative tra noi sull'argomento.
Ci stanno, il confronto è sempre utilissimo, a condizione che non si voglia imporre il proprio punto di vista, che è un po' il mantra moderno...

Filippo ha evidentemente una personalità fragile che, nel contesto attuale, si è espressa in questo modo, in altri contesti si sarebbe espressa diversamente. Non facciamo gli esperti di psicopatologia perché l’eziologia facile non è mai un bene.
Beh, io faccio l'analista di fatti umani (certo, con l'attendibilità di un titolare di osteria, che osserva la realtà dal suo punto di vista). Da qualche cosa bisogna partire per provare a capire, meglio, interpretare.
Quando parli con qualcuno, da adolescente ad anziano, ti fai sempre un'idea sul tipo di personalità che hai di fronte. Giusto?
Non ho la pretesa di essere un qualificato esperto in psichiatria o psicologia, ma ascolto molto le persone ed ho fatto, a spanne, un po' di pratica nell'interrogarle.


Invece concordo pienamente sulla generazione attuale dei genitori e sulla loro confusione e incoerenza, che leggiamo anche qui.
Ma pure i genitori (nati intorno agli anni settanta) hanno avuto genitori confusi, combattuti tra il desiderio di applicare metodi tradizionali, che giustamente erano contestati, e desiderio di adeguarsi alle idee che circolavano sulla educazione libertaria.
Anche attraverso i libri, i manuali, la tv e Due+ e il passaparola circolavano , come oggi attraverso i social, idee spesso banalizzate contraddittorie.
Oggi i giovani genitori, che giovani non sono perché fanno i figli tardi, subiscono pressioni incredibili e non riescono ad appoggiarsi ai propri genitori, un po’ perché di loro percepiscono solo gli errori (questo perché siamo in un’epoca vittimistica. Cosa su cui si dovrebbe riflettere), un po’ perché le proposte educative sono contraddittorie e l’obiettivo è avere figli perfetti.
Il mestiere di genitore non ce lo insegnano come materia di studio.
In parte lo apprendiamo ciascuno dall'esempio dei propri genitori.
Nel bene e nel male (anche capendo che non lo sanno fare, sempre utile è).

I miei genitori sono stati "normali", affettuosi ma anche rigidi quando occorreva. Hanno sempre cercato di spiegare le ragioni dei loro "no". Anche di qualche scappellotto. In certi momenti, ho trovato alcune loro prese di posizione non comprensibili, persino ingiuste. Dopo 15/20 anni ho capito che avevano ragione.
E mio fratello, che di scappellotti e di "no" ne ha presi più di me, concorda pienamente.
Nei limiti del possibile, ci hanno accompagnato da lontano, lasciandoci fare le nostre esperienze, anche negative.
Per poi discuterci sopra, facendoci capire che le sconfitte negli sport, i due di picche sentimentali, le disfatte anche scolastiche, si superano cercando di analizzare le motivazioni dei comportamenti e le relative conseguenze: insomma,
imparare da tutte le lezioni impartite dalla vita.

Poi, ho avuto, nel lavoro, un secondo padre, durissimo e rigido (terrore di collaboratori e dipendenti), ma onesto nell'assumere le decisioni e pretendere trasparenza e linearità di comportamenti.
Io avevo venti anni, lui quaranta anni di più quando sono andato al colloquio con lui. Sono rimasto affascinato dalla sua personalità, fortissima. Ero studente universitario, mi ha preso e, poi, con gli anni sono diventato il suo braccio destro.
Aveva un figlio, che educativamente ha massacrato e reso insicuro. Siamo rimasti sempre amici, vive in Italia da pensionato, ha dieci anni più di me, e tuttora mi dice che io sarei stato il figlio putativo di suo padre, quello che avrebbe voluto avere. Ma andiamo d'accordissimo, in qualche modo ci sentiamo affratellati.

Per dire, ho ricevuto - indirettamente - un addizionale esempio educativo negativo (improntato all'intransigenza) ed ho imparato anche da quello (cosa non fare).

E qui condivido la tua impressione che veramente i genitori nati negli anni settanta, ottanta e novanta, abbiano avuto seri problemi di orientamento educativo (che poi hanno tramandato alla loro prole), combattuti tra i residui dell'educazione tradizionale e le concezioni libertarie ed innovative del '68.
Un vecchio amico, preside di facoltà universitaria, reduce del '68 riconobbe che il nuovo sistema educativo uscito fuori da quelle lotte, nacque male, tra tante contraddizioni che non si sono risolte del tutto.


Non vedo però alcun rapporto tra i fenomeni di violenza di gruppo gratuita e forme di psicopatologia negate come l’attuale.
Sono frutto, per me, dell'incertezza educativa e della equivoca illusione che la libertà sia una valore così assoluto da incorporare la violenza come modo di prevaricazione per avere successo e benessere. Trovo che ci sia un parallelismo con il c.m. maschilismo discriminatore.
Se vuoi, sostengo che questo maschilismo non sia frutto esclusivo di una sorta di tradizione, piuttosto di un robusto innesto di moderna anarchica reazione al femminismo. Ecco perché ritengo che non ci sia da invocare un ritorno del patriarcato o della società patriarcale (come la vuoi mettere tu) ma che sia un fenomeno di reazione decisamente moderna, dove le antiche categorie discriminatorie sono state rielaborate.

Le dichiarazioni del padre di Filippo sono improntate alla negazione. Non è uno dei padri del Circeo che era solo preoccupato di sottrarli alla giustizia e farli riparare all’estero.
Su questo punto, mi riservo di tornarci sopra.
Però, da un genitore annichilito dall'enormità del fatto commesso dal figlio può esserci una reazione istintiva di protezione. Sbagliata, ma umana.
Situazione totalmente diversa dall'humus familiare dei delinquenti della strage del Circeo.
Conoscevo abbastanza bene uno di loro e quel giro.
 

Ginevra65

Moderatrice del cazzo
Staff Forum
Ma dai, probabilmente erano un pochino distanti anche se si vedevano, poi Giulia non è che fosse interessata a disegni fumettistici, ma da quanto ho sentito le sarebbe piaciuto lavorare sull’illustrazione per l’infanzia, che è un altro ramo rispetto ai fumetti.
I giornalisti si stanno mostrando sempre più come piovre...
non mi sembra per nulla provata durante l'intervista
 
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