Intervengo nuovamente sul tema delle dipendenze, che mi sono trovato ad affrontare insieme a mia figlia per contrastare la ludopatia di mia moglie (dalla quale sono separato da trenta anni e più e prossimo a divorziare). Il mio è semplicemente un intervento di testimonianza nel quale ho condiviso, in questo forum, l'opinione di
@Pincopallino qualche mese fa.
Mia figlia è una scienziata, come formazione, mentre io ho una educazione prettamente umanistica. Ci siamo trovati ad affrontare una situazione che entrambi non comprendevamo in termini di malattia, mentre eravamo orientati a valutarla come "vizio". Più io che mia figlia, in verità.
Ci siamo rivolti a professionisti nel campo delle dipendenze (medici, psicologi e reduci da esperienze di dipendenze), per cercare di capire. Che è molto più complicato rispetto a giudicare ed abbandonare al suo destino chi sia affetto da una dipendenza.
Parlo da persona che quel giudizio l'aveva emesso in relazione ad un fatto di tradimento in una condizione di ludopatia, che sembrava semplicemente accessoria (occasionale, perché mia moglie aveva trovato l'amante al tavolo da gioco). Dopo un'immediata separazione avevamo provato a recuperare il rapporto di coppia ma non aveva funzionato. Io mi sono rifatto una vita, mia moglie no ed è sprofondata nell'abisso della dipendenza.
La differenza tra vizio e malattia è molto labile, sottile e, secondo molti, addirittura solo quantitativa. Nel senso che finché riesci a controllare le pulsioni, potresti considerarti semplicemente "vizioso", mentre quando le pulsioni dilagano e non riesci a controllarle scopri di essere "dipendente". E solo quando questo passaggio è avvenuto puoi trovare la forza (direi meglio, la
disperazione) di chiedere aiuto, superando l'orgoglio ed accettando di subire l'umiliazione che è necessaria per impostare un percorso di recupero. La percentuale di quelli che chiedono aiuto è comunque bassa (mi hanno parlato di circa il 10%) e non tutti riescono ad uscirne del tutto, le ricadute sono frequenti. Una terapia di contrasto praticamente dura tutta la vita.
Un'ultima notazione. Ho imparato, dalla viva voce di una donna matura che aveva attraversato l'inferno della dipendenza, che
il fenomeno da contrastare (con molta difficoltà) è la "dipendenza" in generale, che si può articolare in diversi campi (alcol, gioco, sesso, droga, comportamenti, ecc.). Sono connessi tra loro, nel senso che si passa facilmente da uno all'altro, una volta che "la diga dell'autocontrollo si rompe".
Al termine della discussione generale, ho avuto modo di scambiare alcune battute con lei e mi ha confermato, come esperienza personale vissuta, che ludopatia e sesso erano aspetti di una medesima patologia comportamentale (per lei anche l'alcol). Insomma, si parte dal vizio e si può finire nella dipendenza.
Così, ho cominciato a capire che trenta e passa anni fa avevo commesso un errore colossale per semplice ignoranza, umanissimo errore nel quale sono incorso in buona fede o , comunque, senza rendermene conto. Se si guarda a se stessi, spesso si finisce con ignorare chi ci sta accanto. E' una constatazione.
Era una conferenza organizzata nell'ambito degli incontri periodici che si tengono nelle sedi degli Alcolisti Anonimi (in varie città). Nel mio caso a Roma, Via Napoli 58 (il sito di riferimento nazionale è
RIFLESSIONE GIORNALIERA “Alcolisti Anonimiè una associazione di persone che mettono in […]
www.alcolistianonimiitalia.it
). Vi sono sezioni specializzate per ogni tipo di dipendenza (nel caso mio, la ludopatia) ma l'approccio nel contrasto è in gran parte unico dal punto di vista comportamentale. Un universo di problematiche che non avevo mai approfondito e sul quale mi sono affacciato, come dire, a tempo ampiamente scaduto.