Sono discorsi che ho già affrontato decine di volte durante le cene e me ne ero stancato: li rinverdisco una tantum, giusto per rinnovare la stanchezza che mi eviterà di parlarne per altri 10 anni...
Quando è nata la nostra prima figlia, agli inizi degli anni 2000, la narrativa era già questa: gli immigrati ci rubano i posti e ci passano avanti nelle graduatorie. Allora l'immigrazione era principalmente dai paesi dell'est, che si stavano affacciando all'UE.
Ho sentito questi discorsi ripetuti da tutti in modo martellante, mentre cercavamo il nido. La nostra città è per fortuna ben servita: ce ne sono abbastanza. Il problema era quale scegliere, perché se non entrava da qualche parte per noi erano dolori, quindi dovevamo scegliere in modo da essere sicuri di entrare.
C'era un nido a due passi da casa. Il "sentire comune" era: non ci provare neanche, tanto lì entrano solo gli immigrati, che ci passano davanti nelle graduatorie. Allora abbiamo scelto un nido piuttosto lontano, in un quartiere di periferia, considerato "disagiato".
Fortunatamente, nostra figlia è entrata.
L'anno dopo l'abbiamo spostata nel nido vicino casa: essendo già dentro, il trasferimento era in priorità, quindi non c'erano problemi.
Ah, giusto per la cronaca: l'abbiamo spostata esclusivamente per motivi logistici, perché in quel nido si era trovata benissimo, era una bella struttura e sulle maestre niente da eccepire.
Siamo andati nel nido vicino casa e... indovina un po'... surprise surprise! I bimbi erano tutti italiani di buona famiglia! Come era possibile? Eppure i punteggi che formavano le graduatorie erano chiari: c'erano i figli, c'era il reddito, c'era il lavoro di entrambi i genitori, c'era il non avere una casa di proprietà... tutte quelle cose condivisibili (secondo me) che fotografano la necessità per una famiglia di un posto al nido.
Eppure, in quel nido c'erano figli unici di avvocati, architetti, che vivevano in case grandi e belle....
Poi, piano piano, conoscendo le persone ho capito: questi qui vivevano in case di famiglia, di cui non erano proprietari, quindi ufficialmente non avevano una casa. Convivevano, non erano sposati, quindi ufficialmente si trattava di ragazze madri. Erano liberi professionisti, che puoi tradurre liberamente in "evasori fiscali orgogliosi di esserlo", quindi avevano un reddito bassissimo.
Queste persone passavano tranquillamente avanti in graduatoria anche agli immigrati che per poter fare domanda dovevano: essere in regola col lavoro (quindi con uno stipendio certificato che, per quanto basso, era superiore a quello di un architetto!), avere uno straccio di contratto per una casa (seppur in affitto). E, tipicamente, non convivevano ma si sposavano, quindi risultavano sempre due genitori invece di uno!
E se passavano davanti agli immigrati, figurati se non passavano davanti a noi, due dipendenti di profilo medio-alto, sposati e con casa di proprietà!
Ma fare queste osservazioni mi ha sempre inimicato la gente, un po' perché mettono le persone davanti ad uno specchio nel quale vedono riflessa la propria ipocrisia (e se tanti sono orgogliosamente evasori, pochi sono
anche orgogliosamente ipocriti...

) e un po' perché rompe la narrativa della politica qualunquista e della televisione nazional-popolare che ormai ha preso il controllo della società. Quindi, ad una certa, mi sono rotto le palle di fare questi discorsi e, semplicemente, ho smesso di frequentare queste persone che rappresentavano quella società che ho conosciuto nei nidi: meglio passarmi una serata a farmi una sega su youporn che una cena con quelli lì!

Tanto, le loro convinzioni non gliele cambio: sono troppo radicate dalla narrativa che ci martella ogni giorno.
PS e NB: se qualcuno in tutto questo legge un'apologia ad un'immigrazione totalmente aperta e incontrollata, è un problema tutto suo non solo di lettura selettiva, ma anche di interpretazione selettiva!
ahahahahah!