(Avvertenza: in blu e grassetto è la parte essenziale del post iniziale per capire se interessa; il resto è solo illustrazione facoltativa non necessariamente da leggere se non si vuole perdere tempo)
Un marito tradito, che ha accettato di rimanere con la moglie dopo un anno dalla scoperta della di lei infedeltà (che si era protratta per circa 9 mesi con un collega di lavoro) si interroga del perché non riesca a superare la sfiducia nei suoi confronti, nonostante costei si sia professata pentita per la “sbandata”, assicurando di essersi resa conto di amare solo lui (marito) e di voler rimanere con lui e trascorrere la vecchiaia insieme con figli e, auspicabilmente, i futuri nipotini. Entrambi marito e moglie sono ultra quarantenni, con due figli, uno dei quali maggiorenne e l’altro di circa 14 anni. Lei ha chiuso ogni rapporto con l’amante e spergiura che non commetterà più lo stesso errore. E lui, nel suo cervello, non le riesce a credere.
Ne discute con un amico psicologo e gli racconta di essersi aspettato dalla moglie infedele un gesto “forte” che gli consentisse veramente di superare il tradimento subito. Invece, nulla, la moglie si comporta dopo qualche settimana come se il tradimento fosse ormai relegato nel passato da dimenticare per concentrarsi nel futuro da costruire (o continuare a costruire insieme). Fa programmi e lui non riesce a condividerne l’entusiasmo.
Lui non riesce a dimenticare e ritiene che non possa superare la crisi senza questo gesto “forte”, che però – invitato dall’amico a precisare in cosa consista - non riesce a definire.
L’amico psicologo gli dice che è del tutto normale, la soluzione “definitiva" per superare il tradimento subìto … in realtà sarebbe non aver commesso il fatto. In altri termini, il gesto che l'inconscio del tradito si aspetta per "riparare" al tradimento è un gesto che doveva avvenire prima di tradire: ovvero non farlo.
E gli spiega che tale aspettativa nasce nella mente del tradito perché l'inconscio non concepisce il tempo come un elemento lineare: crede di vivere sempre nel "giorno X", ovvero: tutti i giorni sono il “giorno X", perché la mente lo riporta lì (di default).
Questo è il motivo per cui determinati tipi di esperienze relazionali generano traumi dall'aspetto e dalla forma irreversibili. Non si può "tornare come prima" si può solo vivere un'altra storia, un'altra vita, che sarà diversa da quella precedente sia se avvenga con la moglie accanto o, se la si lascia, con un’altra donna.
Ed è molto più facile la seconda alternativa, perché si acquisisce più rapidamente la consapevolezza che quello che è andato perso non può tornare più, dal momento che ci si confronta con una nuova realtà affettiva e nuovamente progettuale.
Con la moglie ex infedele non riesce quasi mai, a meno di perdere la memoria e con essa il trauma, ovvero forzandosi a concentrarsi solo sul proprio IO (che comprende il rapporto con i figli) mentre si destruttura progressivamente quanto rimaneva a livello emotivo della relazione di coppia (allontanandosi emotivamente dal partner infedele), sino ad arrivare all’indifferenza (considerare alla fine la moglie una perfetta estranea). Ovviamente, salvo rari casi, nei quali il rapporto di coppia si rinnova grazie alla condivisione del progetto di vita, su basi diverse., e l'esperienza del tradimento si scolora nel tempo.
Questo spiegherebbe il numero elevato di separazioni e divorzi che avvengono anche a distanza di dieci, quindici ed anche più anni dalla scoperta del tradimento, quando i figli si sono allontanati e si è consolidata la distanza emotiva con il partner. A meno del permanere di ragioni di convenienza ed abitudine che consentano di rimanere in una relazione abbondantemente "rattoppata", che pure esistono.
Ho ascoltato il racconto di questo marito qualche giorno fa ed ho trovato convincente l’analisi dello psicologo. A lui (marito) ho consigliato di consultare un buon matrimonialista per valutare serenamente la separazione ed il divorzio, che ritengo la soluzione meno penosa, visto l'asimmetrico approccio alla re-impostazione della coppia.