Quanti maschi!

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Deve essere terribile, per un genitore, avere la consapevolezza di avere totalmente fallito la propria missione.
Non sono in grado di rendersene conto.
Non è contemplabile quella opzione.
Sarebbe troppo distruttiva, non del presente, ma dell'intera narrazione della loro vita.

Per i nostri genitori, la loro è una famiglia modello :)

A seconda del giorno siamo cattive e ingrate oppure troppo impegnate ma brave nei nostri lavori.
Non sanno neanche chi siamo. Non gli interessa.
Anche perchè ciò che siamo, entrambe, non lo vogliono. E' troppo distante dalla famiglia modello che hanno nella loro storia.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Non mi è del tutto chiaro il concetto di disfunzionalità di questi genitori. È on/off o c'è uno spettro per esempio da "normale" a "estremamente grave"? E in caso, chi decide se e quanto è consistente tale disfunzionalità?
E' un ventalgio ampio.

Tieni presente che la loro generazione considera la psichiatria come magia nera.
La mente non esiste. Non esistono i disturbi mentali.

Quindi non esiste che si facciano curare e prima ancora visitare.

Il grado di disfunzionalità lo si decide sulla base del danno creato sui figli, tendenzialmente :)
Ma siamo ancora fermi che se non li menano e non ci sono segni visibili di violenze fisiche, non c'è maltrattamento.

E prima che un figlio inizi ad uscire da quella relazione, ce ne vuole. Se ce la fa.
Il tabù è fortissimo.

Stanno iniziando lentamente a cambiare le cose, ma è un processo lentissimo.
 

hammer

Utente di lunga data
Non sono in grado di rendersene conto.
Non è contemplabile quella opzione.
Sarebbe troppo distruttiva, non del presente, ma dell'intera narrazione della loro vita.

Per i nostri genitori, la loro è una famiglia modello :)

A seconda del giorno siamo cattive e ingrate oppure troppo impegnate ma brave nei nostri lavori.
Non sanno neanche chi siamo. Non gli interessa.
Anche perchè ciò che siamo, entrambe, non lo vogliono. E' troppo distante dalla famiglia modello che hanno nella loro storia.
Cosa dire?
Sarà banale, ma i genitori non ce li scegliamo cosi come i genitori non hanno scelto noi come figli.
Tutto è frutto del caso.
E' nel corso della vita che dovrebbero poi realizzarsi gli incastri giusti con affetto e pazienza, molta pazienza.
Spesso non accade ed è un inferno.
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
E' un ventalgio ampio.

Tieni presente che la loro generazione considera la psichiatria come magia nera.
La mente non esiste. Non esistono i disturbi mentali.

Quindi non esiste che si facciano curare e prima ancora visitare.

Il grado di disfunzionalità lo si decide sulla base del danno creato sui figli, tendenzialmente :)
Ma siamo ancora fermi che se non li menano e non ci sono segni visibili di violenze fisiche, non c'è maltrattamento.

E prima che un figlio inizi ad uscire da quella relazione, ce ne vuole. Se ce la fa.
Il tabù è fortissimo.

Stanno iniziando lentamente a cambiare le cose, ma è un processo lentissimo.
OK, ma tu hai menzionato delle reazioni piuttosto "radicali" che sarebbero auspicabili nei figli. Queste reazioni dovrebbero scattare a che livello di disfunzionalità? Esempio "faccio il funerale ai miei genitori interni perché quelli esterni a 8 anni non mi hanno preso l'iphone XXXIII 12", 20 TB, per cui sono stato emarginato dai miei compagni e amici che l'avevano tutti e sono cresciuto disfunzionale a mia volta "
 

Nicky

Utente di lunga data
Scusa se lo risottolineo, ma è un nodo fondamentale, volendo capirci qualcosa :)

Quando perdi genitori così, perdi qualcosa che non c’è mai stato.
Non li hai mai avuti davvero, e quindi non li perdi.

Paradossalmente non è più complicato che veder morire persone che conosci ma con cui non hai alcun legame.
Eh ma devi saperlo. Chissà quanti restano bloccati nella fase precedente e magari si devono poi gestire tutto durante o dopo la morte dei genitori.
 

Gaia

Utente di lunga data
Scusa se lo risottolineo, ma è un nodo fondamentale, volendo capirci qualcosa :)

Quando perdi genitori così, perdi qualcosa che non c’è mai stato.
Non li hai mai avuti davvero, e quindi non li perdi.

Paradossalmente non è più complicato che veder morire persone che conosci ma con cui non hai alcun legame.

Anni fa una loro malattia o morte mi scatenava tempeste dentro.
Oggi li guardo e non sento nulla di speciale: mi fanno lo stesso effetto degli altri anziani nella sala d’attesa.

E sì, a volte è fastidio: tempo mio sottratto da caos, ignoranza, meschinità.
Quando serve con mia sorella, facciamo ciò che è richiesto, se possiamo. Ma adesso ci sentiamo entrambe libere di avere altri impegni.

Quando qualcuno ricorda il “dovere di” in quanto figlie, dentro di me e di mia sorella spunta una domanda silenziosa:
“E tu dove eri negli anni in cui siamo state distrutte?”
Non serve pronunciarla.

Non c’è rabbia. Solo presa d’atto.

I miei genitori sono già morti.
La loro dipartita fisica sarà solo un dettaglio formale unito al sollievo di non doverci più preoccupare degli eventuali danni che, essendo ancora vivi, creano con la fertilità tipica degli ignoranti e degli stupidi, aggrappati come nella novella del verga all'invidia verso chi ha ancora tempo da vivere.


Diventa complicato solo quando non si riesce a integrare la presa d'atto di chi sono e quindi di chi sei tu.
Hai spiegato bene. Per questo sottolineo sempre che i miei suoceri mi hanno amata e io ho amato loro. La loro cura io l’ho vissuta con sacrificio ma non come dovere, se non di riconoscenza visto che non ero loro figlia e non erano affatto tenuti ad amarmi come tale.
Mi hanno consegnato un uomo in grado di amare in modo sano. E anche questo è stato un bel dono. Non tutti i genitori sono in grado di farlo.
se non mi avessero amata sinceramente me ne sarei sbattuta.
non sento nulla per chi non ha avuto cura di me.
 

Gaia

Utente di lunga data
Cosa dire?
Sarà banale, ma i genitori non ce li scegliamo cosi come i genitori non hanno scelto noi come figli.
Tutto è frutto del caso.
E' nel corso della vita che dovrebbero poi realizzarsi gli incastri giusti con affetto e pazienza, molta pazienza.
Spesso non accade ed è un inferno.
Si, però tu hai scelto di averli i figli e verso di loro hai degli obblighi. I figli invece non scelgono di nascere.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Cosa dire?
Sarà banale, ma i genitori non ce li scegliamo cosi come i genitori non hanno scelto noi come figli.
Tutto è frutto del caso.
E' nel corso della vita che dovrebbero poi realizzarsi gli incastri giusti con affetto e pazienza, molta pazienza.
Spesso non accade ed è un inferno.
garante infanzia

Questi sono dati relativamente aggiornati, ma mi sembrano significativi, tenendo presente che molto probabilmente oltre ad un rilevamento incompleto molti dati sono "nascosti", nel segreto di famiglia.

Per secoli, i bambini sono stati trattati come piccoli adulti: da istruire, correggere, contenere. Le loro emozioni erano rumore di fondo, qualcosa da sopportare o reprimere. Solo con l’arrivo della psicologia dello sviluppo e delle teorie dell’attaccamento (stiamo parlando dalla metà del '900) si è capito che le emozioni infantili sono reali, complesse e decisive per la formazione del Sé.

Ma questa consapevolezza, nata nelle teorie, non è ancora diventata cultura quotidiana.
Molti adulti continuano a crescere figli come sono stati cresciuti: non per cattiveria, ma per incompetenza emotiva.
Non si può trasmettere ciò che non si è mai ricevuto.
Così il danno non nasce dall’intenzione, ma dal vuoto: dal ripetersi inconsapevole di modelli antichi, rigidità, paure, silenzi.

E dentro questo quadro, ci sono milioni di figli nati per dovere.
Perché “così si fa”. Perché “è naturale”.
Perché in quel grande copione collettivo, fare figli non era una scelta, ma un atto dovuto.

A me lo dissero chiaramente: “Sei nata perché era un dovere da cui non ci si poteva sottrarre.”
Il fatto che io (e anche mia sorella, per colpa della mia influenza;) ) mi sia tolta da questo dovere, scegliendo di non ripetere lo stesso schema, è stato definito eretismo.

La famiglia, in tutto questo, è spesso un potente contenitore di disagio.
È lì che si accumulano e si trasmettono le emozioni non elaborate, le colpe, le rigidità, i modelli mai discussi.
A volte funziona, a volte no.
Va a fortuna, o — più onestamente — va a culo.

E non perché manchi l’amore, ma perché manca la consapevolezza.
La capacità di chiedersi: “Perché sto facendo questo? Da dove nasce il mio modo di amare, di educare, di curare?”
Senza questa domanda, l’amore stesso può diventare cieco.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
OK, ma tu hai menzionato delle reazioni piuttosto "radicali" che sarebbero auspicabili nei figli. Queste reazioni dovrebbero scattare a che livello di disfunzionalità? Esempio "faccio il funerale ai miei genitori interni perché quelli esterni a 8 anni non mi hanno preso l'iphone XXXIII 12", 20 TB, per cui sono stato emarginato dai miei compagni e amici che l'avevano tutti e sono cresciuto disfunzionale a mia volta "

Capisco quello che scrivi, ma qui è fondamentale distinguere.
Non stiamo parlando di un genitore che non compra l’iPhone, ma di contesti in cui il bisogno affettivo primario del bambino — di essere visto, accolto, riconosciuto come esistente e degno d’amore — non è mai stato soddisfatto.

La “disfunzionalità” non si misura in episodi isolati o materiali, ma nella qualità del legame di base.
Un genitore può dire molti no, anche severi, ma restare presente, empatico, emotivamente sintonizzato.
Quel bambino crescerà con confini chiari e una base sicura.

La disfunzionalità vera inizia quando il bambino si trova solo dentro la relazione: quando i suoi stati emotivi vengono negati, ridicolizzati, demonizzati, puniti o usati contro di lui.
Quando la paura, la vergogna, l'umiliazione o l’invisibilità diventano esperienze quotidiane fin dalla più tenera età.

È lì che nasce la necessità di “fare il funerale ai genitori interni”, con quel che ne consegue: non per un torto passeggero, ma perché il legame fondamentale è stato strutturalmente danneggiato.

Queste non sono “reazioni radicali”, ma atti di sopravvivenza psichica.
Il “funerale dei genitori interni” non è un gesto di rabbia, ma un passaggio di verità: riconoscere che ciò che si è ricevuto non era cura, e che per vivere interi, o meglio, per poter vivere e non semplicemente sopravvivere dribblando doveri ideali, dobbiamo smettere di idealizzare chi non è stato in grado di amarci.
 

hammer

Utente di lunga data
garante infanzia

Questi sono dati relativamente aggiornati, ma mi sembrano significativi, tenendo presente che molto probabilmente oltre ad un rilevamento incompleto molti dati sono "nascosti", nel segreto di famiglia.

Per secoli, i bambini sono stati trattati come piccoli adulti: da istruire, correggere, contenere. Le loro emozioni erano rumore di fondo, qualcosa da sopportare o reprimere. Solo con l’arrivo della psicologia dello sviluppo e delle teorie dell’attaccamento (stiamo parlando dalla metà del '900) si è capito che le emozioni infantili sono reali, complesse e decisive per la formazione del Sé.

Ma questa consapevolezza, nata nelle teorie, non è ancora diventata cultura quotidiana.
Molti adulti continuano a crescere figli come sono stati cresciuti: non per cattiveria, ma per incompetenza emotiva.
Non si può trasmettere ciò che non si è mai ricevuto.
Così il danno non nasce dall’intenzione, ma dal vuoto: dal ripetersi inconsapevole di modelli antichi, rigidità, paure, silenzi.

E dentro questo quadro, ci sono milioni di figli nati per dovere.
Perché “così si fa”. Perché “è naturale”.
Perché in quel grande copione collettivo, fare figli non era una scelta, ma un atto dovuto.

A me lo dissero chiaramente: “Sei nata perché era un dovere da cui non ci si poteva sottrarre.”
Il fatto che io (e anche mia sorella, per colpa della mia influenza;) ) mi sia tolta da questo dovere, scegliendo di non ripetere lo stesso schema, è stato definito eretismo.

La famiglia, in tutto questo, è spesso un potente contenitore di disagio.
È lì che si accumulano e si trasmettono le emozioni non elaborate, le colpe, le rigidità, i modelli mai discussi.
A volte funziona, a volte no.
Va a fortuna, o — più onestamente — va a culo.

E non perché manchi l’amore, ma perché manca la consapevolezza.
La capacità di chiedersi: “Perché sto facendo questo? Da dove nasce il mio modo di amare, di educare, di curare?”
Senza questa domanda, l’amore stesso può diventare cieco.
I dati che emergono da quel link sono sconvolgenti, non avrei mai immaginato nulla del genere.
La frase "sei nata perché era un dovere da cui non ci si poteva sottrarre" non è solo agghiacciante: mostra una freddezza totale e una notevole dose di cattiveria.
Senza contare l’evidente problema nella relazione tra i tuoi genitori.
Se dicessi una cosa del genere a mio figlio davanti a mia moglie, probabilmente mi ucciderebbe.
 

hammer

Utente di lunga data
Si, però tu hai scelto di averli i figli e verso di loro hai degli obblighi. I figli invece non scelgono di nascere.
Sacrosanto. Non c'è stato giorno in cui non mi sono ripetuto: non hanno scelto loro di nascere.
Far nascere persone in questa dimensione spazio-temporale è una responsabilità immensa.
Fare in modo che nulla vada storto non è un obbligo: è un dovere ed un piacere.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Hai spiegato bene. Per questo sottolineo sempre che i miei suoceri mi hanno amata e io ho amato loro. La loro cura io l’ho vissuta con sacrificio ma non come dovere, se non di riconoscenza visto che non ero loro figlia e non erano affatto tenuti ad amarmi come tale.
Mi hanno consegnato un uomo in grado di amare in modo sano. E anche questo è stato un bel dono. Non tutti i genitori sono in grado di farlo.
se non mi avessero amata sinceramente me ne sarei sbattuta.
non sento nulla per chi non ha avuto cura di me.
E' vero: non si può sentire nulla per chi non ha avuto cura di noi.
Non è freddezza, è verità.
L’amore, quando è reale, si costruisce solo dove qualcuno sceglie di esserci.

Poi, io la vivo in modo più complesso: chi nasce e cresce in un contesto di disfunzione affettiva impara presto che amare non è spontaneo.
Non esiste, in me, il senso naturale di sicurezza, di cura ricevuta, di riconoscimento costante.

Un bambino capisce già da piccolo, che i suoi bisogni non sono priorità.
E poi passa buona parte della vita a negare quello che sente dicendosi che quello che sente è sbagliato e se quello che senti è sbagliato a essere sbagliato sei tu tutto intero.
Questo semplicemente perchè un bambino non può ammettere che non è voluto e farà in modo di preservare i suoi genitori anche a costo di sè.

Ma, l'esperienza che i suoi sentimenti possono essere ignorati, sminuiti o usati contro di lui è scritta.

Io amo solo chi può sentire la mia risonanza, chi riconosce il mio mondo interiore senza ferirlo.
L’amore diventa una scelta deliberata, non un gesto spontaneo.
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Capisco quello che scrivi, ma qui è fondamentale distinguere.
Non stiamo parlando di un genitore che non compra l’iPhone, ma di contesti in cui il bisogno affettivo primario del bambino — di essere visto, accolto, riconosciuto come esistente e degno d’amore — non è mai stato soddisfatto.

La “disfunzionalità” non si misura in episodi isolati o materiali, ma nella qualità del legame di base.
Un genitore può dire molti no, anche severi, ma restare presente, empatico, emotivamente sintonizzato.
Quel bambino crescerà con confini chiari e una base sicura.

La disfunzionalità vera inizia quando il bambino si trova solo dentro la relazione: quando i suoi stati emotivi vengono negati, ridicolizzati, demonizzati, puniti o usati contro di lui.
Quando la paura, la vergogna, l'umiliazione o l’invisibilità diventano esperienze quotidiane fin dalla più tenera età.

È lì che nasce la necessità di “fare il funerale ai genitori interni”, con quel che ne consegue: non per un torto passeggero, ma perché il legame fondamentale è stato strutturalmente danneggiato.

Queste non sono “reazioni radicali”, ma atti di sopravvivenza psichica.
Il “funerale dei genitori interni” non è un gesto di rabbia, ma un passaggio di verità: riconoscere che ciò che si è ricevuto non era cura, e che per vivere interi, o meglio, per poter vivere e non semplicemente sopravvivere dribblando doveri ideali, dobbiamo smettere di idealizzare chi non è stato in grado di amarci.
OK, ma stiamo parlando di ricostruire in un adulto cause, concause e responsabilità di un disagio, risalendo di decenni a quando era bambino in balia assoluta dei genitori. Mi pare arduo, tenuto conto che magari un atteggiamento del genitore può essere disfunzionale e funzionale allo stesso tempo (come in natura adattivo e disadattivo possono coesistere), che anche le intenzioni contano (diverso è un atteggiamento sbagliato, fatto però con le migliori intenzioni da un atteggiamento deliberatamente ostile) e in decenni chissà cosa si è sovrapposto e mescolato agli schemi iniziali. Per questo penso che comunque si arrivi prima o poi a dover fare il funerale ai genitori interiori
 

Rebecca89

Sentire libera
E' vero: non si può sentire nulla per chi non ha avuto cura di noi.
Non è freddezza, è verità.
L’amore, quando è reale, si costruisce solo dove qualcuno sceglie di esserci.

Poi, io la vivo in modo più complesso: chi nasce e cresce in un contesto di disfunzione affettiva impara presto che amare non è spontaneo.
Non esiste, in me, il senso naturale di sicurezza, di cura ricevuta, di riconoscimento costante.

Un bambino capisce già da piccolo, che i suoi bisogni non sono priorità.
E poi passa buona parte della vita a negare quello che sente dicendosi che quello che sente è sbagliato e se quello che senti è sbagliato a essere sbagliato sei tu tutto intero.
Questo semplicemente perchè un bambino non può ammettere che non è voluto e farà in modo di preservare i suoi genitori anche a costo di sè.

Ma, l'esperienza che i suoi sentimenti possono essere ignorati, sminuiti o usati contro di lui è scritta.

Io amo solo chi può sentire la mia risonanza, chi riconosce il mio mondo interiore senza ferirlo.
L’amore diventa una scelta deliberata, non un gesto spontaneo.
A me è rimasto l amore spontaneo. Ho rovesciato come sono cresciuta e l ambiente in cui sono cresciuta. Nel momento dell' analisi (parliamo dei miei 14/15 anni) di quello che stavo diventando per mano di quello che mi circondava, mi sono detta che sarei potuta diventare come loro. Intendo il loro modo di vivere, di vedere, di essere assenti e ciechi. Messo il rischio sulla bilancia, ho lavorato per l esatto contrario. Scelgo con cura chi amare ma lo faccio senza freni e paure. Ci ho lavorato molto. Il mio passato è una medaglia e non una cicatrice. Le delusioni non uccidono se si impara ad accettare che sono solo porte da chiudere per andare avanti e il dolore, se arriva, arriva per essere superato. Ho capito che non ero sbagliata io, non erano sbagliato manco loro. Loro erano, sono, così. E io su di me ho costruito il mio io.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
I dati che emergono da quel link sono sconvolgenti, non avrei mai immaginato nulla del genere.
La frase "sei nata perché era un dovere da cui non ci si poteva sottrarre" non è solo agghiacciante: mostra una freddezza totale e una notevole dose di cattiveria.
Senza contare l’evidente problema nella relazione tra i tuoi genitori.
Se dicessi una cosa del genere a mio figlio davanti a mia moglie, probabilmente mi ucciderebbe.
E' sconvolgente, vero?
L'uomo nero non è quasi mai fuori dalla porta di casa.

Sì, è una frase fredda, ma non cattiva.
È solo ignorante, spaventata dalla vita, arrabbiata fino all’estremo perché soffre, e perciò non tollera minimamente che altri possano stare bene.

Un tempo questo mi feriva profondamente.
Perché io ero legata a un’altra verità: ero la colpa vivente della sua infelicità, sia di coppia sia personale.
Ogni piccolo gesto, ogni mio respiro sembrava amplificare il suo dolore.

Oggi so che lei stessa è tutta rotta. Non poteva fare diversamente.
La sua rabbia e la sua rigidità non erano contro di me, erano la manifestazione della sua ferita: non sa stare in relazione, cioè non riesce a creare un contatto emotivo sano, a sostenere legami autentici, a riconoscere e rispettare i sentimenti dell’altro senza essere travolta o reagire in modo distruttivo.

Mio padre non è mai stato in grado di gestire mia madre per lo stesso motivo: non sa confrontarsi con le emozioni, non sa reggere la reciprocità affettiva. Così l’ha affidata a me.
E si arrabbiava, profondamente, se non riuscivo a “contenerla” in modo che lui non dovesse affrontarla.

Tua moglie farebbe benissimo a ucciderti.
Se davanti a me vengono dette oggi frasi del genere, sono implacabile.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
OK, ma stiamo parlando di ricostruire in un adulto cause, concause e responsabilità di un disagio, risalendo di decenni a quando era bambino in balia assoluta dei genitori. Mi pare arduo, tenuto conto che magari un atteggiamento del genitore può essere disfunzionale e funzionale allo stesso tempo (come in natura adattivo e disadattivo possono coesistere), che anche le intenzioni contano (diverso è un atteggiamento sbagliato, fatto però con le migliori intenzioni da un atteggiamento deliberatamente ostile) e in decenni chissà cosa si è sovrapposto e mescolato agli schemi iniziali. Per questo penso che comunque si arrivi prima o poi a dover fare il funerale ai genitori interiori

Ricostruire da adulti le cause e le concause di un disagio che nasce in infanzia è un compito complesso. Da bambini eravamo in balia dei genitori: non c’era scelta, né protezione sufficiente, e ogni ferita si imprimeva profondamente. E la loro profondità facilita il compito però.

Il punto cruciale è che i genitori disfunzionali non smettono mai di esserlo. Anche con figli adulti continuano a riprodurre la disfunzionalità, talvolta imponendola o tentando di farlo, perché il loro modo di stare in relazione è sempre lo stesso. Una delle richieste implicite della disfunzionalità è che tutto resti uguale a se stesso, che i ruoli, le dinamiche e i copioni non cambino mai.
E questo semplifica il compito di riconoscimento delle dinamiche e dei meccanismi. Sono sempre lì, in consultazione :D

Per fortuna, è proprio qui che si apre una possibilità: l’adulto non è più inerme, non è più totalmente vincolato. Ha strumenti, se vuole prenderseli e se può pagare il loro prezzo, per riconoscere i meccanismi, per mettere limiti e per uscire dal copione che da bambini sembrava inevitabile.

Ma il punto fondamentale è non cadere nella trappola di cercare colpe, responsabilità o assoluzioni. Non si tratta di capire chi ha sbagliato di più o di meno. La chiave è andare oltre, riconoscere la realtà dei genitori disfunzionali, accettare il dolore subito e separarsi dall’illusione del genitore ideale dentro di noi.

In altre parole: la disfunzionalità rimane dei genitori, ma non deve più decidere della vita dei figli
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Ricostruire da adulti le cause e le concause di un disagio che nasce in infanzia è un compito complesso. Da bambini eravamo in balia dei genitori: non c’era scelta, né protezione sufficiente, e ogni ferita si imprimeva profondamente. E la loro profondità facilita il compito però.

Il punto cruciale è che i genitori disfunzionali non smettono mai di esserlo. Anche con figli adulti continuano a riprodurre la disfunzionalità, talvolta imponendola o tentando di farlo, perché il loro modo di stare in relazione è sempre lo stesso. Una delle richieste implicite della disfunzionalità è che tutto resti uguale a se stesso, che i ruoli, le dinamiche e i copioni non cambino mai.
E questo semplifica il compito di riconoscimento delle dinamiche e dei meccanismi. Sono sempre lì, in consultazione :D

Per fortuna, è proprio qui che si apre una possibilità: l’adulto non è più inerme, non è più totalmente vincolato. Ha strumenti, se vuole prenderseli e se può pagare il loro prezzo, per riconoscere i meccanismi, per mettere limiti e per uscire dal copione che da bambini sembrava inevitabile.

Ma il punto fondamentale è non cadere nella trappola di cercare colpe, responsabilità o assoluzioni. Non si tratta di capire chi ha sbagliato di più o di meno. La chiave è andare oltre, riconoscere la realtà dei genitori disfunzionali, accettare il dolore subito e separarsi dall’illusione del genitore ideale dentro di noi.

In altre parole: la disfunzionalità rimane dei genitori, ma non deve più decidere della vita dei figli
Ma tutto ciò non dovrebbe essere il naturale passaggio attraverso una fase di "ribellione" nell'adolescenza? Vabbè che oggi dire adolescenza vuol dire persona fino a 30/35 anni..
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
A me è rimasto l amore spontaneo. Ho rovesciato come sono cresciuta e l ambiente in cui sono cresciuta. Nel momento dell' analisi (parliamo dei miei 14/15 anni) di quello che stavo diventando per mano di quello che mi circondava, mi sono detta che sarei potuta diventare come loro. Intendo il loro modo di vivere, di vedere, di essere assenti e ciechi. Messo il rischio sulla bilancia, ho lavorato per l esatto contrario. Scelgo con cura chi amare ma lo faccio senza freni e paure. Ci ho lavorato molto. Il mio passato è una medaglia e non una cicatrice. Le delusioni non uccidono se si impara ad accettare che sono solo porte da chiudere per andare avanti e il dolore, se arriva, arriva per essere superato. Ho capito che non ero sbagliata io, non erano sbagliato manco loro. Loro erano, sono, così. E io su di me ho costruito il mio io.

Non so cosa voglia dire amare “spontaneamente”. E onestamente non mi è mai neppure interessato.
Mia sorella, a modo suo, è simile.

In famiglia era un grande segreto quanto i miei fossero fuori di testa: lo sapevano tutti e nessuno parlava.
Hanno litigato con la parentela; la rete che avrebbe potuto offrire qualche spazio di normalità è scomparsa in pochi anni.

Per molto tempo la mia scelta è stata netta: “senza patria, senza dio, non ho bisogno di niente e nessuno”. Ero arrabbiata — davvero arrabbiata. Immaginavo scenari distruttivi, desideravo annichilire certe presenze (esagero per ridere, ma era rabbia vera).
Poi sono crollata, pesantemente. Stare da sola come credevo non era realistico.

E ora vedo la mia diversità riflessa come in uno specchio infinito che non è più autoprodotto ma condiviso e co-costruito.
Qualcuno che risuona con me, e lo sa con la mia stessa consapevolezza, che non cerca di cambiarmi, che non giudica. Che come me non è interessato al rispetto di codici e convenzioni che non ci appartengono.
Amare a modo mio significa riconoscere ogni frammento di me stessa, fragile, selvatica, irriducibile, e scoprirlo accolto e amplificato in un legame che non cerca di piegarmi, ma mi moltiplica. E sperimentare che l'alto ne giova e sperimenta lo stesso.
Ho sempre cercato il potere, adesso non lo cerco più. Ce l'ho.
 

Nicky

Utente di lunga data
OK, ma stiamo parlando di ricostruire in un adulto cause, concause e responsabilità di un disagio, risalendo di decenni a quando era bambino in balia assoluta dei genitori. Mi pare arduo, tenuto conto che magari un atteggiamento del genitore può essere disfunzionale e funzionale allo stesso tempo (come in natura adattivo e disadattivo possono coesistere), che anche le intenzioni contano (diverso è un atteggiamento sbagliato, fatto però con le migliori intenzioni da un atteggiamento deliberatamente ostile) e in decenni chissà cosa si è sovrapposto e mescolato agli schemi iniziali. Per questo penso che comunque si arrivi prima o poi a dover fare il funerale ai genitori interiori
Sicuramente è un compito di tutti, altrimenti non si cresce mai.
Penso però che qui si parli di persone tipo mia suocera, che a un certo punto devi "mettere da parte", altrimenti ti risucchiano, perché ti vogliono sempre allo stesso posto, quello che rassicura loro anche se tu ci stai malissimo.
 
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