garante infanzia
Questi sono dati relativamente aggiornati, ma mi sembrano significativi, tenendo presente che molto probabilmente oltre ad un rilevamento incompleto molti dati sono "nascosti", nel segreto di famiglia.
Per secoli, i bambini sono stati trattati come piccoli adulti: da istruire, correggere, contenere. Le loro emozioni erano rumore di fondo, qualcosa da sopportare o reprimere. Solo con l’arrivo della psicologia dello sviluppo e delle teorie dell’attaccamento (stiamo parlando dalla metà del '900) si è capito che le emozioni infantili sono reali, complesse e decisive per la formazione del Sé.
Ma questa consapevolezza, nata nelle teorie, non è ancora diventata cultura quotidiana.
Molti adulti continuano a crescere figli come sono stati cresciuti: non per cattiveria, ma per incompetenza emotiva.
Non si può trasmettere ciò che non si è mai ricevuto.
Così il danno non nasce dall’intenzione, ma dal vuoto: dal ripetersi inconsapevole di modelli antichi, rigidità, paure, silenzi.
E dentro questo quadro, ci sono milioni di figli nati per dovere.
Perché “così si fa”. Perché “è naturale”.
Perché in quel grande copione collettivo, fare figli non era una scelta, ma un atto dovuto.
A me lo dissero chiaramente: “Sei nata perché era un dovere da cui non ci si poteva sottrarre.”
Il fatto che io (e anche mia sorella, per colpa della mia influenza

) mi sia tolta da questo dovere, scegliendo di non ripetere lo stesso schema, è stato definito
eretismo.
La famiglia, in tutto questo, è spesso un potente contenitore di disagio.
È lì che si accumulano e si trasmettono le emozioni non elaborate, le colpe, le rigidità, i modelli mai discussi.
A volte funziona, a volte no.
Va a fortuna, o — più onestamente — va a culo.
E non perché manchi l’amore, ma perché manca la consapevolezza.
La capacità di chiedersi: “Perché sto facendo questo? Da dove nasce il mio modo di amare, di educare, di curare?”
Senza questa domanda, l’amore stesso può diventare cieco.