E quindi secondo te, tu nato nel privilegio, sei meglio esattamente di chi?
E che cosa hai cambiato? Sei nato nel privilegio, sei nel privilegio e generi persone nate, cresciute e pasciute nel privilegio.
Io so da dove sono partita, so dove sono arrivata e so pure dove sto andando. E’ un 6 per te, e sti cazzi. Io non sto in gara con nessuno, solo con me stessa.
Tu sei ancora in gara coi tuoi e con i loro ‘errori’?
Mi dispiace in caso.
Gaia, non hai capito un cazzo. Io non sto in gara con i miei genitori. Io sto solo ricostruendo le macerie. Sto rifacendo da zero la casa che mi hanno incendiato, e quando avrò finito, li seppellirò io. Da qualche parte dove nessuno possa portar loro fiori, né raccontare che sono stati brave persone.
Perché chi sbaglia paga. E io sarò giudice e giuria anche se non posso fare il boia.
E se il mondo avesse un po’ di giustizia poetica,
i figli dovrebbero avere il diritto di riscrivere l’albero genealogico con il sangue che si sono guadagnati da soli.
Sono nato nel privilegio.
Poi me l’hanno tolto.
Poi me lo sono ripreso, con le unghie e con i denti.
Non posso ricomprare quello che era dei miei nonni, non posso riavere l’attico su Villa Sciarra svenduto a un milione nel 2006 e rivenduto oggi a quattro e mezzo che mio nonno aveva lasciato a me. Ovviamente a voce.
Ma posso ricordare ogni mattina cosa si prova quando ti portano via la terra da sotto i piedi.
È così che impari a camminare sul nulla.
Sono passato dall'avere la servitù, a cenare con un cappuccino e un cornetto della mattina perché costava di meno. E ho costruito invece di buttare al cesso i miei sogni, e senza chiedere un cazzo a nessuno, mai, senza voler andare a fare l'agente immobiliare come hanno fatto tanti miei amici attratti dai soldi facili
Ho passato metà della vita a fottermi gente nata come me, ma più educata, più protetta, più idiota.
Avvocati dei figli degli amici dei loro genitori. Parassiti che succhiano reputazione da una generazione all’altra.
Uno di questi, per dire, ha ricevuto una Porsche da 350 mila euro. Regalo della moglie. L’ha fatta cambiare perché non gli piaceva il colore, facendo pure lo stranito. Ecco il termometro del marciume: il lusso come anestesia, mentre la fame ti tiene sveglio.
Io ho preso amici rotti, e li ho rimessi in piedi. Ho aiutato tutti, ho campato tutti, ho visto mentre la gente guardava lo schermo del telefono.
Sono cresciuto figlio di un barone universitario e di una professoressa comunque potente, mai una raccomandazione, mai una spinta. Perché non avevo fatto medicina ma legge. E adesso quattro atenei mi vogliono leccare le palle per avermi con loro.
In ventiquattro anni, non in tre generazioni, mi sono fatto un nome, una carriera, una figlia che mi adora.
Ho riso, amato, distrutto, ricostruito. Ricomprato gran parte di quello che loro avevano fatto sparire.
Ho fatto il padre meglio di quanto loro abbiano mai fatto i genitori.
Mia figlia è la mia vendetta fatta carne: ride con la mia voce, mi guarda come nessuno ha mai guardato loro.
Ai miei devo solo la genetica. Il resto me lo sono costruito a forza di notti, ansia e rabbia, mentre loro ballavano sul ponte del Titanic.
Non venirmi a parlare di uguaglianza.
Non vendermi la favola della “migliore versione di te stesso”.
Io sono la versione più onesta della mia specie: il leone che si mangia la zebra più lenta. 5 meno meno, 6,7,8. Sono tutte la mia cena.
Sono diventato stronzo? Uh, non hai idea.
Ma è l’unico modo per sopravvivere senza diventare come loro.
Non perché lo meriti, ma perché nessuno là dentro ha avuto il coraggio di sanguinare quanto me.
Io non sono grato. A nessuno per un cazzo. Mai.
Mi sono sempre messo nei posti dove ero l’ultimo, e in poco tempo li ho mangiati tutti.
Uno dopo l’altro.
Fino all’osso.
E quando finisco, non lascio resti.
Baci e abbracci.