Io mi trovo spesso a pensare che la civiltà è una membrana sottile sopra al medievo.
Riguardo la tua riflessione sul tempo che si vive hai ragione, ma quanti vivevo quel tempo sentono veramente quel presente? Sentendolo nella pelle, con tutti i sensi di cui siamo dotati, godendone?
Se si vivesse al contrario, nascendo vecchi e malati e pieni di dolori e con quel senso di fine, si annullerebbero tutte le patologie psichiche (o almeno tante), e arrivati nel fiore degli anni ci si sentirebbe stupendi e bellissimi, ma con la consapevolezza della maturità, e posso dirlo? non sarebbe improbabile trovare prati di gente che scopa allegramente come conigli (senza essere fatti di droghe o alcol).
Il futuro è una proiezione fondata nel passato ma non solo, anche su di noi. Io da adolescente avevo una figura di donna che mi piaceva, mi affascinava più di altre, e in qualche modo lo sono diventata (magari potevo essere un attimino più furba nella proiezione). Ma il mio potere di proiezione è diventato molto debole, su certe cose non funziona, non riesco a manipolarlo e dirigerlo.
Non so cosa ci sia tra le righe, sono parecchio confusa. Lo scorso anno mi sentivo molto lucida, e mi piaceva, "vedevo chiaro", le cose fa fare, concentrarmi, godermi i momenti liberi come volevo, senza aspettative particolari, ed ero rilassata. Ora mi sento come mi fosse passato un frullatore in testa. Sono arrivata su questo forum per capire gli arcani della mente di un uomo, e mi è stato fatto notare quanto tempo della mia mente fosse concentrato lì. E quel tempo mica si è fermato lì (fosse così facile) è andato avanti arrivando ad un livello che quando altre persone mi parlavano non capivo proprio niente, e mi è anche dispiaciuto quando a parlarmi erano miei familiari. Mi sono incazzata con me stessa per "non riuscire ad esserci" (con la testa). E ad un certo punto mi sono resa conto che tutto questo l'avevo creato io. Era tutta una questione di spazio nella mia mente, di gestione di tempo mentale. Sono un casino. Al momento non mi viene altro.
Noi siamo ancora nel medioevo
La tecnologia è solo uno strumento, potente e illusorio, ma il resto dell'umano è ancora saldamente ancorato al medioevo.
Alla rigida divisione fra gli assoluti, alle dicotomie, all'utilizzo del giudizio (di valore) come definizione.
E fondamentalmente siamo ancora fermi alla contrapposizione fra bene e male.
Come se il mondo, non quello umano, il mondo, funzionasse per davvero secondo la visione per cui il fulcro dell'esistenza è l'umano.
Come se le leggi, a cui pure noi siamo sottoposti, fossero davvero quelle scritte nei codici giurisprudenziali o nelle religioni (anche politiche).
La realtà è che ne sappiamo poco, praticamente niente. E chiunque studi sa che ogni conoscenza è provvisoria e sottoposta alla revisione del Tempo.
Noi ci aggrappiamo a certezze che fra 50 anni saranno semplicemente ridicole.
Come è avvenuto alle certezze a cui si sono aggrappati storicamente gli uomini.
Serve ricordarsene..per alleggerirsi e stare in quel mentre.
Che starci sia lavare i piatti oppure vivere una fantastica relazione appoggiata nello straordinario.
Io penso che un buon allenamento al mentre, siano le piccole cose concrete.
Respirare. Quanto lo si da scontato?
Camminare.
Correre.
Per dire.
E quanta roba c'è da imparare dentro ad un passo.
Hai mai pensato che il nostro corpo, in automatico, quando fa un passo per poterlo fare lo fa precedere da uno sbilanciamento che, se non avessimo atuomatizzato il movimento, darebbe la stessa identica sensazione del cadere in avanti faccia a terra?
E poi c'è quella caduta nell'ignoto di sè. Quando si sperde la concentrazione al mondo. Quando sembra che tutto quello che sta fuori sia infinitamente meno interessante di quello che sta dentro.
Ed è esattamente così. A mio parere. Quello che sta dentro è infinitamente più interessante.
Ma è anche infinitamente più oscuro e a volte spaventoso.
E coinvolgente.
Tanto che può far perdere la presa sul mondo concreto.
Come si fa a imparare a camminare?
SI cade
Si impara non l'equilibrio, si impara lo sbilanciamento.
Si impara a lasciarsi sbilanciare e ad affidarsi alle forze della fisica, la gravità in primis.
Lo sbilanciamento è fondamentale per stare in equilibrio.
Se non imparassimo lo sbilanciamento, non potremmo camminare.
E chi non si sa sbilanciare bene, non sa poi correre bene o saltare. Non sa cadere e pensa che evitare di cadere sia il segreto (e avanti con nevrosi, psicosi, depressioni, narcisismi vari e compagnia cantante).
Comprese quelle cosettine simpatiche che si vedono nelle relazioni: cadere nell'altro per evitare di cadere in sè.
Peccato che in questa nuova era sia siano cantate le lodi di un equilibrio statico.
Cammina tu se sei in equilibrio statico.
E allontanarsi da quelle norme che sostengono (propagandisticamente) che il fulcro della serenità è l'equilibrio è un gran casino.
Ma, come ti diceva @
Arcistufo, è tipico delle persone intelligenti (che non significa semplicemente dotate di un elevato QI ) scivolare e cadere, quando si sperimenta lo sbilanciamento. Per il semplice motivo che le persone intelligenti si lasciano sbilanciare da quel che le circonda. E non restano spasmodicamente aggrappate alle definizioni e alle etichette.
E capita in particolare quando si è creduto che la lucidità fosse una cosa che non è.
Ossia visione assoluta del quadro generale.
(la mentalizzazione ha fondamenti in questo, per dire)
Il mentre...torniamo sempre lì.
Sei lucida non quando sei lucida.
Sei lucida quando sei presente a te mentre sei nel mondo.
E questo significa che essere presenti alle proprie crisi è lucidità. Anche se da fuori si vede crisi.
(ed è interessante l'etimologia di crisi...giusto per collocare le parole da dove vengono e non solo in come sono state trasformate).
Ma per essere presente a te, serve entrare in te, e quindi per certi versi creare disconnessione dal mondo.
Per poi riconnetterti al mondo ma da una posizione interna.
A noi ci hanno insegnato a fare il contrario.

Usare il mondo, e i suoi parametri (umani.) per collocarci.
Ma è una stronzata.
E non perchè lo dico io. Ci sono interessanti studi delle neuroscienze (finalmente!!!) sulla funzione dei neuroni a specchio e su come questo influenzi la rappresentazione del mondo.
come ci sono interessanti studi di fisica che stanno ribaltando i parametri che si ritenevano inamovibili.
Quanto all'ascolto.
Quando si comunica si è in due.
E si è corresponsabili della comunicazione.
Ci sono messaggi che attraversano lo spazio e il tempo (distorcendosi) che mettono in connessione i comunicanti.
Che sono già in connessione.
Perchè la comunicazione si svolge per l'80% in un mondo sommerso di cui raramente si è interamente consapevoli.
Quindi, tu non ascoltavi, ma loro non ascoltavano te. Altrimenti si sarebbero resi conto che non stavi ascoltando. Non perchè disattenta. Ma perchè la tua attenzione era rivolta ad altro.
Il punto è che la loro attenzione era rivolta a quello che loro volevano fosse degno di attenzione e non a quello che per te era degno di attenzione (e torniamo alle dicotomie e agli assoluti).
Con questo non dico siano stronzi loro.
Dico solo che non hai niente di cui dispiacerti.
E poi..la confusione serve. E' fondamentale.
Noi siamo figli di una cultura che nega il caos, ne ha paura e lo vuole relegare nell'angolo della malattia (come prima, nel medioevo definito tale, lo relegava nell'ambito della possessione).
Ma il caos è un elemento fondante i sistemi complessi.
Serve includerlo e attraversarlo.
Senza giudicarsi. Siamo figli del caos.
Anche se vorremmo fare quelli tutti perfettini.