Ciao a tutti, cerco di rispondere con calma e mettervi al corrente della situazione:
1) Il tempo è quello che è; Daniele avrà ragione nel dire che forse è passato troppo tempo. Sono solo due mesi e mezzo da quando ho scoperto la tresca, ma è un annetto bello e buono da quando sono cominciati i problemi. forse è tanto, forse è poco tempo. Dipende, è come vedere un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
2) Detto questo, e dopo varie altre discussioni con mia moglie, è chiaro che la strada sembra intrapresa. L'andare dalla psicologa di gruppo è solo un modo per capire chi siamo e perché siamo arrivati a quel punto, e per capire cosa è andato storto - fondamentalmente, per avere un punto di vista diverso sulla situazione. Risposte che probabilmente non arriveranno in un attimo né in un paio di giorni, ma che comunque servono sia a me che a lei.
3) Ho la consapevolezza che il nostro rapporto è finito - per lo meno, quello che era. Cosa arriverà dopo NON potrà essere ciò che è stato. La strada più "giusta" è la separazione, punto e basta. Ma da qui nascono un fracco di domande: casa, figli, soldi, comunione dei beni, ciò che è stato fatto e costruito in tanti anni... Insomma, mica pizza e fichi! Permettetemi che questo abbisogna anche del tempo per riflettere su come affrontarlo e costruire qualcosa di nuovo dal nulla mettendo a posto tutti i pezzi del puzzle...
4) rifacendo una disamina dell'accaduto, e quindi sui perché siamo arrivati a questo punto. E' vero, lei ha commesso qualcosa di sbagliato, ma è lecito chiedersi perché è successo. Ora, ciò che mi viene da pensare è che io non sia stato all'altezza come uomo e marito per lei, mi pare lapalissiano; il perché lo conosco e me ne vergogno quasi a parlarne, ovvero: insicuro, poco riflessivo, indeciso, inconcludente, non avvezzo alle disamine per arrivare al succo delle questioni, insomma: una sfilza di aggettivi non proprio edificanti per il proprio ego. Questo che riflessione porta? Che se non cambio io, un domani potrebbe capitarmi ancora. Dare la colpa agli altri senza aver capito quali sono le proprie non è un comportamento costruttivo e maturo. Le mie ora le ho capite, ed ho perfettamente compreso che sono tratti caratteriali incompatibili con, per esempio, quello di mia moglie. Se penso a cosa invece c'è di positivo in me, non riesco a cavare un ragno dal buco. Certo ci sono sani principi, come onestà, libertà, lealtà, fedeltà, altruismo e così via, ma non sono sufficienti evidentemente. Per inciso: è semplicemente riuscire a capire se stessi ed i propri problemi per prenderne atto ed evitare che domani siano ancora causa di sconforto e delusioni, per se e per gli altri. La fase più problematica sta nel capire che sono tratti caratteriali che si sono formati con il tempo, che si sono "radicati" nel proprio io e che non so fino a che punto possono essere cambiati, modificati o smussati. Forse un aiuto esterno, come una psicologa, me lo può fare capire.
5) Per ultimo, il mio scopo ora è trovare terreno solido sul quale posarmi e da lì ripartire. Non so quanto tempo e cosa ci voglia, ma è un obiettivo importante se uno vuole ripartire, considerando che ciò che sono non è ciò che gli altri vorrebbero vedere ed avere. Prendere consapevolezza di se stessi e da lì costruire qualcosa attorno. Cercare caposaldi forti e sani sui quali basare la propria identità.
Comunque consigli e critiche sono sempre ben accetti, ci mancherebbe.
E grazie per preoccuparvi, a vostro modo, di quanto sta accadendo. Solo chi ha passato questi momenti può realmente capire.