ParmaLetale
Utente cornasubente per diritto divino
@ParmaLetale scritto in questo modo ha un altro senso e sono d'accordo, semplicemente tu parli genericamente di fragilità, mentre io credo che, per arrivare a gesti così estremi, ci sia già qualcosa di più specifico, come, appunto, un problema rilevante nella gestione degli stati emotivi, di cui non c'era consapevolezza, e che non è affatto detto che sfoci in gesti del genere, ma di cui purtroppo non c'era consapevolezza.
Certamente per arrivare a certi gesti estremi non basta una "fragilità" generica, ma ci dev’essere qualcosa di più profondo e strutturale, anche se spesso invisibile o negato fino al punto di rottura. Non è una semplice questione di "essere genericamente fragili", ma serve un problema reale nella regolazione emotiva, nella gestione della frustrazione, dell’ansia, dell’impulso o del dolore, qualcosa che già esisteva, ma che magari nessuno aveva mai visto davvero per com'è. Magari era coperto da una facciata di controllo o razionalità oppure era compensato da routine, ruoli sociali, dipendenze accettabili (lavoro, performance, accudimento...) o ancora era stato normalizzato nella storia personale ("sono sempre stato così, è il mio carattere"). Ed è proprio la mancanza di consapevolezza ciò che lo rende pericoloso, tipo "Non sapevo di poter arrivare a tanto. Non pensavo di essere capace di una cosa così.". Tuttavia anche se non tutti ci arrivano, molti ci passano vicino: la stessa pressione esterna può far crollare una persona in modo drammatico e lasciare un’altra solo scossa. Quindi sì: c’è un elemento predisponente, anche se non sempre è patologico. A volte è una combinazione di comportamenti comunque disfunzionali, tipo sopprimere la rabbia per anni e poi esplodere, oppure scappare, negare, colpevolizzare sempre davanti ai problemi, o più banalmente assenza di un linguaggio interno per nominare il disagio. Poi ovviamente il non sapere non scusa, ma gli atti estremi non nascono solo da una pressione esterna o da una fragilità generica, bensì da una mancanza di consapevolezza su un punto debole strutturale, che esisteva già e che, in condizioni estreme, diventa azione.