A me più che i fatti incuriosisce l’interpretazione dei fatti e quello che dicono sia dei giovani, sia delle aspettative che i giovani si sono fatti.
Nella mia esperienza, limitatissima nei numeri, nello spazio e meno nel tempo, ho visto gradualmente cambiare l’atteggiamento dei genitori nei confronti dei figli e ipotizzo che questo abbia creato un numero consistente di giovani, non posso quantificare, con aspettative irrealistiche di un mondo del lavoro che dovrebbe adattarsi a loro.
Ma il problema da capire è come i genitori siano cambiati e perché. Altrimenti si formeranno sempre più generazioni di “spostati” ovvero di delusi da una vita che è diversa da come se l’erano prefigurata.
In tutto il mondo occidentale vi sono studi sociali che “fotografano“ il presente e filosofi che lo interpretano.
Personalmente credo che si stia vivendo un periodo di crisi, di cambiamento, ma tutti i periodi sono di crisi e di cambiamento, basti attingere ai propri ricordi di storia per vedere che erano periodi di cambiamento anche 100, 200 o 300 anni fa. Se così non fosse staremmo ancora a strofinare legnetti.
Però con il tempo i cambiamenti sono diventati rapidi e molteplici e temo che le sciocche separazioni tra generazioni, imposte dai media, vogliano bloccare la trasmissione intergenerazionale di competenze e valori.
E ci stanno riuscendo, rendendo ogni generazione isolata e debole.
Potrebbe essere interessante se ognuno riuscisse a ricordare, non a narrare, quali erano i valori e speranze che aveva e come ha cercato di realizzarle e poi come li ha trasmessi ai figli alla luce delle esperienze e delusioni.
Ti faccio un excursus storico della mia famiglia.
I nonni: uno operaio, l'altro daziere. Mogli casalinghe e madri. Casa popolare a Milano. Due mesi di vacanze l'anno.
I genitori: grazie alla spinta dei genitori, studi serali, scuola media inferiore e superiore max, crescita economica in un'Italia del boom. C'è chi ha aperto attività, chi è diventato ricco, chi come i miei ha comunque avuto una buona vita, con case di proprietà pur dopo una separazione, viaggi all'estero, vacanze di un mese, seconde case in affitto in montagna, auto, nel caso di mio padre, anche di categoria alta.
Nel caso di mia moglie, diplomato, famiglia monoreddito, tre figli all'università, due case di proprietà, autonuova, vacanze di due mesi per la moglie casalinga e i figli.
Privilegi? No, era la vita che mostrava anche Fantozzi, per dire, Una consuetudine. Anche un'operaio manteneva la famiglia, a Milano città.
Noi: moglie laureata, due lavori, casa di proprietà acquistata col mutuo, auto nuove comprate a rate o con l'eredità, etc etc più o meno come i genitori ma con una sola figlia, una sola casa nell'hinterland e non a Milano, il benessere derivante dall'eredità e non dal lavoro.
I figli: a differenza delle generazione precedente, noi non stiamo mettendo via nulla per la figlia. Non ce la facciamo.
Questo schettino è banale, è la storia di tanti e fa notare che da noi il boom ha nifgliorato notevolmente la vita di chi è vissuto in quell'epoca, funzionando da traino per le generazioni successive, che però ormai stanno consumando il capitale accumulato, accorgendosi che col lavoro non riescono in alcun modo a raggiungere la situazione di stabilità e benessere dei genitori e nemmeno in taluni casi dei nonni.
E questo è la prima volta nella storia recente che accade.