Vittorio Emanuele II amava le contadine, se le faceva portare con la precisa prescrizione che non dovessero essere lavate.
Del resto lui era figlio di un macellaio....

( Caso particolare!?)
Vittorio Emanuele era però un vero
assatanato, la cui fama di donnaiolo è giunta fino a noi.
(in buona compagnia di tanti uomini importanti dell'epoca, va aggiunto).
Hai fatto bene comunque a ricordarlo. Posto questo stralcio di articolo di Paolo Granzotto per chi non ricordasse le sue gesta:
"Vittorio Emanuele fu uno dei più illustri copulatori contemporanei. Il suo budget segnava nella rubrica «donne» circa un milione e mezzo all'anno mentre nella rubrica cibo non più di 600 lire al mese. A volte di notte, svegliavasi di soprasalto, chiamava l'ajutante di servizio, gridando: «Una fumna, una fumna!» (una donna, una donna!) e l'ajutante dovea girare i bordelli della città finché ne avesse una trovata, fresca abbastanza per essere presentata a Sua Maestà. Ad ogni donna che aveva rapporti con lui dava un contrassegno, perché, volendo, si ripresentasse». «Nell'atto amoroso quel Giove terrestre ruggiva come un leone. Amava che le donne gli si presentassero nude con scarpettine e calzette; e fumando sigari Avana si divertiva a contemplarle, mentre gli ballavano intorno. Ma ad un tratto lo pigliava l'estro venereo, e le possedeva tutte». «Una sera scrisse al naturalista Filippi un biglietto così concepito: "Vi prego di mandarmi stasera nel mio boudoir un leone impagliato". E il Leone viaggiò quella sera a corte in una carrozza reale, destinato a chissà quali misteri». «Nelle sue gite di caccia a Valsavaranche era seguito da un harem di donne. Amava sopratutte la Rosina Vercellana e ai figli di lei diceva: "Umberto e Amedeo sono i figli della nazione; voi, i miei"». Uno de' sintomi della sua prossima fine, egli lo sentì pochi giorni prima di porsi a letto, quando disse in piemontese al suo medico Bruno: «Sa, dottore, non mi va più tanto; brutto segno».
E ancora "Possedeva un membro virile così grosso e lungo che squarciava le donne più larghe" (Carlo Dossi).