Doverosa precisazione terminologica
Lo sapevo sin dall'inizio che, per affrontare l'argomento, si finisce con il discutere cosa si intenda per "perdono" e per questa ragione, al post # 17 avevo indicato cosa significasse "perdonare" secondo la Treccani:
"Non tenere in considerazione il male ricevuto da altri, rinunciando a propositi di vendetta, alla punizione, a qualsiasi possibile rivalsa, e annullando in sé ogni risentimento verso l’autore dell’offesa o del danno;".
Stando alla lettera della definizione, nel perdonare c'è una rimozione del fatto dannoso, che è totale e spontanea (non soggetta a contropartite). E mi sembra implicito il dimenticare. E' un gesto grandioso nella sua portata, ma che è raro, forse rarissimo.
Allora, rimanendo a quanto appena scritto, io non ho perdonato mia moglie il suo tradimento (pur rispettando il suo innamoramento) e, a mia volta, quando ho tradito la mia compagna (per alcuni mesi), non sono stato perdonato. Perché nessuno ha dimenticato, visto che è accaduto di tornarci sopra, nei momenti di tensione, con allusioni, più o meno esplicite, come a dire "non me lo sono scordato/a e, quindi, contieniti". E questo capita nel corso degli anni.
Come avevo premesso, all'inizio del discorso, proprio perché il "perdono" è un gesto così grande, al limite del sovra-umano, non me la sento di adoperarlo e
preferisco usare il concetto di "accettazione del fatto/tradimento" ma senza una totale cancellazione. E' un perdono sui generis che non prevede dimenticare.
Ma il vero "perdono" prevede il dimenticare.