Formare una persona, richiede delle competenze che vanno ben oltre quelle della materia che si insegna.
Capire le capacità e anche le incapacità, (per non dire i deficit cognitivi) indirizzare, suscitare interessi, non è nelle corde di tutti quelli che insegnano, primariamente perchè la scuola pubblica è diventata via via negli anni:
Un collocamento per alcuni inamovibili incapaci.
Un contenitore dove dall' altro si chiedono sempre più cose, offrendo sempre meno risorse.
Un facile argomento per la politica che da anni si riempie la bocca inutilmente.
Un parcheggio dove le famiglie vanno a delegare cose che non sanno fare, da sempre.
Il guaio più grande è che via via nel tempo è diventata pressochè irriformabile.
Inoltre la richiesta via via sempre al ribasso, lo scadere della qualità, ha favorito non l'eguaglianza nella preparazione, che è un presupposto per qualsiasi forma di dinamismo e perequazione sociale, bensì il perpetuarsi delle differenze sociali.
Chi ha denaro può scegliere per i figli scuole più selettive e formative.
Poi le eccezioni grazie al cielo ci sono sempre. Ci sono eccellenti insegnanti anche nelle scuole pubbliche, grazie al cielo.
Dall'album dei ricordi:
Quando io andavo alle superiori i prof ci davano del lei. E non avevano nessuna remora a stroncare la nostra carriera se non eravamo considerati all'altezza, poi magari venivano a fare le cene con noi. Altri padri e altre madri in fondo.
Potrei stupirti con effetti speciali

risalendo alla questione greca, della divisione fra mente e corpo e della persona considerata come la maschera sociale che ognuno indossava. Ci avevo fatto degli studi qualche anno fa ed è un argomento molto interessante e, per quanto possa sembrare un qualcosa che nulla ha a che vedere col discorso è invece un punto di snodo non indifferente.
Per farla molto semplice, però, mi limito a dire che il passaggio da "persona" a "individuo" non è del tutto completato, nè a livello sostanziale nè a livello formale e che questo ha ricadute parecchio impegnative sulla didattica (e anche all'interno della didattica, intesa come scienza, è tutto in fieri. - vedi per esempio il passaggio da conoscenze a competenze tanto pubblicizzato e di cui si sono riempiti la bocca negli ultimi anni) e soprattutto sulla docimologia (intesa come orientamento di ricerca). L'evoluzione delle neuroscienze, le ultime scoperte e la possibilità di concretezza della teoria stanno ulteriormente rivoluzionando la questione.
Quel link in cui il neuroscienziato sottolinea come per quanto fino a pochi anni fa si credesse che la visione del mondo e la coscienza di sè fosse costruita dagli individui a partire da interazioni di genetica e ambiente (inteso come setting e contesto), quindi considerando fondamentalmente gli output (non molto distante dalla tabula rasa a ben vedere), oggi si sa che la coscienza di sè ognuno la costruisce integrando output e predittività in integrazione con input. Sempre per farla molto semplice.
L'impatto potrebbe essere altissimo. Perchè significherebbe che tutta l'impostazione della formazione è da rifare dalle fondamenta.
(ovviamente stiamo parlando di accademia, e ora che l'accademia faccia il suo ingresso nella socialità base passerà del tempo. Anche se, è questo è un punto che sottolinei, ci sono strutture che già ne stanno tenendo conto nella loro organizzazione...ma non saranno conoscenze fruibili a breve per tutti. Se lo saranno. E io, visto come va, credo che prima che lo siano ci saranno dei bei ribaltoni per le masse).
Sembra teoria, non lo è. Ha risvolti assolutamente pratici.
La scuola italiana si poggia sulla riforma gentile, fondamentalmente, stiamo parlando del 1923 per intenderci.
Negli anni e nei decenni, su quella base, che vedeva una netta distinzione fra le discipline (considerate ognuna a se stante) e partiva da una concezione del discente come tabula rasa (abbiente, in ogni caso. I poveri non erano considerati) si è strutturata l'attuale scuola.
Che è fondamentalmente il risultato di un percorso di adeguamento al passaggio del tempo fino ad arrivare ad oggi.
Da allora ad oggi, possiamo dire che è tutto parecchio stravolto e che la scuola non riesce ad innovarsi, strutturalmente proprio.
Dalla considerazione della cultura alla considerazione degli alunni e in modo più ampio, ma non indifferente alla considerazione del bambino nella società e delle diverse età della vita, che significa un cambiamento radicale nella considerazione dei bisogni, della rilevazione dei bisogni e delle metodologie per rispondere ai bisogni.
Da non dimenticare che la scuola è una istituzione.
Quindi non risponde ai bisogni del singolo. Ma risponde ai bisogni di una società che progetta se stessa.
Cominci a vedere il tuo elenco qui dentro?

In tutto questo, fai due conti sull'età media dei docenti italiani...e tutto torna.
Dall'album dei ricordi: ho avuto due grandiosi professori alle superiori: mi hanno insegnato ad amare il mistero dell'evoluzione della mente e i processi di formazione della coscienza e della conoscenza.
Poi...io sono mancina. Presente che bello avere insegnanti che ancora mescolavano realtà e superstizione e mi hanno obbligata a tenere le mano sinistra dietro la schiena per tutta la prima elementare obbligandomi ad usare la destra perchè la sinistra era la mano del diavolo?

(l'uso della mano non è casuale, indica una struttura oppure un altra a livello cerebrale, tocca questioncine come per esempio la lateralizzazione...ma ad oggi, per quanto non si obblighi più l'uso della mano, pochissimi docenti sanno come è fatto e come funziona il cervello).