Ma dimmi c’è peggior insidia che amarsi con monotonia

Nicky

Utente di lunga data
Dipende tutto dal significato che si dà al concetto di amore.
Per me è cura e attenzione. Il giorno che non ne avrò più per marito significherà che gli voglio solo bene. In ogni caso non una ragione per disfare tutto a parer mio salvo che uno o l’altro si siano innamorati di terzi.
Non so, io lego la cura e le attenzioni al voler bene, mentre l'amore per un uomo è, per me, fatto anche di passione, di piacere, di gioia di vivere le cose insieme.
Personalmente, poi, l'amore che vorrei sentire è quello che rende inutili le esperienze con altri. Non so se esista, se possa durare o quanto..
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Questo verso di una canzone a me cara mi fa sempre molto riflettere.
Amarsi con monotonia credo alluda a quando non c’è più nulla dell’altro/a che tu possa scoprire.
Quando in un certo senso si diventa un libro aperto.
Eppure capita a tutti, a tutte le coppie di lungo corso.
Voi che ne pensate?
Come spesso succede in questo tipo di confronti di opinioni, bisogna intendersi su alcuni capisaldi, primo dei quali è il significato dei termini sui quali si imposta il confronto.

Amarsi con monotonia, per dire, è una locuzione che contiene una contraddizione interna rilevante, che mi appare evidente.
L'amore è un sentimento "dinamico" mentre il concetto di "monotonia" indica staticità, ripetitività, insomma fa pensare ad una specie di "noia permanente". Secondo me, amarsi con monotonia è la negazione dell'amore, per essere chiari.

Allora, in termini relazionali, la coppia di lungo corso può andare avanti - quando l'attrazione fisica si attenua - solo se c'è reciproca convenienza, anche solo con riferimento alla c.d. comfort zone, che si è creata.

In quella evenienza, l'infedeltà di breve o media durata (l'unica che fa sopravvivere l'unione dei partners) acquista il senso della soddisfazione temporanea del bisogno innato di "novità", che di tanto in tanto riaffiora, dopo di che si rientra nella comfort zone, che è il rifugio tranquillo dei sentimenti.

Una delle possibili spiegazioni della durata delle relazioni di coppia, sempre secondo me, è proprio la convenzione che si instaura tra i partners, quando la coppia si è consolidata (nell'abitudine reciproca, nella articolazione familiare, nella socialità familiare e di comunità), è la condivisione (quasi sempre implicita, tacita) del valore preminente della coppia come "rifugio" tranquillo nei confronti delle avversità e dei problemi esterni.

Ed allora, le uscite temporanee ed i ritorni a breve "garantiti" acquistano un senso che permette di considerare durevole la coppia.
Ma è una forma di gioco d'azzardo, cioè una condizione di assunzione dei rischi di fare saltare tutto.
La "scoperta" della divagazione, infatti, altera l'equilibrio faticosamente realizzato (basato sulla fiducia reciproca) e, molto spesso, conduce alla fine della coppia (a breve o più lungo termine).

Alla fine della vicenda, spesso è proprio il partner traditore che finisce con rimpiangere la comfort zone che è venuta meno, quella che, più o meno consapevolmente, con il suo comportamento ha distrutto.
Una sorta di celebrazione (postuma) della noia, che lo aveva motivato a divagare ...
 

Gaia

Utente di lunga data
Ho appena letto questa cosa.

«Se il tradimento non è solo un esercizio di sessualità a bassa definizione, io penso che abbia una sua dignità e soprattutto che non debba essere giudicato da figli adulti che, nel condannarlo, pensano di più alla loro quiete perduta che al percorso anche drammatico in cui chiunque di noi, a un certo punto della sua vita, può venirsi a trovare. Tradire un amore, tradire un amico, tradire un'idea, tradire un partito, tradire persino la patria significa infatti svincolarsi da un'appartenenza e creare uno spazio di identità non protetta da alcun rapporto fiduciario, e quindi in un certo senso più autentica e vera. Nasciamo infatti nella fiducia che qualcuno ci nutra e ci ami, ma possiamo crescere e diventare noi stessi solo se usciamo da questa fiducia, se non ne restiamo prigionieri, se a coloro che per primi ci hanno amato e a tutti quelli che dopo di loro sono venuti, un giorno sappiamo dire: "Non sono come tu mi vuoi". C'è infatti in ogni amore, da quello dei genitori, dei mariti, delle mogli, degli amici, degli amanti a quello delle idee e delle cause che abbiamo sposato, una forma di possesso che arresta la nostra crescita e costringe la nostra identità a costituirsi solo all'interno di quel recinto che è la fedeltà che non dobbiamo tradire. Ma in ogni fedeltà che non conosce il tradimento e neppure ne ipotizza la possibilità c'è troppa infanzia, troppa ingenuità, troppa paura di vivere con le sole nostre forze, troppa incapacità di amare se appena si annuncia un profilo d'ombra. Eppure senza questo profilo d'ombra, quella che puerilmente chiamano "fedeltà" è l'incapacità di abbandonare lidi protetti, di uscire a briglia sciolta e a proprio rischio verso le regioni sconosciute della vita che si offrono solo a quanti sanno dire per davvero "addio". E in ogni addio c'è lo stigma del tradimento e insieme dell'emancipazione. C'è il lato oscuro della fedeltà che però è anche ciò che le conferisce il suo significato e che la rende possibile. Fedeltà e tradimento devono infatti l'una all'altro la densità del loro essere che emancipa non solo il traditore ma anche il tradito, risvegliando l'un l'altro dal loro sonno e dalla loro pigrizia emancipativa impropriamente scambiata per "amore". Gioco di prestigio di parole per confondere le carte e barare al gioco della vita. Il traditore di solito queste cose le sa, meno il tradito che, quando non si rifugia nella vendetta, nel cinismo, nella negazione o nella scelta paranoide, finisce per consegnarsi a quel tradimento di sé che è la svalutazione di se stesso per non essere più amato dall'altro, senza così accorgersi che allora, nel tempo della fedeltà, la sua identità era solo un dono dell'altro. Tradendolo l'altro lo consegna a se stesso, e niente impedisce di dire a tutti coloro che si sentono traditi che forse un giorno hanno scelto chi li avrebbe traditi per poter incontrare se stessi, come un giorno Gesù scelse Giuda per incontrare il suo destino. Sembra infatti che la legge della vita sia scritta più nel segno del tradimento che in quello della fedeltà, forse perché la vita preferisce di più chi ha incontrato se stesso e sa chi davvero è, rispetto a chi ha evitato di farlo per stare rannicchiato in un'area protetta dove il camuffamento dei nomi fa chiamare fedeltà e amore quello che in realtà è insicurezza o addirittura rifiuto di sapere chi davvero si è, per il terrore di incontrare se stessi, un giorno almeno, prima di morire, con il rischio di non essere mai davvero nati.»

(Umberto Galimberti)
 

Rebecca89

Sentire libera
Ho appena letto questa cosa.

«Se il tradimento non è solo un esercizio di sessualità a bassa definizione, io penso che abbia una sua dignità e soprattutto che non debba essere giudicato da figli adulti che, nel condannarlo, pensano di più alla loro quiete perduta che al percorso anche drammatico in cui chiunque di noi, a un certo punto della sua vita, può venirsi a trovare. Tradire un amore, tradire un amico, tradire un'idea, tradire un partito, tradire persino la patria significa infatti svincolarsi da un'appartenenza e creare uno spazio di identità non protetta da alcun rapporto fiduciario, e quindi in un certo senso più autentica e vera. Nasciamo infatti nella fiducia che qualcuno ci nutra e ci ami, ma possiamo crescere e diventare noi stessi solo se usciamo da questa fiducia, se non ne restiamo prigionieri, se a coloro che per primi ci hanno amato e a tutti quelli che dopo di loro sono venuti, un giorno sappiamo dire: "Non sono come tu mi vuoi". C'è infatti in ogni amore, da quello dei genitori, dei mariti, delle mogli, degli amici, degli amanti a quello delle idee e delle cause che abbiamo sposato, una forma di possesso che arresta la nostra crescita e costringe la nostra identità a costituirsi solo all'interno di quel recinto che è la fedeltà che non dobbiamo tradire. Ma in ogni fedeltà che non conosce il tradimento e neppure ne ipotizza la possibilità c'è troppa infanzia, troppa ingenuità, troppa paura di vivere con le sole nostre forze, troppa incapacità di amare se appena si annuncia un profilo d'ombra. Eppure senza questo profilo d'ombra, quella che puerilmente chiamano "fedeltà" è l'incapacità di abbandonare lidi protetti, di uscire a briglia sciolta e a proprio rischio verso le regioni sconosciute della vita che si offrono solo a quanti sanno dire per davvero "addio". E in ogni addio c'è lo stigma del tradimento e insieme dell'emancipazione. C'è il lato oscuro della fedeltà che però è anche ciò che le conferisce il suo significato e che la rende possibile. Fedeltà e tradimento devono infatti l'una all'altro la densità del loro essere che emancipa non solo il traditore ma anche il tradito, risvegliando l'un l'altro dal loro sonno e dalla loro pigrizia emancipativa impropriamente scambiata per "amore". Gioco di prestigio di parole per confondere le carte e barare al gioco della vita. Il traditore di solito queste cose le sa, meno il tradito che, quando non si rifugia nella vendetta, nel cinismo, nella negazione o nella scelta paranoide, finisce per consegnarsi a quel tradimento di sé che è la svalutazione di se stesso per non essere più amato dall'altro, senza così accorgersi che allora, nel tempo della fedeltà, la sua identità era solo un dono dell'altro. Tradendolo l'altro lo consegna a se stesso, e niente impedisce di dire a tutti coloro che si sentono traditi che forse un giorno hanno scelto chi li avrebbe traditi per poter incontrare se stessi, come un giorno Gesù scelse Giuda per incontrare il suo destino. Sembra infatti che la legge della vita sia scritta più nel segno del tradimento che in quello della fedeltà, forse perché la vita preferisce di più chi ha incontrato se stesso e sa chi davvero è, rispetto a chi ha evitato di farlo per stare rannicchiato in un'area protetta dove il camuffamento dei nomi fa chiamare fedeltà e amore quello che in realtà è insicurezza o addirittura rifiuto di sapere chi davvero si è, per il terrore di incontrare se stessi, un giorno almeno, prima di morire, con il rischio di non essere mai davvero nati.»

(Umberto Galimberti)
Insomma.
Allora il paradiso è l inferno.
E il bianco è uguale al nero.
Sono d' accordo su alcune cose.
Ma credo nella fiducia tanto quanto sono consapevole che il tradimento esiste ed è possibile.
A volte mi sembra che i traditori stessi cerchino una giustificazione buona. E mi dispiace, non lo comprendo.
Andare poi a cercare di dargli un significato positivo, logico, che senso ha? Questo non lo capisco. Lo hai fatto perché hai voluto farlo. Se pensi di aver fatto bene sono cazzi tuoi così come se te ne penti dopo, ma qui ci leggo una quasi voglia di pulirsi la coscienza. Che non dovresti considerare sporca, hai fatto quello che volevi, punto. Tranne quei casi in cui ci si pente. Ma comunque lo hai fatto, il dopo è altra storia.
Ognuno ha le sue motivazioni. Ognuno quello che fa, lo sa bene nel momento che lo fa. Lo sa prima, lo sa mentre, e pure dopo. Siamo fatti di scelte. Ognuno si prenda le sue conseguenze in silenzio, ma arrivare praticamente a dire che addirittura all' altro fa quasi un favore perché un domani lo ringrazierà di aver scoperto sé stesso è, per me, una cagata enorme.
 

Gaia

Utente di lunga data
Insomma.
Allora il paradiso è l inferno.
E il bianco è uguale al nero.
Sono d' accordo su alcune cose.
Ma credo nella fiducia tanto quanto sono consapevole che il tradimento esiste ed è possibile.
A volte mi sembra che i traditori stessi cerchino una giustificazione buona. E mi dispiace, non lo comprendo.
Andare poi a cercare di dargli un significato positivo, logico, che senso ha? Questo non lo capisco. Lo hai fatto perché hai voluto farlo. Se pensi di aver fatto bene sono cazzi tuoi così come se te ne penti dopo, ma qui ci leggo una quasi voglia di pulirsi la coscienza. Ognuno ha le sue motivazioni. Ognuno quello che fa, lo sa bene nel momento che lo fa. Lo sa prima, lo sa mentre, e pure dopo. Siamo fatti di scelte. Ognuno si prenda le sue conseguenze in silenzio, ma arrivare praticamente a dire che addirittura all' altro fa un quasi un favore perché un domani lo ringrazierà di aver scoperto sé stesso è, per me, una cagata enorme.
Mi ha colpito perché parla di una ricerca della conoscenza di sé e di uno spazio individuale.
In qualche modo mi sembra confacente a quello che ho provato io.
 

Rebecca89

Sentire libera
Mi ha colpito perché parla di una ricerca della conoscenza di sé e di uno spazio individuale.
In qualche modo mi sembra confacente a quello che ho provato io.
Lo spazio individuale, se si è bravi dall' inizio a scinderlo nella coppia, c è senza dover comunque arrivare a questo. Poi che ci sono tradimenti e tradimenti, con svariate motivazioni e motivazioni, ok.
Ma per me la citazione per questo contesto si può risparmiare.
 

Gaia

Utente di lunga data
Lo spazio individuale, se si è bravi dall' inizio a scinderlo nella coppia, c è senza dover comunque arrivare a questo. Poi che ci sono tradimenti e tradimenti, con svariate motivazioni e motivazioni, ok.
Ma per me la citazione per questo contesto si può risparmiare.
Nel mio caso essendoci incontrati da giovani, io e lui siamo stati incapaci di scinderlo.
Quando sei giovane l’amore è totalizzante e ti investe come un tir. Una sensazione bellissima che ti fagocita e che credo si possa provare con quella intensità solo in quel momento della vita.
Poi si cresce e il nostro io si forma del tutto e se ci penso il mio si è formato anche in funzione sua.
Siamo stati come vasi comunicanti.
Non solo un intreccio di vita, ma soggetti collegati da un invisibile cordone ombelicale da cui entrambi abbiamo attinto e ci siamo nutriti.
 

destroyah

Utente di lunga data
Mi sembra pochino.
Non provi nulla per tua moglie?
Tanto affetto ma poco amore.
La malattia cronica che lei ha mi fa sentire piu' carer che marito. Ora non pensare che lei non sia autosufficiente, e' una persona normale, appare normale ma ha comunque una patologia neurologica seria che senza medicine potrebbe essere mortale.
Inizio' di punto in bianco dal 2013 essendo lei sempre stata in salute prima.
Poi aggiungi mia madre che ha avuto Alzheimer ed e' morta 4 anni fa. Mio padre 90enne che e' si in salute ma soffre di ansia. La famiglia di mia moglie che per narcisismo patologico non ha fatto nulla per aiutare, ma non ti parlo di aiuto concreto, ma anche un solo, 'ti serve una mano, noi siamo qui se serve'.
Insomma sono esausto.
Lo so che ho dei doveri ma sentirmi un carer mi pesa.
 
Ultima modifica:

Nicky

Utente di lunga data
Mi ha colpito perché parla di una ricerca della conoscenza di sé e di uno spazio individuale.
In qualche modo mi sembra confacente a quello che ho provato io.
Anche io lo trovo un buon testo, penso che ognuno di noi a volte per evolvere debba anche tradire e tradirsi.
È l'unico senso che trovo a questi accadimenti.
 

Nicky

Utente di lunga data
Tanto affetto ma poco amore.
La malattia cronica che lei ha mi fa sentire piu' carer che marito. Ora non pensare che lei non sia autosuffuciente, e' una persona normale, appare normale ma ha comunque una patologia neurologica seria che senza medicine potrebbe essere mortale.
Inizio' di punto in bianco dal 2013 essendo lei sempre stata in salute prima.
Poi aggiungi mia madre che ha avuto Alzheimer ed e' morta 4 anni fa. Mio padre 90enne che e' si in salute ma soffre di ansia. La famiglia di mia moglie che per narcisismo patologico non ha fatto nulla per aiutare, ma non ti parlo di aiuto concreto, ma anche un solo, 'ti serve una mano, noi siamo qui se serve'.
Insomma sono esausto.
Lo so che ho dei doveri ma sentirmi un carer mi pesa.
Capisco perfettamente, purtroppo il rapporto si altera in questi casi.
Magari cambiare paese vi sarà di aiuto.
 
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