non è una critica ma un mio parere sull'atteggiamentoHo talmente sofferto delle critiche dopo la morte di mio padre, che non mi permetterei mai di criticare chi ha subito un lutto.
non è una critica ma un mio parere sull'atteggiamentoHo talmente sofferto delle critiche dopo la morte di mio padre, che non mi permetterei mai di criticare chi ha subito un lutto.
Io non uso il termine patriarcato, proprio non mi piace per più ragioni. Innanzitutto è equivocabile e contestabile, alcune addirittura lo oppongono a un immaginario matriarcato, sulla base di pochissimi ritrovamenti archeologici.Se fossimo su un forum, si potrebbero mettere sub-titoli per ciascun argomento trattato.
Gli argomenti trattati, però, mi sembrano corrispondere, a quelli dell'intervento riportato da Omicron.
Il case-story è la vicenda dell'omicidio di Cecchettin. Ma poi il discorso si amplia e diventa generale.
Abbiamo già constatato alcune differenze interpretative tra noi sull'argomento.
Ci stanno, il confronto è sempre utilissimo, a condizione che non si voglia imporre il proprio punto di vista, che è un po' il mantra moderno...
Beh, io faccio l'analista di fatti umani (certo, con l'attendibilità di un titolare di osteria, che osserva la realtà dal suo punto di vista). Da qualche cosa bisogna partire per provare a capire, meglio, interpretare.
Quando parli con qualcuno, da adolescente ad anziano, ti fai sempre un'idea sul tipo di personalità che hai di fronte. Giusto?
Non ho la pretesa di essere un qualificato esperto in psichiatria o psicologia, ma ascolto molto le persone ed ho fatto, a spanne, un po' di pratica nell'interrogarle.
Il mestiere di genitore non ce lo insegnano come materia di studio.
In parte lo apprendiamo ciascuno dall'esempio dei propri genitori.
Nel bene e nel male (anche capendo che non lo sanno fare, sempre utile è).
I miei genitori sono stati "normali", affettuosi ma anche rigidi quando occorreva. Hanno sempre cercato di spiegare le ragioni dei loro "no". Anche di qualche scappellotto. In certi momenti, ho trovato alcune loro prese di posizione non comprensibili, persino ingiuste. Dopo 15/20 anni ho capito che avevano ragione.
E mio fratello, che di scappellotti e di "no" ne ha presi più di me, concorda pienamente.
Nei limiti del possibile, ci hanno accompagnato da lontano, lasciandoci fare le nostre esperienze, anche negative.
Per poi discuterci sopra, facendoci capire che le sconfitte negli sport, i due di picche sentimentali, le disfatte anche scolastiche, si superano cercando di analizzare le motivazioni dei comportamenti e le relative conseguenze: insomma,
imparare da tutte le lezioni impartite dalla vita.
Poi, ho avuto, nel lavoro, un secondo padre, durissimo e rigido (terrore di collaboratori e dipendenti), ma onesto nell'assumere le decisioni e pretendere trasparenza e linearità di comportamenti.
Io avevo venti anni, lui quaranta anni di più quando sono andato al colloquio con lui. Sono rimasto affascinato dalla sua personalità, fortissima. Ero studente universitario, mi ha preso e, poi, con gli anni sono diventato il suo braccio destro.
Aveva un figlio, che educativamente ha massacrato e reso insicuro. Siamo rimasti sempre amici, vive in Italia da pensionato, ha dieci anni più di me, e tuttora mi dice che io sarei stato il figlio putativo di suo padre, quello che avrebbe voluto avere. Ma andiamo d'accordissimo, in qualche modo ci sentiamo affratellati.
Per dire, ho ricevuto - indirettamente - un addizionale esempio educativo negativo (improntato all'intransigenza) ed ho imparato anche da quello (cosa non fare).
E qui condivido la tua impressione che veramente i genitori nati negli anni settanta, ottanta e novanta, abbiano avuto seri problemi di orientamento educativo (che poi hanno tramandato alla loro prole), combattuti tra i residui dell'educazione tradizionale e le concezioni libertarie ed innovative del '68.
Un vecchio amico, preside di facoltà universitaria, reduce del '68 riconobbe che il nuovo sistema educativo uscito fuori da quelle lotte, nacque male, tra tante contraddizioni che non si sono risolte del tutto.
Sono frutto, per me, dell'incertezza educativa e della equivoca illusione che la libertà sia una valore così assoluto da incorporare la violenza come modo di prevaricazione per avere successo e benessere. Trovo che ci sia un parallelismo con il c.m. maschilismo discriminatore.
Se vuoi, sostengo che questo maschilismo non sia frutto esclusivo di una sorta di tradizione, piuttosto di un robusto innesto di moderna anarchica reazione al femminismo. Ecco perché ritengo che non ci sia da invocare un ritorno del patriarcato o della società patriarcale (come la vuoi mettere tu) ma che sia un fenomeno di reazione decisamente moderna, dove le antiche categorie discriminatorie sono state rielaborate.
Su questo punto, mi riservo di tornarci sopra.
Però, da un genitore annichilito dall'enormità del fatto commesso dal figlio può esserci una reazione istintiva di protezione. Sbagliata, ma umana.
Situazione totalmente diversa dall'humus familiare dei delinquenti della strage del Circeo.
Conoscevo abbastanza bene uno di loro e quel giro.
Lo nota chiunque.non è una critica ma un mio parere sull'atteggiamento
Il maschilismo ormai è ridotto a fenomeno residuale, c'è, ovviamente, ma è ampiamente superato negli schemi che possiamo efinire asfissianti di un tempo, almeno da noi e nella popolazione più istruita.Io non uso il termine patriarcato, proprio non mi piace per più ragioni. Innanzitutto è equivocabile e contestabile, alcune addirittura lo oppongono a un immaginario matriarcato, sulla base di pochissimi ritrovamenti archeologici.
Ma credo che ogni persona abbia bisogno di immaginare il passato e il futuro come è più funzionale al proprio presente.
Per questo non mi piace patriarcato. Semmai parlo di maschilismo che è più individuale. Vedi la discussione su Giulia.
Però quando la negazione del patriarcato diventa negazione del maschilismo diffuso rimango davvero stupita. Perché è impossibile non vederlo.
Anche le malattie mentali e i disagi psicologici o psichiatrici si manifestano in modi diversi in società diverse, oltre a essere considerati anomalie o no.
Ho visto una bella miniserie su un processo ai nazisti a Francoforte nel 63.
Ho scoperto che un marito, nella fiction addirittura il fidanzato ufficiale, in Germania aveva il diritto di presentare le dimissioni della moglie, se desiderava che non lavorasse, indipendentemente dal consenso della donna. Oggi se uno si presentasse nel luogo di lavoro della moglie dicendo una cosa del genere, verrebbe considerato matto, prima ancora che uno che commette un sopruso.
Ma vale anche per molte cose che oggi ci appaiono assurde. Siamo certi che oggi non vi siano abitudini che ci appariranno nello stesso modo tra qualche decennio?
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Tutto giusto o quasi.Il maschilismo ormai è ridotto a fenomeno residuale, c'è, ovviamente, ma è ampiamente superato negli schemi che possiamo efinire asfissianti di un tempo, almeno da noi e nella popolazione più istruita.
Non si può andare oltre perché comunque una certa differenza di ruoli è necessario, non si può pretendere che una donna faccia lavori pesanti come l'uomo, contestazione tipica di chi si oppone al femminismo, né che le donne abbiano valutazioni, anche positive, differenti in quanto donne, quando non entri in gioco nello specifico il genere.
Per quanto mi riguarda la libertà di scegliere liberamente come vivere oggi è un superamento del maschilismo di un tempo, dopodiché a livello individuale non si possono fare valutazioni.
Secondo me abbiamo un altro problema oggi, nelle nuove generazioni, proprio in conseguenza di questo cambiamento, ovvero un'estrema diffidenza nel rapportarsi tra i generi, che porta a difficoltà nella convivenza e nell'elaborazione di progetti di coppia duraturi.
Coppie che durano poco, età molto avanzata per i progetti, scarsa natalità, alta percentuale di single non per scelta, solitudine, difficoltà col welfare che non è sostenibile in una società sempre più costituita da individui.
Sono problemi importanti, decisamente più attuali dello schema patriarcale che viene riproposto in questi giorni, a mio parere per distrarre un po' dai problemi tangibili che sta dando la crisi e che va a impattare su tutti.
La nostra libertà e il femminismo sono figli della capacità economica accresciuta, non dimentichiamolo.
Nella società contadina e industriale degli albori la schema patriarcale era necessario soprattutto per le fasce della popolazione. più popolari.
Era una forma assistenziale, che è venuta meno quando le persone sono state in grado economicamente in gran parte di sopravvivere da sole e quindi di acquisire indipendenza e libertà.
Sono sempre convinto che la rivendicazione dei diritti sia sempre conseguita a un ottenimento parziale degli stessi. Per fare un esempio, oggi si parla di patriarcato anche in Tv e nei media popolari proprio perché è residuale.
Ovvero dalla rivoluzione si è passati alla conservazione.
Tutto ciò che va in TV e diventa popolare, anche nelle contestazioni, è quasi sempre ormai residuale e superato.
I media sono sempre conservatori o reazionari.
Era tutto diffuso a Roma e Milano, ma non a Barletta o Gela.D'altronde musicalmente la Mannoia oggi ha fatto su una sua canzone un'operazione che era già stata fatta da un cantautore molto popolare negli anni 70, Venditti, con Marta.
Quel suo "digli di no" in una canzone comunque destinata al grande pubblico, non era già rivoluzionario allora, si inseriva nei costumi dell'epoca, usava le parole in voga nelle nuove generazioni da anni, era già la rivoluzione del linguaggio e dei rapporti che era approdata nella musica leggera di massa. Se non lo era allora non può esserlo più oggi.
Marta secondo me è una bella canzone, musicalmente parlando ha un'intensità straordinaria, ma era già per il grande pubblico.
Mostrava concetti che presso un'ampia fascia della popolazione erano già molto popolari.
Ma soprattutto Marta era anche Antonello. Geniale.
Era il 1974.
Prega Marta nella sera
Nessun Dio risponderà
Ogni giorno una preghiera
E una falsa libertà
La giornata è stata dura
Piena di contrarietà
Il lavoro e poi la scuola
E un ragazzo che non va
Urla Marta non pregare
Se tuo padre chiederà
Il salario o la pagella
Per la sua complicità
Digli di no, digli di no, digli di no, digli di no
Io, io non sono niente
Ma ho vissuto come te
Sempre chiuso nello specchio
Aspettando un altro me
Lotta Marta nella sera
Io sarà vicino a te
Amerò le tue speranze
Il tuo tempo vincerà
Anche per me, anche per me, anche per me
Anche per me, anche per me, anche per me
Anche per me, anche per me, anche per me
Anche per me
A molte donne non piace guidare.Tutto giusto o quasi.
Guarda le auto in giro con una coppia. Chi è alla guida?
Quindi si può dire che non fosse un nostro problema e non lo sarebbe più ora.Era tutto diffuso a Roma e Milano, ma non a Barletta o Gela.
dipende, se è la mia macchina, guido io, se è la sua macchina, guida luiTutto giusto o quasi.
Guarda le auto in giro con una coppia. Chi è alla guida?
Ho fatto una domanda a cui hai risposto implicitamente.A molte donne non piace guidare.
Ad alcune sì. E non lasciano l'auto a casa se guidano.
Non ho detto tu o io. Ho detto di osservare gli altri.dipende, se è la mia macchina, guido io, se è la sua macchina, guida lui
Io mi faccio piacevolmente portare in giro da sempre se sto in macchina con mia moglie.dipende, se è la mia macchina, guido io, se è la sua macchina, guida lui
Ma è anche giusto.Ho fatto una domanda a cui hai risposto implicitamente.
E si va a casa di qualcuno a cena, mentre i padroni di casa portano via i piatti (quando lo fanno entrambi) chi dice “ti do una mano?” Lascia stare che tu lo fai. Non è diffuso.
Queste semplici osservazioni denotano una divisione di ruoli anche nel quotidiano che sono residuali del passato, ma permangono. E meno le persone sono acculturate, più ci sono aspettative del rispetto dei ruoli.
Allora non mi somigliMa è anche giusto.
E' una divisione dei ruoli, necessaria per diverse affinità e competenze.
E' anche un modo per non calpestarsi e avere il proprio spazio.
Non si può essere totalmente intercambiabili e uguali.
Ci si troverebbe fastidiosi. Immaginati due che vogliono cucinare entrambi e sgomitano per lavare i piatti.
O litigano per chi deve guidare.
A me non piace quando mia moglie guida solo perché va troppo veloce e si incazza gesticolando con gli altri automobilisti.
Io sono lento, calmo, rilassante e come dice mia figlia noiosissimo alla guida.
Ripeto, tu e io non c’entriamo niente.Ma è anche giusto.
E' una divisione dei ruoli, necessaria per diverse affinità e competenze.
E' anche un modo per non calpestarsi e avere il proprio spazio.
Non si può essere totalmente intercambiabili e uguali.
Ci si troverebbe fastidiosi. Immaginati due che vogliono cucinare entrambi e sgomitano per lavare i piatti.
O litigano per chi deve guidare.
A me non piace quando mia moglie guida solo perché va troppo veloce e si incazza gesticolando con gli altri automobilisti.
Io sono lento, calmo, rilassante e come dice mia figlia noiosissimo alla guida.
Non avevo visto questa intervista.Per me tutta la famiglia prende antidepressivi a garganella.
Da Bologna in avanti ioTutto giusto o quasi.
Guarda le auto in giro con una coppia. Chi è alla guida?
Credo nella maggior parte delle famiglie. Per questo ho trovato una spiegazione nell’uso di farmaci.Non avevo visto questa intervista.
Non è che sono proprio reazioni normali, in quella famiglia, viene da dire.
Manco è stato celebrato il funerale della povera Giulia e la nonna approfitta del clamore mediatico per dare risalto al suo libro.
Nella mia famiglia, si sarebbe cancellata la presentazione e rinviata più avanti
Ribadisco che ho detto di guardare gli altri.Da Bologna in avanti io