Niente figli

spleen

utente ?
Non sono d'accordo sai? :D

La questione di assunzione di responsabilità io la trovo fondante. E non per niente scontata.

Mi ritrovo giornalmente ad assistere a scene che parlano di un grande ammmore per i figli, ma dal punto di vista della responsabilità e della cura, che discende dall'essersi assunti la responsabilità di farne, non trovano appigli.

E penso sia piuttosto egoistico, e lo ribadisco, fare un figlio perchè s'ha da fare, perchè è un bellissimo cucciolo (con la sequenza di occhi a cuore, sbaciucchiamenti e iphone da 600 euro....) ma poi non assumersene la responsabilità nella concretezza delle piccole cose.

Dai no. Ai sì. Coerenti. Meditati. Solidi. Tanto per partire dalla base.

I figli non sono emanazioni. Per quanto lo divengano molto spesso, intrappolati nei desideri narcisistici dei genitori.

Ma sono esseri che hanno comunque bisogno di essere curati e protetti per qualche annetto prima di essere indipendenti e autonomi.

Ed è in quegli annetti che io vedo la differenza fra buoni sentimenti e responsabilità e cure amorevoli.

Quanto alla natura. Non mi riferivo a specie che non si riproducono. Mi riferivo ad organizzazioni sociali in gruppi in cui non tutte le femmine e non tutti i maschi si riproducono. MA solo alcuni. Penso ai lupi, o agli oranghi. per dire.

Solo qualcuno si riproduce, in questo io vedo la non obbligatorietà alla riproduzione.

E allo stesso modo la vedo in umana. Qualcuno fa bene a riprodursi. Qualcuno farebbe bene ad evitare e darsi all'agricoltura. Qualcun altro può contribuire al futuro della specie com-partecipando indirettamente alla cura della prole.

Se la riproduzione è una questione di specie, e lo è, allora è della specie che si parla e non dei singoli. E ogni singolo dovrebbe essere attento alla cura.

Cosa che nei gruppi umani non avviene. Per esempio.

Perchè un figlio è "mio" e guai a chi si azzarda a compartecipare alla sua crescita. Riguardo a questo basti osservare la conflittualità crescente fra l'istituzione educativa scolastica e le famiglie....giusto per lanciare un'altro spunto.

E pongo un'altra questione: come può una società pensare di proseguire a se stessa se vive contemporaneamente l'individualità della scelta di fare un figlio ma non può contare sulla collettività nella gestione del figlio?

E la mia non è una ode ai bei tempi andati in cui si andava spensierati a giocare nei campi di grano...constato il fatto che le famiglie sono cellule tendenzialmente isolate...nel senso che socialmente l'uso della collaborazione fra famiglie spetta agli individui e non ad un'organizzazione di rete sociale.
In un contesto del genere a me pare ovvio che si colpevolizzi la questione economica...ma è un falso problema. Per come la vedo io.

Penso che invece sia carente la consapevolezza che i figli sono futuro sociale e non familiare. E che questo derivi anche dal non sentirsi parte di un gruppo sociale.
La faccenda della responsabilità io la trovo importante (non l'ho esclusa) ma non fondante e ti spiego perchè:
Come facciamo a stabilire chi possa fare figli e chi no?
Secondo me non dobbiamo caricare più di tanto, nella sostanza la maternità e la paternità di significati etico - sociale - razionale.
Perchè dietro l'angolo, se lo facciamo c'è sempre la nostra inadeguatezza, come minimo e autentiche mostruosità come massimo. (Il Fuhrer dei tedeschi che decideva chi si e chi no e che ne voleva molti perchè aveva bisogno di soldati).
Se solo le persone che sono in grado di ottemperare quello che abbiamo in mente facessero figli l'umanità si sarebbe del resto estinta da tempo.

Se parliamo di società animali attenzione, non ci sono individui che "scelgono" di non riprodursi, nella società dei lupi non lo fanno perchè la coppia dominante lo impedisce, la spinta a riprodursi c'è in ogni individuo possessore di capacità sessuale. Se etologicamente non succede è perchè è il gruppo sociale o compagine che pone dei limiti, mai ripeto per scelta individuale. E ribadisco che comunque parlare di natura in parallelo con noi è sempre scivoloso e puo essere fuorviante.
Non riesco a scrivere più di tanto, sono at work, magari stasera mi spiego meglio.......
 

brenin

Utente
Staff Forum
Vero.

Io appartengo già ad una generazione in cui quella compartecipazione stava cadendo.

E via via il fenomeno si è pronunciato sempre più.

Il vivere chiusi e ripiegati nella propria cellula porta a specchiarsi al proprio interno, fondamentalmente, e questo porta,fra la le diverse conseguenze, anche ad una caduta della fiducia a chi a quella cellula ristretta non appartiene.

"chi sei tu, per dire che mio figlio non è il top dei top???"

Chiedendo fra l'altro a chi ricopre un ruolo professionale di svolgere un ruolo materno...una confusione bella grande.
A cui compartecipano le professioniste che sovrappongono i due ruoli nel contesto professionale.

Si stanno sommando, e stanno venendo al pettine, superficialità gestionali del gruppo sociale italiano...secondo me.

Siano comunque in un paese che pur riempiendosi la bocca di famiglia e amore, non ha interventi coerenti per le donne e madri, non investe nella scuola, nella formazione e nella ricerca...etc etc

Si parla di futuro...ma si mantiene uno status quo volto alla tutela del passato. O fortemente volto a quello.

Sto semplificando....entrare nell'analisi profonda, significherebbe anche parlare di come sta variando l'idea di donna e uomo, il corpo dell'uomo e della donna, il corpo dei bambini e l'idea di bambino...

Su tutto ho in mente questa mamma, bellissima e curatissima, che teneva la sua bambina in modo bellissimo e curatissimo....e poi la sgridava perchè sporcava i leggins bianchi giocando al centro estivo nell'erba...mi hanno fatto molta tristezza, quella donna e quell'altra futura donna....
Problemi centrati perfettamente.... senza tralasciare - tra le altre cose - la scarsa cura che lo stato pone alla salute dei suoi piccoli cittadini....
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
La faccenda della responsabilità io la trovo importante (non l'ho esclusa) ma non fondante e ti spiego perchè:
Come facciamo a stabilire chi possa fare figli e chi no?
Secondo me non dobbiamo caricare più di tanto, nella sostanza la maternità e la paternità di significati etico - sociale - razionale.
Perchè dietro l'angolo, se lo facciamo c'è sempre la nostra inadeguatezza, come minimo e autentiche mostruosità come massimo. (Il Fuhrer dei tedeschi che decideva chi si e chi no e che ne voleva molti perchè aveva bisogno di soldati).
Se solo le persone che sono in grado di ottemperare quello che abbiamo in mente facessero figli l'umanità si sarebbe del resto estinta da tempo.

Se parliamo di società animali attenzione, non ci sono individui che "scelgono" di non riprodursi, nella società dei lupi non lo fanno perchè la coppia dominante lo impedisce, la spinta a riprodursi c'è in ogni individuo possessore di capacità sessuale. Se etologicamente non succede è perchè è il gruppo sociale o compagine che pone dei limiti, mai ripeto per scelta individuale. E ribadisco che comunque parlare di natura in parallelo con noi è sempre scivoloso e puo essere fuorviante.
Non riesco a scrivere più di tanto, sono at work, magari stasera mi spiego meglio.......
...non mi sembra di caricarli...per la verità, ma ci penso, potrebbe benissimo essere, resto comunque una femmina italiana romana cattolica...nonostante tutto ;):D

facevo un ragionamento molto pragmatico sulla responsabilità e sull'assunzione di responsabilità e cura.
Che non comprende il pensare neppur lontanamente ad altri se non a me riguardo l'assumerne o meno.

Ma mi concedo di giudicare. Apertamente.

Io sto sostenendo che il voler bene, l'amore, non è sufficiente se scoordinato da capacità concrete di responsabilità e cura dell'altro.

Inteso come altro da me. Essere unico e distinto.

E non parlo di perfezione. Ma parlo di attenzione. Costante. A se stessi e all'altro.
A non vomitare addosso all'altro, indifeso, le mie problematiche adulte, che siano di ordine economico o psicologico.
Parlo del garantire possibilità di sviluppo e crescita adeguato al contesto temporale e spaziale.

I buoni sentimenti o la fiducia nelle potenzialità dell'altro non le trovo sufficienti.

Cado nel personale. Solo un momento.

Mia madre mi ha partorita non volendomi. E vive costantemente nell'oscillazione fra i sentimenti che prova per me e il rifiuto di me.
Soffre. Ogni giorno. E tanto.

Lei sente di non aver avuto scelta. E' un qualcosa che la fa soffrire immensamente. Fuori, nel mondo, la scelta l'avrebbe avuta. Ma dentro se stessa non se l'è concessa.

La sua responsabilità sarebbe stata concedersela. Poi magari mi avrebbe ugualmente partorita, ma assumendosi la responsabilità di averlo fatto. E soffrendo meno. E riuscendo a vivere il piacere di avere una figlia.

Parlo di questo livello di responsabilità innanzitutto.
Uso mia madre perchè è vicina.

Ma potrei usare quelle madri a cui rimando i figli alle 9 di mattina perchè hanno la febbre a 39 chiedendomi come non se ne siano accorte.

E parlo di madri...ancora...che di padri ne vedo pochi, molto pochi....più che negli anni passati....ma pochetti. E io stessa mi mordo la lingua interna quando penso alle madri e non alla coppia genitoriale..(condizionamenti...ancora...)

Questa responsabilità di cura spicciola che prende echi e riflessi poi nelle pratiche educative. Dei sì e dei no.
Dell'accettazione dell'altro per quello che è e non perchè rispecchia quello che è stato quando era il bimbo o la bimba fantasmatica nell'utero.

E parlo di responsabilità perchè oggi come oggi queste sono abilità importanti. Non siamo più una società agricola intessuta di reti sociali in cui le carenze di uno venivano colmate dalle risorse di qualcun altro.

Una società costruita su cellule autoreferenziali tiene dentro di sè e amplifica in modo sistemico ogni cosa.

Non tener conto di queste variabili per come la vedo io, è non responsabilità.

SE mai dovessi avere un figlio, a questo mi preparerei. Per me. Per godere di lui/lei. E per permettere a lui/lei di godere del mondo. Per complicato sia.

Questo io.

Constato che non è così intorno a me. E si fanno figli per confermare il nuovo amore. Per esempio. O per consolidare una coppia che scoppia...poi certo, la vita prosegue....ma nel minestrone ci si dimentica troppo spesso che davvero le catene generazionali si ripetono e il carico anche del dolore cade su chi viene dopo.

Fare figli per amore...mi fa alzare il sopracciglio...se è l'unica motivazione.

In una società che non è in grado di assumere il dolore, che lo vuole annullare con la pastiglia veloce, o con la cura miracolosa, che non è in grado di assumere la morte come parte della vita e necessaria ala vita stessa...

Assumersi la responsabilità di fare figli, per come la vedo io, significa aver ben chiaro che non è solamente un'istanza individuale a cui si sta rispondendo, ma anche un'istanza sociale. Quando si educa un figlio, si sta educando una parte di società. E io penso che invece questo sia spesso dimenticato per poi scagliarsi lancia in resta contro la società stessa, ossia se stessi...

E mi collego alla coppia alfa...l'unica che si riproduce. In termini di organizzazione sociale è la coppia più forte, più resistente e furba. Quindi quella che geneticamente darà i geni migliori per il branco stesso. E il resto del branco si cura della prole. In virtù della vita del branco stesso.

Ed hai ragione...paragonarci al mondo animale è scivoloso...

Ma siamo anche noi animali, e animali sociali...purtroppo io ho la sensazione che la consapevolezza di esserlo stia cadendo a picco, in una deificazione individuale o, in altre società, nella deificazione del corpo sociale stesso.

Credo, ed era questo che sottolineavo con il paragone con il fatto che non tutti si riproducono pur compartecipando alla sopravvivenza di specie, che sia importante l'equilibrio dinamico fra individuo e gruppo sociale.
Ecco perchè non penso sia necessario un figlio "proprio" per compartecipare. E non vedo mancanza e termine nel non riprodursi direttamente.

E' semplicemente una dinamica sociale presente in altre specie, ma anche in altre organizzazioni sociali umane dove il figlio è figlio anche della madre e del madre ma anche del gruppo sociale di cui è parte, e il gruppo stesso compartecipa alla sua crescita. I tuoi famosi altri padri e altre madri.

..e se stasera riesci ad aggiungere cose dal punto di vista animale, sarebbe interessante!
mi manca anche giorgio in queste situazioni....anche lui aveva spunti interessanti a riguardo
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Problemi centrati perfettamente.... senza tralasciare - tra le altre cose - la scarsa cura che lo stato pone alla salute dei suoi piccoli cittadini....
..e sorvolando sul sostegno alle famiglie con piccoli cittadini problematici, disabili, disturbati...o alle famiglie con all'interno membri psichiatrici e etc etc...
 

Skorpio

Utente di lunga data
...non mi sembra di caricarli...per la verità, ma ci penso, potrebbe benissimo essere, resto comunque una femmina italiana romana cattolica...nonostante tutto ;):D

facevo un ragionamento molto pragmatico sulla responsabilità e sull'assunzione di responsabilità e cura.
Che non comprende il pensare neppur lontanamente ad altri se non a me riguardo l'assumerne o meno.

Ma mi concedo di giudicare. Apertamente.

Io sto sostenendo che il voler bene, l'amore, non è sufficiente se scoordinato da capacità concrete di responsabilità e cura dell'altro.

Inteso come altro da me. Essere unico e distinto.

E non parlo di perfezione. Ma parlo di attenzione. Costante. A se stessi e all'altro.
A non vomitare addosso all'altro, indifeso, le mie problematiche adulte, che siano di ordine economico o psicologico.
Parlo del garantire possibilità di sviluppo e crescita adeguato al contesto temporale e spaziale.

I buoni sentimenti o la fiducia nelle potenzialità dell'altro non le trovo sufficienti.

Cado nel personale. Solo un momento.

Mia madre mi ha partorita non volendomi. E vive costantemente nell'oscillazione fra i sentimenti che prova per me e il rifiuto di me.
Soffre. Ogni giorno. E tanto.

Lei sente di non aver avuto scelta. E' un qualcosa che la fa soffrire immensamente. Fuori, nel mondo, la scelta l'avrebbe avuta. Ma dentro se stessa non se l'è concessa.

La sua responsabilità sarebbe stata concedersela. Poi magari mi avrebbe ugualmente partorita, ma assumendosi la responsabilità di averlo fatto. E soffrendo meno. E riuscendo a vivere il piacere di avere una figlia.

Parlo di questo livello di responsabilità innanzitutto.
Uso mia madre perchè è vicina.

Ma potrei usare quelle madri a cui rimando i figli alle 9 di mattina perchè hanno la febbre a 39 chiedendomi come non se ne siano accorte.

E parlo di madri...ancora...che di padri ne vedo pochi, molto pochi....più che negli anni passati....ma pochetti. E io stessa mi mordo la lingua interna quando penso alle madri e non alla coppia genitoriale..(condizionamenti...ancora...)

Questa responsabilità di cura spicciola che prende echi e riflessi poi nelle pratiche educative. Dei sì e dei no.
Dell'accettazione dell'altro per quello che è e non perchè rispecchia quello che è stato quando era il bimbo o la bimba fantasmatica nell'utero.

E parlo di responsabilità perchè oggi come oggi queste sono abilità importanti. Non siamo più una società agricola intessuta di reti sociali in cui le carenze di uno venivano colmate dalle risorse di qualcun altro.

Una società costruita su cellule autoreferenziali tiene dentro di sè e amplifica in modo sistemico ogni cosa.

Non tener conto di queste variabili per come la vedo io, è non responsabilità.

SE mai dovessi avere un figlio, a questo mi preparerei. Per me. Per godere di lui/lei. E per permettere a lui/lei di godere del mondo. Per complicato sia.

Questo io.

Constato che non è così intorno a me. E si fanno figli per confermare il nuovo amore. Per esempio. O per consolidare una coppia che scoppia...poi certo, la vita prosegue....ma nel minestrone ci si dimentica troppo spesso che davvero le catene generazionali si ripetono e il carico anche del dolore cade su chi viene dopo.

Fare figli per amore...mi fa alzare il sopracciglio...se è l'unica motivazione.

In una società che non è in grado di assumere il dolore, che lo vuole annullare con la pastiglia veloce, o con la cura miracolosa, che non è in grado di assumere la morte come parte della vita e necessaria ala vita stessa...

Assumersi la responsabilità di fare figli, per come la vedo io, significa aver ben chiaro che non è solamente un'istanza individuale a cui si sta rispondendo, ma anche un'istanza sociale. Quando si educa un figlio, si sta educando una parte di società. E io penso che invece questo sia spesso dimenticato per poi scagliarsi lancia in resta contro la società stessa, ossia se stessi...

E mi collego alla coppia alfa...l'unica che si riproduce. In termini di organizzazione sociale è la coppia più forte, più resistente e furba. Quindi quella che geneticamente darà i geni migliori per il branco stesso. E il resto del branco si cura della prole. In virtù della vita del branco stesso.

Ed hai ragione...paragonarci al mondo animale è scivoloso...

Ma siamo anche noi animali, e animali sociali...purtroppo io ho la sensazione che la consapevolezza di esserlo stia cadendo a picco, in una deificazione individuale o, in altre società, nella deificazione del corpo sociale stesso.

Credo, ed era questo che sottolineavo con il paragone con il fatto che non tutti si riproducono pur compartecipando alla sopravvivenza di specie, che sia importante l'equilibrio dinamico fra individuo e gruppo sociale.
Ecco perchè non penso sia necessario un figlio "proprio" per compartecipare. E non vedo mancanza e termine nel non riprodursi direttamente.

E' semplicemente una dinamica sociale presente in altre specie, ma anche in altre organizzazioni sociali umane dove il figlio è figlio anche della madre e del madre ma anche del gruppo sociale di cui è parte, e il gruppo stesso compartecipa alla sua crescita. I tuoi famosi altri padri e altre madri.

..e se stasera riesci ad aggiungere cose dal punto di vista animale, sarebbe interessante!
mi manca anche giorgio in queste situazioni....anche lui aveva spunti interessanti a riguardo
Io penso che sia in gran parte condivisibile ciò che dici.. ma il problema è che il desiderio di avere figli, o di trasgredire, o di fare una famiglia "solida" o una "coppia aperta" nascano da motivazioni individuali le più disparate.
E stabilire quali sono le motivazioni "giuste" è un bel cavolo di problema, perché vuol dire stabilire un modello discostandosi dal quale si cade inevitabilmente nell'errore..
Ognuno ha dentro di se il proprio, risultato di svariate situazioni ed esperienze.. esistono modelli assai elastici, ed altri rigidi. Lungi da me l'idea di selezionare il modello inequivocabilmente "giusto", ma devi convenire con me che se questo tuo modello venisse applicato convintamente dall'umanità per diciamo un centinaio di anni, la vita finirebbe.

e non mi stupirei se tu a questa matematica conclusione aggiungessi "e chi se ne frega!" :D
 

Foglia

utente viva e vegeta
http://a.msn.com/r/2/BBpJtJl?a=1&m=IT-IT

Perché non si fanno più figli?
Non dite crisi economica, perché non è così. Si sono fatti figli in condizioni molto più difficili.
Io un'idea ce l'ho.
Ma vorrei sentire le vostre.
La crisi, quando c'è, di solito non si limita ad un solo settore. Diventa la crisi di tutto. E travolge pure la società in cui è radicata. E - quando sei in crisi - non importa se c'è chi sta peggio. La nostra, in Italia, non è una crisi solo economica. E' un modo di pensare che oramai ti fa guardare con rimpianto al passato e con nessuna speranza l'oggi. E con queste premesse al futuro è difficile pensare.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Vedete che dalle motivazioni individuali siamo tornati al clima culturale e alla politica?
Le scelte individuali avvengono immerse nella cultura e nella politica del nostro tempo che esalta l'individuo che è perché ha.
 

spleen

utente ?
Vedete che dalle motivazioni individuali siamo tornati al clima culturale e alla politica?
Le scelte individuali avvengono immerse nella cultura e nella politica del nostro tempo che esalta l'individuo che è perché ha.
Marxista!:D:mexican:

Siamo figli dei nostri tempi, ma vorrei anche pensare che essendo i nostri tempi piuttosto contradditori si possa anche "cogitare" sulle nostre scelte individuali.
 

spleen

utente ?
La crisi, quando c'è, di solito non si limita ad un solo settore. Diventa la crisi di tutto. E travolge pure la società in cui è radicata. E - quando sei in crisi - non importa se c'è chi sta peggio. La nostra, in Italia, non è una crisi solo economica. E' un modo di pensare che oramai ti fa guardare con rimpianto al passato e con nessuna speranza l'oggi. E con queste premesse al futuro è difficile pensare.
Difficile ma non impossibile, spero,.... tu poi che sei neomamma ste cose le percepisci bene credo.
Comunque quoto.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Io credo che, come dicevi, le nostre scelte individuali siano perlopiù inconsce poi cerchiamo di motivarle. Con tutte le critiche che ho naturalmente fatto ai miei genitori mi hanno trasmesso un amore straordinario per la vita e per il rinnovarsi della vita. E a mia mamma non piacevano i mocciosi.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Io penso che sia in gran parte condivisibile ciò che dici.. ma il problema è che il desiderio di avere figli, o di trasgredire, o di fare una famiglia "solida" o una "coppia aperta" nascano da motivazioni individuali le più disparate.
E stabilire quali sono le motivazioni "giuste" è un bel cavolo di problema, perché vuol dire stabilire un modello discostandosi dal quale si cade inevitabilmente nell'errore..
Ognuno ha dentro di se il proprio, risultato di svariate situazioni ed esperienze.. esistono modelli assai elastici, ed altri rigidi. Lungi da me l'idea di selezionare il modello inequivocabilmente "giusto", ma devi convenire con me che se questo tuo modello venisse applicato convintamente dall'umanità per diciamo un centinaio di anni, la vita finirebbe.

e non mi stupirei se tu a questa matematica conclusione aggiungessi "e chi se ne frega!" :D
Io mi condivido...a volte :rolleyes::carneval:

Non è mia intenzione stabilire modelli, se non che per me, per la verità. E conoscendomi so fra l'altro che il mio modo di assumerli è momentaneo, uso i paradigmi di riferimento che mi do come gradini per andare ad un altro paradigma, sono raramente rimasta agganciata ad un paradigma, e quando l'ho fatto il mio Essere nella sua totalità si è ribellato piuttosto rumorosamente. :D

Quindi, rispetto a quanto ho scritto, la mia intenzione non è stabilire modelli di riferimento. Sono una sostenitrice del fatto che ognuno si debba creare i propri.

Separo nettamente il fare figli, dalla scelta relazionale di una coppia. Sono piani diversi. E hanno implicazioni diverse. Sia nel breve che nel lungo termine.

Ma penso lo stesso ci siano capisaldi che non possono essere lasciati correre. Riguardo il procreare.

Riguardo a questa cosa dei figli, credo che uno dei capisaldi sia il cercare, individualmente e collettivamente, un modo per tenere in equilibrio il fatto che l'investimento del fare un figlio, per quanto ci si sforzi, non è questione prettamente individuale.

Lo sarebbe se si vivesse a 3000 mt su una montagna. MA dal momento in cui si vive in una società, che fornisce/non fornisce servizi il fatto i avere un figlio da parte di una coppia coinvolge tutti.

Dalle spese mediche dei protocolli per le donne gravide e quel che ne consegue fino ad arrivare al fatto che decidere di mettere al mondo un figlio è anche decidere di partecipare attivamente al proseguimento di questa società, incrementandola con un nuovo elemento. Che volente o dolente porterà nuove variabili alla società tutta.

E qui si tratta di trovare equilibrio fra l'essere nulla e l'essere tutto. Ossia darsi, e insegnare in quanto genitori, a darsi una dimensione dinamicamente equilibrata nella società di cui si è, volenti o dolenti, fruitori e costruttori.

Salvo, ripeto, abitare a 3000 mt.

E continuo a pensare che, sotterrato dall'ammore, questo tipo di consapevolezza non sia diffuso. Salvo quando ci si ritrova a fare i conti con le mancanze sociali nei confronti delle famiglie. Per esempio. Più o meno direttamente.

Qui non è questione di modelli. E' questione di sapere che si vive immersi in una società di cui si è corresponsabili. Dimenticarsene ha tutta una serie di conseguenze...più o meno a lungo termine.

Io credo che una delle variabili che non si è considerato sponsorizzando la famiglia come cellula autoreferenziale, senza dirlo fra l'altro, è che nel "sollevare" le famiglie dalla corresponsabilità alla società, si è ottenuto anche l'effetto di creare un loop in cui non sentendosi attivamente protagonisti della società stessa ma solo appartenenti alla propria famiglia, si è anche persa la speranza di poter agire sulla società. Come individui e come società.

Quando si dice che non si spera nel futuro...fondamentalmente è la speranza in se stessi che è andata persa. La società è solo un grande specchio deformato in cui si riflettono paure e speranze....la società è in crisi anche perchè ad essere in crisi sono gli individui...e la società finisce ad essere apparentemente più in crisi degli individui semplicemente perchè il tutto è più della somma delle sue parti. E quel più è dato dalle interazioni fra le parti, gli individui.

E la questione della speranza....se come individui ci si specchia in uno specchio deformato, la società, in cui si mescolano diffidenza e sfiducia, non ne esce una bella immagine e a loop quell'immagine individuale viene di nuovo riflessa nella società in un andamento che mi pare sia visibile camminando per strada.

Se un figlio è un "bene" individuale, un investimento individuale, e la società è un postaccio, a me pare ovvio volerlo tenere protetto e per sè. E a propria immagine anche. Che l'immagine di quello specchio non la si vuole, pur portandosela addosso....

Se poi si parla di una società che spara messaggi schizofrenici...a maggior ragione i muri tutelanti il proprio prezioso investimento si innalzano. Giustamente anche, in questa prospettiva.

Sto semplificando e di molto....e in modalità quattro chiacchiere al bar...:)

Detto questo, io da donna mi assumo il potere di dare e quindi anche di non dare la vita.

E in questi termini sono proprio l'ultima a poter dire a qualche altra donna cosa fare di quel suo potere.

A volte però un "mmm....ci hai pensato davvero bene?"...mi esce dalla pancia. E non tanto per il figlio. Quanto per lo sguardo luccicoso e vacuo che colgo quando l'amica di turno mi dice "questo figlio ci voleva per la nostra coppia"....ecco, in quei casi mi esce proprio dalla pancia...e mi resta una gran tristezza...problema mio ovviamente. (anche di tutti quando la questione finisce in tribunale con una giudiziale in cui a essere contesi sono i figli, con quello che ne consegue poi anche in costi sociali per il consultorio, per esempio...ma vabbè...)

non credo nell'altruismo. Ma un buon egoismo consapevole e non mascherato da amore lo trovo molto simpatico.

Detto questo, riguardo alla questione riproduzione...la mia posizione e molto simile a quella di mia nonna quando si metteva sul terrazzo a guardar le macchine passare...zia acida, dai..nonna è troppo! :D
 

Brunetta

Utente di lunga data
Ipazia fidati di me che ho aperto il thread e posto la questione e mi piaci tanto.
In sintesi direi: Fifa blu. Paura di essere inadeguati.
E i veri inadeguati il problema non se lo pongono.
Io resto convinta che queste paure sono effetti collaterali di quella cultura di cui si diceva.
 
Ultima modifica:

spleen

utente ?
Ipazia, tu saresti una buona mamma, credo. :D

Scherzo eh, rispetto le scelte di ognuno. :)

Guarda, mi rendo conto che c’è un equivoco di fondo da chiarire subito e che forse è il vero punto della questione: Io non affermo che si debbano mettere al mondo figli in modo irragionevole e irresponsabile, dico solo che è la nostra stessa percezione di ragionevolezza e responsabilità ad essere eccessivamente valutata nella questione, oltre che insufficiente per nostri limiti nella sua completezza.


Ho molti soldi e non voglio figli che mi impediscano di godermeli. Faccio un figlio così mio marito non mi lascia. Faccio un figlio perché la il mio orologio biologico scade. Ho pochi soldi ed i figli mi servono per affermarmi come individuo. E via così……
Oppure potrei anche dire: Voglio un figlio per amarlo, per prendermi cura di lui, per vedere la mia vita continuare in lui, perché so che la mia vita avrà uno scopo in più, perché sento che è naturale per me averne, per dare un frutto concreto all’amore per il mio compagno/a.

Decidere di accettare una vita che viene non deve dipendere necessariamente - solo – da quanto sopra ma anche da altri fattori personali quali i nostri sentimenti ed anche (parlo per me in questo frangente) una volontà di “lasciarsi andare alla vita” che non è rinuncia al tentativo di controllo ma consapevolezza del limite.
Se non si ha consapevolezza del limite e si pensa di poter controllare tutto di noi è impossibile pensare di accettare quello che dalla vita ci viene, anche di positivo ed imprevisto.

Tu parli di tua madre io potrei parlarti della mia. Ho cominciato a capirla da quando ho compreso i suoi limiti.
- Esistere- al di là della volontà specifica di chi ci ha concepiti e generati, esistere per se stessi e non in funzioni di cura o desiderio altrui, godere e soffrire della vita, è un regalo che mi hanno fatto, non importa se in modo consapevole o meno, non mi interessa e non mi importa.

I figli secondo me crescono – nonstante- i genitori che si ritrovano e vale sia per lo scienziato sia per il manovale.
E devo dire sì, abbiamo molti padri e molte madri, anche se non siamo più una società contadina e solidale, basta saperli vedere.

Comunque tu saresti una buona mamma.:D
 
Ultima modifica:

Mary The Philips

Utente di lunga data
Ipazia, tu saresti una buona mamma, credo. :D

Comunque tu saresti una buona mamma.:D
Io non ce la faccio in questo periodo a leggere Ipazia, al netto dei miei limiti :rotfl::rotfl::rotfl:, però credo, a naso e sulla fiducia, anch'io che sarebbe una madre splendida. Ciao Ipa :) Prima o poi riuscirò ancora a concentrarmi per riuscire a seguirti. Ce la posso fare, lo so, ma ora ho la testa piena di elio :singleeye:
 

passante

Utente di lunga data
Io mi condivido...a volte :rolleyes::carneval:


Separo nettamente il fare figli, dalla scelta relazionale di una coppia. Sono piani diversi. E hanno implicazioni diverse. Sia nel breve che nel lungo termine.

Ma penso lo stesso ci siano capisaldi che non possono essere lasciati correre. Riguardo il procreare.

Riguardo a questa cosa dei figli, credo che uno dei capisaldi sia il cercare, individualmente e collettivamente, un modo per tenere in equilibrio il fatto che l'investimento del fare un figlio, per quanto ci si sforzi, non è questione prettamente individuale.

Dalle spese mediche dei protocolli per le donne gravide e quel che ne consegue fino ad arrivare al fatto che decidere di mettere al mondo un figlio è anche decidere di partecipare attivamente al proseguimento di questa società, incrementandola con un nuovo elemento. Che volente o dolente porterà nuove variabili alla società tutta.

E qui si tratta di trovare equilibrio fra l'essere nulla e l'essere tutto. Ossia darsi, e insegnare in quanto genitori, a darsi una dimensione dinamicamente equilibrata nella società di cui si è, volenti o dolenti, fruitori e costruttori.

Salvo, ripeto, abitare a 3000 mt.

E continuo a pensare che, sotterrato dall'ammore, questo tipo di consapevolezza non sia diffuso. Salvo quando ci si ritrova a fare i conti con le mancanze sociali nei confronti delle famiglie. Per esempio. Più o meno direttamente.

Qui non è questione di modelli. E' questione di sapere che si vive immersi in una società di cui si è corresponsabili. Dimenticarsene ha tutta una serie di conseguenze...più o meno a lungo termine.

Io credo che una delle variabili che non si è considerato sponsorizzando la famiglia come cellula autoreferenziale, senza dirlo fra l'altro, è che nel "sollevare" le famiglie dalla corresponsabilità alla società, si è ottenuto anche l'effetto di creare un loop in cui non sentendosi attivamente protagonisti della società stessa ma solo appartenenti alla propria famiglia, si è anche persa la speranza di poter agire sulla società. Come individui e come società.

Quando si dice che non si spera nel futuro...fondamentalmente è la speranza in se stessi che è andata persa. La società è solo un grande specchio deformato in cui si riflettono paure e speranze....la società è in crisi anche perchè ad essere in crisi sono gli individui...e la società finisce ad essere apparentemente più in crisi degli individui semplicemente perchè il tutto è più della somma delle sue parti. E quel più è dato dalle interazioni fra le parti, gli individui.

E la questione della speranza....se come individui ci si specchia in uno specchio deformato, la società, in cui si mescolano diffidenza e sfiducia, non ne esce una bella immagine e a loop quell'immagine individuale viene di nuovo riflessa nella società in un andamento che mi pare sia visibile camminando per strada.

Se un figlio è un "bene" individuale, un investimento individuale, e la società è un postaccio, a me pare ovvio volerlo tenere protetto e per sè. E a propria immagine anche. Che l'immagine di quello specchio non la si vuole, pur portandosela addosso....
ti condivido molto in questi passaggi, cara Ipa.
 

feather

Utente tardo
I costi, quando hai fede nel futuro, si chiamano investimenti.
Ah beh.. ecco.. i giornali italiani li leggi, si..? Hai visto i risultati degli 'investimenti' dell'ultimo periodo, si?
Comunque c'è bassa natalità anche in Svezia o in Canada. Per cui non credo che l'economia al collasso italiana sia un fattore determinante.
 

Divì

Utente senza meta
Ah beh.. ecco.. i giornali italiani li leggi, si..? Hai visto i risultati degli 'investimenti' dell'ultimo periodo, si?
Comunque c'è bassa natalità anche in Svezia o in Canada. Per cui non credo che l'economia al collasso italiana sia un fattore determinante.
Si chiama decadenza dell'impero.... :D

Siamo destinati a scomparire, non l'intera umanità, ma quella becera paccottiglia di individualismi che chiamiamo civiltà occidentale.
 

feather

Utente tardo
Si chiama decadenza dell'impero.... :D

Siamo destinati a scomparire, non l'intera umanità, ma quella becera paccottiglia di individualismi che chiamiamo civiltà occidentale.
E cosa dovrebbe rimanere? Poveracci che si sgozzano per un tozzo di pane (vedi Africa), una società in cui contano solo i soldi e la faccia (non la sostanza. Vedi Cina).
A me pare che la società occidentale, nord europa in particolare sia quella che più si avvicina a una forma di società che riesca a chiamare evoluta.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Ipazia fidati di me che ho aperto il thread e posto la questione e mi piaci tanto.
In sintesi direi: Fifa blu. Paura di essere inadeguati.
E i veri inadeguati il problema non se lo pongono.
Io resto convinta che queste paure sono effetti collaterali di quella cultura di cui si diceva.
Ipazia, tu saresti una buona mamma, credo. :D

Scherzo eh, rispetto le scelte di ognuno. :)

Guarda, mi rendo conto che c’è un equivoco di fondo da chiarire subito e che forse è il vero punto della questione: Io non affermo che si debbano mettere al mondo figli in modo irragionevole e irresponsabile, dico solo che è la nostra stessa percezione di ragionevolezza e responsabilità ad essere eccessivamente valutata nella questione, oltre che insufficiente per nostri limiti nella sua completezza.


Ho molti soldi e non voglio figli che mi impediscano di godermeli. Faccio un figlio così mio marito non mi lascia. Faccio un figlio perché la il mio orologio biologico scade. Ho pochi soldi ed i figli mi servono per affermarmi come individuo. E via così……
Oppure potrei anche dire: Voglio un figlio per amarlo, per prendermi cura di lui, per vedere la mia vita continuare in lui, perché so che la mia vita avrà uno scopo in più, perché sento che è naturale per me averne, per dare un frutto concreto all’amore per il mio compagno/a.

Decidere di accettare una vita che viene non deve dipendere necessariamente - solo – da quanto sopra ma anche da altri fattori personali quali i nostri sentimenti ed anche (parlo per me in questo frangente) una volontà di “lasciarsi andare alla vita” che non è rinuncia al tentativo di controllo ma consapevolezza del limite.
Se non si ha consapevolezza del limite e si pensa di poter controllare tutto di noi è impossibile pensare di accettare quello che dalla vita ci viene, anche di positivo ed imprevisto.

Tu parli di tua madre io potrei parlarti della mia. Ho cominciato a capirla da quando ho compreso i suoi limiti.
- Esistere- al di là della volontà specifica di chi ci ha concepiti e generati, esistere per se stessi e non in funzioni di cura o desiderio altrui, godere e soffrire della vita, è un regalo che mi hanno fatto, non importa se in modo consapevole o meno, non mi interessa e non mi importa.

I figli secondo me crescono – nonstante- i genitori che si ritrovano e vale sia per lo scienziato sia per il manovale.
E devo dire sì, abbiamo molti padri e molte madri, anche se non siamo più una società contadina e solidale, basta saperli vedere.

Comunque tu saresti una buona mamma.:D
..grazie a entrambi...mi avete fatta sorridere, e anche riflettere...come al solito...:)

Ieri sera pensavo, allenandomi, che sarei una buona madre. Sufficientemente buona. E sarebbe più che sufficiente.
E pensavo che una decina di anni fa, e anche meno, non ero in grado di riconoscermelo.

E pensavo che lo scorrere della Vita mi meraviglia. E sto imparando a vedere la Bellezza, quella che descriveva Baudelaire nella sua ode.

Al netto di questo, io credo che un figlio lo si debba anche desiderare.
E io non lo desidero. Mi fa mancare il fiato solo il pensiero. Guardo la mia amica in cinta e il pensiero di quello che l'aspetta mi toglie energia. Sono contenta per lei. Ma io al suo posto...ho i brividi al solo pensiero, non brividi piacevoli.

Ho la responsabilità e la capacità di cura, ma non ho il desiderio di dirigerli verso una Vita che entra nel mondo attraverso me. Non ho la disponibilità per essere quel canale di passaggio.

E probabilmente il vissuto entra prepotentemente in questo sentire.

Una delle cose che ho imparato bene è il rifiuto della mia esistenza. Sono stata una bambina molto ubbidiente in questo senso. E contemporaneamente sono stata molto trasgressiva, non ho mai smesso di desiderarmi e volermi.
E anche di combattere per avermi. Pulita.

Ne parlavo con lo psyco. Proprio della questione figli.
Ragionavamo sul fatto che decidere di non averne implica la possibilità del rimpianto. In futuro. E decidere di non avere figli significa assumersi anche quella possibilità.

Quindi è importante pulire la decisione, che non sia un assoluto ma che sia ben radicata nella realtà, la mia realtà ovviamente.

E una cosa carina e quasi romantica che lui mi faceva notare è che mi sto appena sfiorando, e neanche del tutto, e in tutto questo processo è naturale che non compaia il desiderio di un altro essere, un figlio.

Non è questione di paura.
E' questione che mi sono mancata così tanto, che adesso è semplicemente tempo di goderMi.
E non ho spazio per un essere che richiederebbe un investimento di me che io non sono disposta a fare.

E' solo sincerità con me stessa. E non sottomettermi al tempo che è passato.
In quel "sei a termine" c'è un fondo di verità.
Che io credo sia importante accettare, proprio in virtù della meraviglia della vita che scorre.

In questo ultimo anno ho imparato che per potermi godere la meraviglia della vita, la brama di vita deve trovare una posizione che non sia bulimia e neanche anoressia di vita.

Un figlio in questo tempo per me sarebbe bulimia e contemporaneamente anoressia. Bulimia di Vita che mi scorre addosso e anoressia di me.

Potrebbe essere che fra qualche anno possa desiderare e possa essere sufficientemente morbida in me da poter accogliere...ma in quel sei a termine c'è la verità del fatto che a quel punto davvero il termine sarebbe scaduto.

Credo che essere una buona madre significhi anche sapere quando non è il momento di essere madre.

E per rimettere dentro la cultura, credo che essere madre non significhi necessariamente partorire un figlio.

Slegato da quel "mio", l'essere madre ha una miriade di sfumature, per come la vedo io.

Spleen...ho citato mia madre per esemplificare una donna che non ha saputo riconoscere che essere madre significava non esserlo. Non è più mia figlia, e in un qualche modo neanche più mia madre...vedo la donna e la sua sofferenza. Mi spiace molto per lei...ha sofferto e soffre. Mi piacerebbe poter fare qualcosa, e ci ho anche provato. Ma non posso. Solo lei avrebbe potuto. E adesso è tardi. Spero trovi pace, prima o poi. :)
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Io non ce la faccio in questo periodo a leggere Ipazia, al netto dei miei limiti :rotfl::rotfl::rotfl:, però credo, a naso e sulla fiducia, anch'io che sarebbe una madre splendida. Ciao Ipa :) Prima o poi riuscirò ancora a concentrarmi per riuscire a seguirti. Ce la posso fare, lo so, ma ora ho la testa piena di elio :singleeye:
..pensa che io volte non riesco neanche ad ascoltarmi...:carneval::rotfl:

...goditi l'elio..serve anche quello per riposare...

ciao a te :)
 
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