Il discorso della scuola è invece una semplice proiezione del proprio modo di vedere la vita, le relazioni, il lavoro, il successo e la necessità di benessere. Ma è il proprio, non è quello dei figli.
È naturale dare il meglio possibile ai figli e anche sognare in grande, ma il possibile è il senso di realtà e i sogni devono essere i loro.
Ho visto una intervista a Giorgia in cui diceva che a lei piaceva cantare e le andava benissimo poterlo fare nei locali, non si sognava di diventare...Giorgia. E la Pausini non smette di considerarsi una miracolata. Mica cantavano con l’idea di diventare star. Mi viene da pensare ai genitori di bambini che giocano a calcio che occupano tutti i fine settimana a portarli in giro per tornei fin dalle elementari non per farli divertire, ma con l’idea che diventeranno la soluzione economica della famiglia, meglio di vincere al Superenalotto. Ma il figlio vuole giocare e basta. Certo sogna la nazionale, ma sa che è un sogno come sogna di fare l’astronauta o Jig Robot. I bambini vanno lasciati giocare i loro giochi e sognare i loro sogni. È come se io fossi stata mandata all’accademia militare perché a dieci anni giocavo alla guerra. I figli devono costruire la loro vita, non costituire la realizzazione della vita sognata dai genitori.