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La terza superiore fu l’anno più complicato della mia carriera scolastica. La classe era stata modificata di nuovo, tra le persone “segate” alla fine del secondo anno e le varie scelte per l’indirizzo.
Sulla preparazione, la “rendita” della preparazione dalle suore (che sulle materie “non specifiche” ti allenavano non poco rispetto agli altri) cominciava ad esaurirsi, e sarebbe stato il momento di iniziare a studiare… Ma la voglia mancava…
Andavo bene in Italiano e Storia (perché mi interessavano come argomenti, al di là della necessità di studiare), andavo molto bene in Inglese (avevo iniziato a leggere riviste musicali inglesi e americane, “Melody Maker”, “NME”, “Rolling Stone” e “Billboard” e qualche biografia di musicisti in lingua originale); sarei stato discreto anche in Francese, se non per il fatto che non prendevo un accento neanche pagato. I miei compiti in classe erano una giungla di segni rossi, tutti per accenti che cadevano dalla parte sbagliata…
Arrivai ad inventarmi l’accento perpendicolare, ma funzionò solo per un paio di compiti in classe, poi la prof mi informò che da qualche parte quegli accenti dovevo farli cadere… peccato…
Nelle materie specifiche ero un vero disastro, così così in ragioneria (non studiavo proprio, e non facevo nemmeno gli esercizi, fingevo di correggere gli stessi per mesi, in classe…) un macello in dattilografia e soprattutto in stenografia, specialmente da quando si lavorava in velocità (io ero ancora a “Spettabile Ditta” che tanto lo scrivevi prima di cominciare il dettato, quando gli altri avevano già finito la lettera…).
Anche a casa la situazione era complicata, mia mamma aveva fatto la prima operazione a cuore aperto a metà anno.
In un modo o nell’altro, arrivai ad essere ammesso all’esame di terza per ottenere l’attestato… E lo passai con una sufficienza striminzita.
Basta! Per quello che mi riguardava, questa storia della scuola finiva lì…
Invece…
Mia madre sperava di portarmi al diploma e, pur nel suo modo leggero, insisteva perché continuassi (mi concesse l’estate libera, senza “lavoretti” estivi, ufficialmente perché potessi rilassarmi, in realtà sospetto che volesse rendermi più propenso a proseguire)
Il mio amico Ebi, era stato obbligato dai genitori a proseguire fino alla quinta, oltre a lavorare d’estate (“così impari cosa costa il sale” gli dicevano in dialetto): io lo andavo a trovare sul posto di lavoro e lui ne approfittò per convincermi a continuare, specialmente perché un altro biennio da solo lo spaventava abbastanza…
Quando dissi a mia madre che mi sarei iscritto e avrei provato ad arrivare al diploma, sembrava che le avessi comunicato che avevo fatto tredici al totocalcio.
La quarta superiore si rivelò qualcosa di completamente diverso da quello che era stato fino a quel momento:
L’atmosfera era al contempo più seria (avevamo scelto noi di continuare e quindi ci sentivamo più responsabilizzati) e più “leggera” (un titolo di studio era già stato ottenuto, non ci sembrava più una questione di vita o di morte).
Pur continuando ad usare alcune delle mie tattiche consolidate (tipo le assenze a scacchiera ragionata) avevo iniziato a studiare. Inoltre le materie per me più ostiche erano un po’ meno in primo piano (steno non c’era più, dattilo era diventata una materietta minore, ed ero arrivato a fare pace, iniziando a studiare un po’ , con la contabilità)
I superstiti di quella prima tutta maschile erano in 5, me compreso, in una classe di tutte donne. Al di là di discorsi sessuali o sentimentali, era la composizione a cui ero abituato alle medie ed evidentemente generava atmosfere più rilassate per molti versi, e a me decisamente più confacenti, a quanto pare…
Tra i maschi c’erano persone con cui in prima si faceva a botte praticamente ogni giorno, mentre adesso peravamo tutti amici, come se fossero stati commilitoni.
Solo due delle ragazze erano con noi dalla seconda. Il resto della classe veniva un po’ di qui un po’ di là e si era formato un gruppo completamente nuovo, ma inopinatamente coeso (per rendere l’idea, in prima e seconda eravamo la sezione I, in terza la C. in quarta e quinta la B)
A livello delle superiori, la quarta e la quinta furono i due anni vissuti meglio delle superiori, per me, anche per i rapporti interpersonali che derivarono da quelle esperienze. Ancora oggi, quando ci troviamo per cene o ci incontriamo casualmente, la sensazione è quella di conoscere meglio queste persone di altre con cui magari ho lavorato per decenni…
All’esame di maturità non ero il primo della classe, ma entravo nella top five, ed ero il primo dei maschietti.
Il voto finale, in un’epoca nella quale l’Università era ancora cosa per pochi, era abbastanza alto per fare domanda in aziende importanti e banche, ed essere preso in considerazione, nonostante la provenienza da Istituto Professionale.
Io ci avevo preso gusto e avrei voluto continuare, ma in casa c’era bisogno di tagliare le spese ed aumentare i redditi, quindi era tempo di affrontare il mondo del lavoro…