Marioooo :inlove:[video=youtube_share;6d1mZJsZGXg]https://youtu.be/6d1mZJsZGXg[/video]
Facciamo qualche passo indietro e torniamo a scuola dalle suore.
Nonostante le vicissitudini a casa, che avevano comportato ovvie problematiche di ambientamento e adattamento, le elementari erano andate piuttosto bene, alla fine.
Avevo stretto un’amicizia importante con il mio nuovo compagno di banco e andavo d’accordo con tutti (o quasi) i miei altri compagni.
Non che vedessi gli altri molto spessso, fuori dalla scuola.
Come spiegato qualche capitolo addietro, le distanze a quel ragazzino sembravano enormi, anche se in realtà, ad esempio, per andare a casa del mio compagno di banco non avrei impiegato più di 20-25 minuti a piedi.
Tranquillamente fattibile, anche se lo avrei scoperto un po’ più avanti. Allora sembrava un vero e proprio viaggio, forse perché usando l’autobus (unico mezzo prima della bicicletta e della possibilità di usarla anche fuori dal quartiere di residenza) avrei dovuto cambiare due o tre volte prima di arrivare.
Comunque, alle elementari ottimi voti, comportamento sempre impeccabile. Ne uscivo brillantemente, come scolaro, ma con una nomea di “bravo bambino” che, adesso che anche le ragazze sembravano più interessanti di prima, sembrava rivestirmi di una patina che alla fin fine, non era proprio del tutto positiva.
Per il prosieguo nelle medie, sebbene non in modo consapevole, modificai un po’ il mio modo di essere. Qualche battuta, a volte anche in classe ad alta voce, e nuovo atteggiamento scolastico… Qualche insufficienza divenne accettabile, quindi la nuova tattica era non fare quasi nulla fino a febbraio inoltrato, e poi dedicarsi al recupero delle medie di voto con rush finale che iniziava verso Aprile.
In questo modo, ottenevo il mio scopo che era di avere voti abbastanza alti da essere considerato un bravo studente dalla famiglia e dagli insegnanti, ma non il massimo dei voti, e con alcune medie recuperate in extremis; il che mi consentiva di non essere visto come un “secchione” dai miei pari…
Inoltre, mi davo da fare solo per alcuni mesi, da ottobre a febbraio era “andamento lento” (e, anche in estate, i compiti delle vacanze dovevano attendere che Settembre fosse iniziato).
Queste tattiche portarono anche a qualche episodio divertente, come il mio personale “record della mezz’ora”…
Non ero particolarmente assiduo nel fare i compiti a casa, spesso utilizzavo gli esercizi della volta precedente fingendo di correggere. Di solito però matematica non la saltavo, vista la tendenza al “sergente di ferro” della suora che insegnava quella materia.
In quella particolare mattina, invece, non avevo fatto gli esercizi previsti. Arrivai presto, diversi minuti prima della lezione, eravamo in quattro gatti, ma il mio compagno di banco era già arrivato. Mi feci presttare il quaderno e cominciai a copiare.
Problema; gli insegnanti esterni arrivavano da casa loro, ma le suore abitavano e dormivano nello stesso immobile, e alla prima ora c’era matematica. La prof entrò in grande anticipo e mi sorprese a “mettermi in pari” con i compiti a casa. Ramanzina e un bel 4 assegnato d’ufficio…
Inizia la lezione, la suora/prof ha corretto i compiti in classe di qualche lezione prima…. Ce li consegna e, beh, ho preso 4 anche in quello.
Finita questa parte “Oggi, interroghiamo” dice lei, e chi potrebbe chiamare? Il sottoscritto, ovviamente… Risultato un altro 4.
In pratica siamo a metà della prima ora e ho già collezionato tre 4 (nella stessa materia, sistemare la media richiederà notevoli sforzi). Lato positivo: rientrando a casa mia mamma mi chiese come era andata, io risposi”ho preso 4 in matematica”, non era una bugia, avevo solo omesso di precisare “Tre volte”.
Non so come fu, ma, in età scolastica, i miei figli scoprirono questo mio piccolo segreto, il che rese meno credibili le mieprediche (raramente necessarie, ad onor del vero) sul rendimento scolastico.
Poi le medie finirono, esame passato con “Distinto”, voto alto da bravo studente, ma non il top da secchione conclamato.
....
Non ho la più pallida idea di cosa vorrei fare alle superiori.
L’unica cosa che mi interessa è avere entrambe le possibilità: smettere dopo tre anni o arrivare fino in quinta.
Alcuni miei amici frequentano l’Istituto Tecnico Industriale.
Brancolando nel buio, decido di seguirli e a quello mi iscrivo.
ed io uno all'orale e uno allo scritto in italiano nel primo trimestre del mio unico anno in un liceo scientifico , poi migliorato in un tre e tre ,credo che non sia interessante neanche se lo volessiRiesci a rendere interessante un 4 in matematica...come se non l’avesse mai preso nessuno:carneval:
Questo perché era in ...italiano :carneval:ed io uno all'orale e uno allo scritto in italiano nel primo trimestre del mio unico anno in un liceo scientifico , poi migliorato in un tre e tre ,credo che non sia interessante neanche se lo volessi:sonar:
e li che so caduto in matematica avevo la sufficienzaQuesto perché era in ...italiano :carneval:
Eh, ma nel mio caso sono tre in mezz'ora :carneval:Riesci a rendere interessante un 4 in matematica...come se non l’avesse mai preso nessuno:carneval:
Ciao, Spleen, anche per me è sempre un piacere leggerti.Ciao carissimo, è sempre un piacere.
E sai che penso che anche mia figlia, pur non istruita in merito (lo giuro) abbia adottato, nella sua carriera scolastica, una simile filosofia?Marioooo :inlove:
un "distinto" salva capra e cavoli![]()
Ma anch'io ho preso dei 2 e dei 3, ma questa era una raffica...ed io uno all'orale e uno allo scritto in italiano nel primo trimestre del mio unico anno in un liceo scientifico , poi migliorato in un tre e tre ,credo che non sia interessante neanche se lo volessi:sonar:
Questo è vero :facepalm:Eh, ma nel mio caso sono tre in mezz'ora :carneval:
Record che ritengo tutt'ora imbattuto![]()
mmazza! poi dice le suorine...:rotfl:Eh, ma nel mio caso sono tre in mezz'ora :carneval:
Record che ritengo tutt'ora imbattuto![]()
[video=youtube_share;GvmIwhXe6rE]https://youtu.be/GvmIwhXe6rE[/video]
E quindi mi trovo all’istituto tecnico industriale.
Primo problema; il giro di introduzione. Ognuno si deve presentare al resto della classe. Quando tocca a me devo prima dire dove ho frequentato le medie.
Scuola privata gestita dalle suore. Mormorio generale…
Poi mi chiedono il voto con il quale ho avuto la Licenza Media.
“Distinto” là era sufficiente per essere fuori dalla definizione di “Secchione”, qui pare non basti. Il mormorio aumenta…
Devo trovare rimedio, qui mi soccorre la mia recentemente trovata passione per la musica, ma soprattutto il lavoro da “commesso” nel negozio di mio fratello, che ha una tabaccheria.
Ciò mi permette di procurarmi qualche pacchetto di sigarette di tanto in tanto, e di fumarle con i miei nuovi compagni, tutti quattordicenni (e qualche quindicenne) desiderosi di sembrare “grandi” e che ritengono che il fumo consenta di apparire più “adulti”.
Ciò mi rende abbastanza popolare, e fa dimenticare le suore e il distinto…
Con alcuni ragazzi stringo rapporti anche discreti, che durano ben oltre il mesetto di Istituto Tecnico che finisco per fare…
Secondo problema: Qui non c’è una donna che sia una. Al massimo le vedi nelle riviste scollacciate che alcuni dei ragazzi più grandi portano a scuola.
Ora io sono timido, e probabilmente non avrebbe fatto differenza, ma vedere solo “della braga” (come usava dire allora da queste parti) ogni giorno che Nostro Signore manda in terra…
Terzo e più grave problema: Non è la mia scuola. Sono completamente negato in tutte le materie “tecniche”, quindi quelle tipiche dell’ Istituto. Dopo un pomeriggio intero dedicato all’esecuzione di un disgno tecnico, il prof mi fornisce il suo parere:“E’ un poccio, 4…”; Con la lima io sono ancora al primo lato quando gli altri hanno già finito. E tanti altri episodi, insomma, sono negato… Una litigata furiosa con il prof di ginnastica (una mattina ho dimenticato a casa tuta e necessaire, lui pretendeva di farmi fare ginnastica in mutande e canottiera, sono volate parole grosse…) mi convince che non fa per me, Prendo accordi con un elettrauto che ha l’officina poco lontano da casa mia per “andare a bottega”. Poi interviene mia madre, ma soprattutto interviene mio fratello, e mi convince a continuare gli studi. E’ presto nell’anno scolastico, faccio ancora in tempo a cambiare.
Non ho ancora idea di cosa voglio fare, quindi mi devo basare, diciamo, su “criteri empirici” che sono, per quanto mi riguarda:
-la possibilità di frequentare solo tre anni o arrivare fino a cinque, se ti va.
- la presenza di una popolazione femminile di una certa entità.
In città c’è una scuola che sostanzialmente una simil ragioneria, dalla quale puoi uscire dopo tre anni o proseguire fino in quinta (di qui escono contabili, segretarie d’azienda e operatori/operatrici turistiche a seconda dell’indirizzo e del numero di anni che fai). La scuola ha una prevalenza molto forte di studentesse e, in quel periodo, ha una preside in gamba, e quindi è molto popolare, con un sacco di iscritti (ma soprattutto di iscritte).
Praticamente è perfetta… A parte la tendenza ad una maggiore attenzione ad alcune materie tecniche, rispetto a ragioneria (infatti dattilografia e stenografia saranno il mio peggior tormento per qualche anno).
Mi iscrivo e cambio scuola.
Il primo giorno entro in aula…. Vedo solo uomini.
Esco e controllo il numero dell’aula. È proprio quella.
Ed è una classe tutta maschile…
Mi viene quasi da piangere… Non è possibile…
Mi tocca ripetere, stavolta da solo, il giro di presentazione e i relativi mormorii.
Scopro che questa classe tutta maschile è un esperimento che è stato fatto per la prima volta proprio quell’anno (tutto un culo, tutto un culo, insomma…).
Vedo che la persona seduta davanti a me sembra un volto noto. Ci penso un po’, poi ci arrivo, e gli dico: “Ma tu non ti chiami Ebi (nome falso, ovviamente)?”.
Lui mi guarda come se fossi un pazzo con cattivissime intenzioni, ma ammette di essere Ebi.
Si tratta del mio compagno di banco di prima elementare, prima del cambio di casa e della scuola dalle suore, e da li inizierà un sodalizio che dura a tutt’oggi.
Intanto la prima superiore diventa una giungla. La classe maschile è situata, come aula più usata, in una specie di cunicolo, e tutti i giorni sono cancellini che svolazzano, vetri rotti e scazzottate. Prof e bidelli non entrano volentieri da noi.
Questo è il motivo per cui l’esperimento “classe maschile” fallisce miseramente e non verrà mai ripetuto per decenni…
Supero l’anno grazie al piccolo gruppetto formato con Ebi e un paio di altri ragazzi…
Poi, fortunatamente (?), a fine primo anno metà classe viene bocciata.
Per la seconda ci uniscono alle superstiti di una classe femminile, finalmente diventiamo una classe mista…
Da un certo punto di vista, riesco a entrare meglio in alcune dinamiche di gruppo, principalmente grazie alla presenza delle donne, che finiscono per introdurre dinamiche diverse nel funzionamento relazionale del gruppo “classe”, evidentemente a me più consone.
Dall’altra parte, tuttavia, si creano ulteriori divisioni, che ricordano un po’ la visione della “High School As Hell” presente nel telefilm “Buffy”, ad esempio.
Io credo che un po’ in tutti noi, vi sia contemporaneamente una spinta ad uniformarsi agli altri per essere accettati ed una spinta a distinguersi dal resto e a non uniformarsi per affermare la propria identità ed unicità. Tutti noi oscilliamo tra una posizione e l’altra, poi alcuni di noi prendono una direzione e la mantengono. Da adolescenti questa cosa è molto molto forte, a mio parere.
A questo va aggiunto che a 14/15 (e in qualche caso 16) anni, le fasi della nostra crescita, sia fisica che caratteriale, sono molto variabili, c’è chi cresce prima e chi lo fa dopo.
Nella nostra classe c’era un ragazzo, già un po’ più grande di età, che, in quel momento, con un buon 20-30 cm di altezza in più, un poco di barba da rasare e spalle larghe, sembrava decisamente più uomo degli altri.
Il ragazzo, che, diciamocelo, era un po’ uno sbruffoncello, tendeva ad approfittare della sua posizione privilegiata, rispetto agli altri ragazzi. Piaceva molto alle ragazze più carine della classe, e aveva raccolto intorno a se quelle ragazze, alcuni maschietti un po’ più maturi degli altri (sempre fisicamente e caratterialmente parlando) e le ragazze di quella categoria, ed in sostanza, aveva formato una propria corte.
In pratica come in molti film o telefilm americani, si era arrivati ad una specie di divisione tra “popolari” e “non popolari”, con il primo gruppo che tendeva a “perseguitare” (nulla di fisico, però un continuo tormento sociale) il secondo. Ebi, che nell’oscillazione di cui si parlava sopra tendeva sostanzialmente a tentare di conformarsi, soffriva tanto di questa situazione e si trovava ad essere spesso uno dei bersagli preferiti.
Per me era un po’ diverso: musicalmente me ne fregavo delle mode e quindi della Febbre del Sabato Sera, della disco music, e anche di Grease, per certi verrsi; io amavo la musica di 10-15 anni prima, i Beatles e gli Stones, i Kinks e gli Who, i Doors e i Creedence, e le band punk più recenti.
A me piaceva leggere, anche romanzi di autori che studiavamo a scuola, tipo Kafka e Mann, mentre per i miei compagni qualsiasi libro andasse oltre le 200 pagine era un’aberrazione.
L’umorismo si era formato su migliaia di striscie a fumetti dei Peanuts e di Mafalda, e sui film di Woody Allen e Mel Brooks.
Infine nella già citata oscillazione, seppur con i miei momenti di voglia di uniformarsi, andavo tendenzialmente verso il distinguersi, quindi non era cosi importante per me essere accettato dai popolari.
Nonostante la mia timidezza verso l’altro sesso, non avevo problemi a rivolgermi ai maschi come ritenevo opportuno. La lingua era abbastanza “tagliente” ma anche “educata” ed istintivamente ero in grado di colpire “sotto la cintura” senza che venisse avvertita traccia di insulto.
Quindi quando il capo dei popolari mi individuò come bersaglio, usai queste armi. Lui si trovò abbastanza in imbarazzo da ritirarsi, e da smettere definitivamente dopo un paio di tentativi…
[video=youtube_share;GvmIwhXe6rE]https://youtu.be/GvmIwhXe6rE[/video]
E quindi mi trovo all’istituto tecnico industriale.
Primo problema; il giro di introduzione. Ognuno si deve presentare al resto della classe. Quando tocca a me devo prima dire dove ho frequentato le medie.
Scuola privata gestita dalle suore. Mormorio generale…
Poi mi chiedono il voto con il quale ho avuto la Licenza Media.
“Distinto” là era sufficiente per essere fuori dalla definizione di “Secchione”, qui pare non basti. Il mormorio aumenta…
Devo trovare rimedio, qui mi soccorre la mia recentemente trovata passione per la musica, ma soprattutto il lavoro da “commesso” nel negozio di mio fratello, che ha una tabaccheria.
Ciò mi permette di procurarmi qualche pacchetto di sigarette di tanto in tanto, e di fumarle con i miei nuovi compagni, tutti quattordicenni (e qualche quindicenne) desiderosi di sembrare “grandi” e che ritengono che il fumo consenta di apparire più “adulti”.
Ciò mi rende abbastanza popolare, e fa dimenticare le suore e il distinto…
Con alcuni ragazzi stringo rapporti anche discreti, che durano ben oltre il mesetto di Istituto Tecnico che finisco per fare…
Secondo problema: Qui non c’è una donna che sia una. Al massimo le vedi nelle riviste scollacciate che alcuni dei ragazzi più grandi portano a scuola.
Ora io sono timido, e probabilmente non avrebbe fatto differenza, ma vedere solo “della braga” (come usava dire allora da queste parti) ogni giorno che Nostro Signore manda in terra…
Terzo e più grave problema: Non è la mia scuola. Sono completamente negato in tutte le materie “tecniche”, quindi quelle tipiche dell’ Istituto. Dopo un pomeriggio intero dedicato all’esecuzione di un disgno tecnico, il prof mi fornisce il suo parere:“E’ un poccio, 4…”; Con la lima io sono ancora al primo lato quando gli altri hanno già finito. E tanti altri episodi, insomma, sono negato… Una litigata furiosa con il prof di ginnastica (una mattina ho dimenticato a casa tuta e necessaire, lui pretendeva di farmi fare ginnastica in mutande e canottiera, sono volate parole grosse…) mi convince che non fa per me, Prendo accordi con un elettrauto che ha l’officina poco lontano da casa mia per “andare a bottega”. Poi interviene mia madre, ma soprattutto interviene mio fratello, e mi convince a continuare gli studi. E’ presto nell’anno scolastico, faccio ancora in tempo a cambiare.
Non ho ancora idea di cosa voglio fare, quindi mi devo basare, diciamo, su “criteri empirici” che sono, per quanto mi riguarda:
-la possibilità di frequentare solo tre anni o arrivare fino a cinque, se ti va.
- la presenza di una popolazione femminile di una certa entità.
In città c’è una scuola che sostanzialmente una simil ragioneria, dalla quale puoi uscire dopo tre anni o proseguire fino in quinta (di qui escono contabili, segretarie d’azienda e operatori/operatrici turistiche a seconda dell’indirizzo e del numero di anni che fai). La scuola ha una prevalenza molto forte di studentesse e, in quel periodo, ha una preside in gamba, e quindi è molto popolare, con un sacco di iscritti (ma soprattutto di iscritte).
Praticamente è perfetta… A parte la tendenza ad una maggiore attenzione ad alcune materie tecniche, rispetto a ragioneria (infatti dattilografia e stenografia saranno il mio peggior tormento per qualche anno).
Mi iscrivo e cambio scuola.
Il primo giorno entro in aula…. Vedo solo uomini.
Esco e controllo il numero dell’aula. È proprio quella.
Ed è una classe tutta maschile…
Mi viene quasi da piangere… Non è possibile…
Mi tocca ripetere, stavolta da solo, il giro di presentazione e i relativi mormorii.
Scopro che questa classe tutta maschile è un esperimento che è stato fatto per la prima volta proprio quell’anno (tutto un culo, tutto un culo, insomma…).
Vedo che la persona seduta davanti a me sembra un volto noto. Ci penso un po’, poi ci arrivo, e gli dico: “Ma tu non ti chiami Ebi (nome falso, ovviamente)?”.
Lui mi guarda come se fossi un pazzo con cattivissime intenzioni, ma ammette di essere Ebi.
Si tratta del mio compagno di banco di prima elementare, prima del cambio di casa e della scuola dalle suore, e da li inizierà un sodalizio che dura a tutt’oggi.
Intanto la prima superiore diventa una giungla. La classe maschile è situata, come aula più usata, in una specie di cunicolo, e tutti i giorni sono cancellini che svolazzano, vetri rotti e scazzottate. Prof e bidelli non entrano volentieri da noi.
Questo è il motivo per cui l’esperimento “classe maschile” fallisce miseramente e non verrà mai ripetuto per decenni…
Supero l’anno grazie al piccolo gruppetto formato con Ebi e un paio di altri ragazzi…
Poi, fortunatamente (?), a fine primo anno metà classe viene bocciata.
Per la seconda ci uniscono alle superstiti di una classe femminile, finalmente diventiamo una classe mista…
Da un certo punto di vista, riesco a entrare meglio in alcune dinamiche di gruppo, principalmente grazie alla presenza delle donne, che finiscono per introdurre dinamiche diverse nel funzionamento relazionale del gruppo “classe”, evidentemente a me più consone.
Dall’altra parte, tuttavia, si creano ulteriori divisioni, che ricordano un po’ la visione della “High School As Hell” presente nel telefilm “Buffy”, ad esempio.
Io credo che un po’ in tutti noi, vi sia contemporaneamente una spinta ad uniformarsi agli altri per essere accettati ed una spinta a distinguersi dal resto e a non uniformarsi per affermare la propria identità ed unicità. Tutti noi oscilliamo tra una posizione e l’altra, poi alcuni di noi prendono una direzione e la mantengono. Da adolescenti questa cosa è molto molto forte, a mio parere.
A questo va aggiunto che a 14/15 (e in qualche caso 16) anni, le fasi della nostra crescita, sia fisica che caratteriale, sono molto variabili, c’è chi cresce prima e chi lo fa dopo.
Nella nostra classe c’era un ragazzo, già un po’ più grande di età, che, in quel momento, con un buon 20-30 cm di altezza in più, un poco di barba da rasare e spalle larghe, sembrava decisamente più uomo degli altri.
Il ragazzo, che, diciamocelo, era un po’ uno sbruffoncello, tendeva ad approfittare della sua posizione privilegiata, rispetto agli altri ragazzi. Piaceva molto alle ragazze più carine della classe, e aveva raccolto intorno a se quelle ragazze, alcuni maschietti un po’ più maturi degli altri (sempre fisicamente e caratterialmente parlando) e le ragazze di quella categoria, ed in sostanza, aveva formato una propria corte.
In pratica come in molti film o telefilm americani, si era arrivati ad una specie di divisione tra “popolari” e “non popolari”, con il primo gruppo che tendeva a “perseguitare” (nulla di fisico, però un continuo tormento sociale) il secondo. Ebi, che nell’oscillazione di cui si parlava sopra tendeva sostanzialmente a tentare di conformarsi, soffriva tanto di questa situazione e si trovava ad essere spesso uno dei bersagli preferiti.
Per me era un po’ diverso: musicalmente me ne fregavo delle mode e quindi della Febbre del Sabato Sera, della disco music, e anche di Grease, per certi verrsi; io amavo la musica di 10-15 anni prima, i Beatles e gli Stones, i Kinks e gli Who, i Doors e i Creedence, e le band punk più recenti.
A me piaceva leggere, anche romanzi di autori che studiavamo a scuola, tipo Kafka e Mann, mentre per i miei compagni qualsiasi libro andasse oltre le 200 pagine era un’aberrazione.
L’umorismo si era formato su migliaia di striscie a fumetti dei Peanuts e di Mafalda, e sui film di Woody Allen e Mel Brooks.
Infine nella già citata oscillazione, seppur con i miei momenti di voglia di uniformarsi, andavo tendenzialmente verso il distinguersi, quindi non era cosi importante per me essere accettato dai popolari.
Nonostante la mia timidezza verso l’altro sesso, non avevo problemi a rivolgermi ai maschi come ritenevo opportuno. La lingua era abbastanza “tagliente” ma anche “educata” ed istintivamente ero in grado di colpire “sotto la cintura” senza che venisse avvertita traccia di insulto.
Quindi quando il capo dei popolari mi individuò come bersaglio, usai queste armi. Lui si trovò abbastanza in imbarazzo da ritirarsi, e da smettere definitivamente dopo un paio di tentativi…
Mah, sai mia mamma non era particolarmente temibile su queste cose, quindi escluderei la paura come motivazione, la prigrizia invece c'entrava senza dubbio.mmazza! poi dice le suorine...:rotfl:
Che bello, ho rivissuto le dinamiche della scuola e mi son chiesta che tipo fossi io... lasciamo perdere va, l'andamento lento iniziale non era una filosofia, ma proprio pigrizia innata che alla fine violentavo per paura di mamma e papà :carneval:
La lingua “tagliente” ma “educata” è la cosa più affascinante in un uomo, figurarsi in un ragazzo...:inlove:
Vero?@marietto ma porca pupattola da classe maschile a.... classe maschile :rotfl: ma che sfiga !!!!
Beh io verso la fine delle superiori programmavo anche le assenze, in modo da avere voti sufficienti per essere in regola con la pagella e una discreta media, evitando però inutili e potenzialmente dannosi compiti in classe e interrogazioni..Ma anch'io ho preso dei 2 e dei 3, ma questa era una raffica...:mrgreen:
Ti faccio ridere il preside venne in classe per dare le pagelle ci chiamo singolarmente prima quelli che andavano male per cui siamo stati i primi e quando tocco a me mi disse , signor ....... dato che lei ha come risultati in Italiano così bassi portiamo i voti sulla pagelle a tre scritto e tre orale per stimolare lo studio .
Devo dire che mi ha stimolato tanto:sonar: dato che ho riportato sempre quella media per i tre trimestri tanto era inutile studiare questo è stato lo sbaglio della mia professoressa di latino che mi disse che ero portato per il liceo cosa che i miei genitori seguirono alla lettera ma che io non volevo fare.
In compenso fui premiato con un encomio perchè non feci mai una assenza sebbene ci fossero stati scioperi dei mezzi, ma tanto chi studiava :sonar:
Che donna intelligente la tua mamma, davvero invidiabile![video=youtube_share;J9zMOxVj2Ec]https://youtu.be/J9zMOxVj2Ec[/video]
La terza superiore fu l’anno più complicato della mia carriera scolastica. La classe era stata modificata di nuovo, tra le persone “segate” alla fine del secondo anno e le varie scelte per l’indirizzo.
Sulla preparazione, la “rendita” della preparazione dalle suore (che sulle materie “non specifiche” ti allenavano non poco rispetto agli altri) cominciava ad esaurirsi, e sarebbe stato il momento di iniziare a studiare… Ma la voglia mancava…
Andavo bene in Italiano e Storia (perché mi interessavano come argomenti, al di là della necessità di studiare), andavo molto bene in Inglese (avevo iniziato a leggere riviste musicali inglesi e americane, “Melody Maker”, “NME”, “Rolling Stone” e “Billboard” e qualche biografia di musicisti in lingua originale); sarei stato discreto anche in Francese, se non per il fatto che non prendevo un accento neanche pagato. I miei compiti in classe erano una giungla di segni rossi, tutti per accenti che cadevano dalla parte sbagliata…
Arrivai ad inventarmi l’accento perpendicolare, ma funzionò solo per un paio di compiti in classe, poi la prof mi informò che da qualche parte quegli accenti dovevo farli cadere… peccato…
Nelle materie specifiche ero un vero disastro, così così in ragioneria (non studiavo proprio, e non facevo nemmeno gli esercizi, fingevo di correggere gli stessi per mesi, in classe…) un macello in dattilografia e soprattutto in stenografia, specialmente da quando si lavorava in velocità (io ero ancora a “Spettabile Ditta” che tanto lo scrivevi prima di cominciare il dettato, quando gli altri avevano già finito la lettera…).
Anche a casa la situazione era complicata, mia mamma aveva fatto la prima operazione a cuore aperto a metà anno.
In un modo o nell’altro, arrivai ad essere ammesso all’esame di terza per ottenere l’attestato… E lo passai con una sufficienza striminzita.
Basta! Per quello che mi riguardava, questa storia della scuola finiva lì…
Invece…
Mia madre sperava di portarmi al diploma e, pur nel suo modo leggero, insisteva perché continuassi (mi concesse l’estate libera, senza “lavoretti” estivi, ufficialmente perché potessi rilassarmi, in realtà sospetto che volesse rendermi più propenso a proseguire)
Il mio amico Ebi, era stato obbligato dai genitori a proseguire fino alla quinta, oltre a lavorare d’estate (“così impari cosa costa il sale” gli dicevano in dialetto): io lo andavo a trovare sul posto di lavoro e lui ne approfittò per convincermi a continuare, specialmente perché un altro biennio da solo lo spaventava abbastanza…
Quando dissi a mia madre che mi sarei iscritto e avrei provato ad arrivare al diploma, sembrava che le avessi comunicato che avevo fatto tredici al totocalcio.
La quarta superiore si rivelò qualcosa di completamente diverso da quello che era stato fino a quel momento:
L’atmosfera era al contempo più seria (avevamo scelto noi di continuare e quindi ci sentivamo più responsabilizzati) e più “leggera” (un titolo di studio era già stato ottenuto, non ci sembrava più una questione di vita o di morte).
Pur continuando ad usare alcune delle mie tattiche consolidate (tipo le assenze a scacchiera ragionata) avevo iniziato a studiare. Inoltre le materie per me più ostiche erano un po’ meno in primo piano (steno non c’era più, dattilo era diventata una materietta minore, ed ero arrivato a fare pace, iniziando a studiare un po’ , con la contabilità)
I superstiti di quella prima tutta maschile erano in 5, me compreso, in una classe di tutte donne. Al di là di discorsi sessuali o sentimentali, era la composizione a cui ero abituato alle medie ed evidentemente generava atmosfere più rilassate per molti versi, e a me decisamente più confacenti, a quanto pare…
Tra i maschi c’erano persone con cui in prima si faceva a botte praticamente ogni giorno, mentre adesso peravamo tutti amici, come se fossero stati commilitoni.
Solo due delle ragazze erano con noi dalla seconda. Il resto della classe veniva un po’ di qui un po’ di là e si era formato un gruppo completamente nuovo, ma inopinatamente coeso (per rendere l’idea, in prima e seconda eravamo la sezione I, in terza la C. in quarta e quinta la B)
A livello delle superiori, la quarta e la quinta furono i due anni vissuti meglio delle superiori, per me, anche per i rapporti interpersonali che derivarono da quelle esperienze. Ancora oggi, quando ci troviamo per cene o ci incontriamo casualmente, la sensazione è quella di conoscere meglio queste persone di altre con cui magari ho lavorato per decenni…
All’esame di maturità non ero il primo della classe, ma entravo nella top five, ed ero il primo dei maschietti.
Il voto finale, in un’epoca nella quale l’Università era ancora cosa per pochi, era abbastanza alto per fare domanda in aziende importanti e banche, ed essere preso in considerazione, nonostante la provenienza da Istituto Professionale.
Io ci avevo preso gusto e avrei voluto continuare, ma in casa c’era bisogno di tagliare le spese ed aumentare i redditi, quindi era tempo di affrontare il mondo del lavoro…