A me lo dice proprio l'amica egiziana di mia figlia, è questo il punto.
Noi abbiamo sempre vissuto tra gli stranieri e ancora adesso sono nelle nostre vite, ma chi, egiziano, marocchino, tunisino, indiano, bengalese, nigeriano etc. vuole vivere perché magari nato qui in maniera occidentale deve poterlo fare tranquillamente, non ritrovarsi circondato da chi vorrebbe imporgli i costumi di casa.
Perché a quel punto i giovani si trovano a dover seguire ciò che viene imposto dalle famiglie che è imposto dalle comunità, ovvero a dover vivere in una società parallela con regole diverse.
Il velo è solo la punta dell'iceberg, sono tante le questioni in gioco, che riguardano la vita, soprattutto delle donne.
Se a questo problema, che è avvertito e discusso perché comunque riguarda proprio la capacità di gestire tensioni molto diverse nella società senza avere un Ataturk o un Tito, si aggiunge la disperazione della vita al limite dei clandestini, spesso in soldo a organizzazioni mafiose nostrane e straniere, in cui non è difficile infiltrare odio sociale (Fratelli Musulmani e altre organizzazioni politiche funzionano sull'identità antagonista), hai un quadro preoccupante, di cui l'Europa prima o poi dovrà farsi carico.
La stasi attuale segue lo sfruttamento politico del fenomeno.