Ma no...anzi.
La questione diviene marzulliana se si resta nell'ideale del "e vissero felici e contenti".
E da quell'ideale ne discende il " non glielo dico che magari lo/la ferisco; questa parte di me non la mostro che potrebbe essere giudicata, potrebbe destabilizzare l'altro, mi sono sentita/o offesa/o ma lascio scorrere altrimenti rompo i coglioni" etcetc
E poi si viene qui a scrivere "mio marito/mia moglie non mi conosce, non mi vede, non sa chi sono, non si interessa, non mi capisce, non sa cosa mi piace, vorrei ....(metti qualcosa a caso, anche una festa di compleanno a sorpresa va bene) ma non gli interessa niente dei miei bisogni"
e da lì è facilissimo trovare l'alternativa finendo anche con le farfalline nello stomaco, quelle della canzone di
@Arcistufo però
Senza rendersi conto che quell'alternativa non è una alternativa ma una stampella ad una propria incapacità non solo di comunicare chiaramente con l'altro ma di comunicare chiaramente con se stessi.
E che quella stessa alternativa, che vista così sembra il paradiso, una volta portata nella quotidianità diventerebbe il contenitore delle stesse problematiche.
vista da questo punto di vista, ben fa chi resta. Uno/a vale l'altro se non si sa condividere se stessi e offrire questo assumendosi il rischio di esser rifiutati.
La paura del rifiuto fa dimenticare la fedeltà a se stessi...ovvio che poi ci si perde anche fuori dall'uscio di casa.
Esser fedeli a se stessi è probabilmente l'unico motivo per cui il tradimento assume un senso di un qualche tipo.
E per cui assume un senso decidere della propria strada a prescindere dalle aspettative. Compreso il rimanere in una relazione tradendo. O proponendo alternative alla coppia chiusa.
Senza il dolore, niente ha senso. Neppure il piacere.
Non a caso nascono nello stesso posto.
EDIT: il dolore, non la paura del dolore. Sia chiaro.