Di solito evito di emettere giudizi sui fatti capitati ad altri perchè mi sento la persona meno degna di giudicare, qua dentro. Però sul crollo psicologico qualcosa forse posso dire. Io ho avuto la fortuna di avere a disposizione un amico con le palle, che ha già passato tutto questo (e ne è rimasto profondamente segnato) e mi ha costretto a riprendere contatto con la realtà. Non fosse per lui, sarei finito in ospedale, e soltanto dopo avrei iniziato con psicoterapeuta e psichiatra (come sto facendo ora). Nel mio caso, io ero accecato dalla paura, avevo dato per finita e rovinata definitivamente la mia vita (e quella della mia compagna) e ti assicuro che ero vicino a considerare qualsiasi gesto. Il panico ti riduce a una larva, diventi il bersaglio di ogni tua paura, anche quelle evidentemente irreali. E non hai i mezzi per difenderti, sei semplicemente schiacciato.
Questo non lo dico per difendere lui, ma perchè tu possa renderti conto che effettivamente è come temi: lui probabilmente in questo momento non è in sè. Non si tratta di regressione, ma proprio di essere un sacco vuoto, senza risorse. E purtroppo da questo punto di vista siete (ora) molto lontani, nel vivere questo momento. Come ti ho e ti hanno già detto, tu hai una lucidità invidiabile. Lui ne è completamente privo. La prima cosa che deve fare è trovare il modo di iniziare un percorso cosapevolmente. E quanto questo percorso sarà lungo e difficile è quasi secondario rispetto al fatto che deve rendersi conto che ha bisogno di aiuto. Ed è una cosa difficilissima da realizzare. Il trauma porta a chiudersi: a lui serve esattamente lo spunto contrario. Tra l'altro, non so se tu possa essere la persona più adatta ad aiutarlo, in questo.
Aggiungo un'altra cosa: io mi sono reso conto che il tradimento in sè è stato solo un aspetto del mio crollo. Probabilmente avrei avuto bisogno di affrontare i miei problemi anche molto tempo fa. Forse avrebbe fatto la differenza. In ogni caso, quello che voglio dire è che questo percorso deve essere soprattutto personale, prima che di coppia. Lui ora ha bisogno prima di tutto di ritornare in possesso delle proprie facoltà, prima di affrontare tutto il resto. Ha bisogno di affrontarsi, da solo (nel senso non di essere abbandonato a sè, ma di affrontare il proprio trauma, prima del vostro). Se lo desideri, se ne hai la forza, puoi essere la sua spalla, ma credo tu possa far poco direttamente e facilmente. Soprattutto finchè lui si rifiuta di mettere in discussione il problema, il suo blackout (e ti posso assicurare che a lui in questo momento fa una paura cieca e irrazionale).
Va da sè che la cosa non si risolverà da sola, anzi: se non "trattata" il danno potrebbe essere veramente enorme. Come mi è stato detto in questa e altra sede, se si sta male, ci si cura. Se non ci si cura, si perde la salute. E siccome stiamo parlando della salute psicologica di una persona, vedi bene che il problema diventa serio.
Forse sei l'unica delle persone che ha attorno ad avere inquadrato la gravità del problema. D'altra parte immagino che la situazione sia molto ingarbugliata sia a livello pratico che "sentimentale", quindi potrei suggerirti di provare a parlarne con qualcuno che gli sia vicino, ma in una posizione diversa (e più gestibile per lui) dalla tua. Fratelli/sorelle, amici, colleghi...insomma, qualcuno di relativamente estraneo alla vicenda che possa guidarlo per i primi passi. Lo step successivo è trovare un valido aiuto in uno specialista. Mi sento di escludere che possa fare qualche progresso da solo, perchè non ha gli strumenti per affrontare il suo trauma. Può solo tentare di negarlo e rimuoverlo.
E qui mi fermo, perchè da questo punto dovrebbero cominciare le tue valutazioni sul vostro eventuale futuro; e come dicevo, sono la persona meno adatta a emettere giudizi o fornire suggerimenti. Volevo solo darti la mia versione (che non è nemmeno detto sia azzeccata, parlo solo per la mia esperienza) su cosa può aver provocato la sua apparente "regressione".
Un abbraccio.