Il valore di una promessa

patroclo

Utente di lunga data
Ma un uomo impotente che pretendesse fedeltà dalla moglie quarantenne come lo giudichereste?
E una donna che si negasse sessualmente al marito fedele?
Esiste il diritto a scegliere una qualità di vita affettiva e sessuale che si ritiene adeguata, pur in presenza di vincoli comunque rispettati nei limiti delle possibilità concrete?
...ma io farei un distinguo, che poi magari non è del tutto sensato, parliamo di coniugi indipendentemente dal sesso e quindi dalla possibile origine del problema, ma una questione mi sembra il sesso chiamiamolo "meccanico" e una cosa il calore..naturalmente l'ideale è quando il calore si esprime anche durante l'atto ma se il problema è puramente meccanico perchè deve essere coinvolta anche la sfera del calore?.....e non sto parlando necessariamente di soddisfare il proprio partner "abile" in altri modi ( seppur ce ne siano)
Il dubbio mi è veduto perchè, al di là degli esempi grami di chi va a scopare in giro mentre la moglie è in sala parto ( ecc.), poi alla fine ho l'impressione che la sfera coinvolta sia molto più vasta.
Capisco benissimo che possa capitare che una persona con difficoltà si faccia una marea di paranoie sulla sua possibile inadeguatezza e quindi rinunci anche alla parte del "calore"
Personalmente non sarei qui se mi fosse mancata solo la parte "meccanica" o almeno avrei "capito" per tanti altri anni.

Naturalmente il mio esempio riguarda solo chi, nell'impossibilità di compiere l'atto in se per qualsiasi ragione fisica, conserva le altre abilità
 

void

Utente di lunga data
Stai sempre guardando dalla parte del malato e in senso "utilitaristico"...
...ma dal punto di vista emotivo lo fai perché senti dentro di te che é la cosa giusta da fare....
So che non é facile comprenderlo....
e guarda che non sono una masochista...ti assicuro
Penso che guardando dalla parte del malato, se vi e' amore da esprimere, non puo' non esserci comprensione e desiderio che l'altro viva felice. Altrimenti vi e' egoismo e non amore. E questo a prescindere dalla razionalita' o "utilitarismo" come lo definisci tu.

Ma guarda che comprendo quello che vuoi dire, per chi "rimane" e' difficile superare lo scoglio, non sentirsi in colpa. E' difficile vivere una nuova vita sapendo che colui con cui hai condiviso tanto e' sospeso nel nulla, indifeso.

Capisco, credimi, come capisco che ognuno vive questa situazione come si sente, non c'e' ne un giusto ne uno sbagliato, se si esce dalla fredda via della razionalita'
 

danny

Utente di lunga data
...ma io farei un distinguo, che poi magari non è del tutto sensato, parliamo di coniugi indipendentemente dal sesso e quindi dalla possibile origine del problema, ma una questione mi sembra il sesso chiamiamolo "meccanico" e una cosa il calore..naturalmente l'ideale è quando il calore si esprime anche durante l'atto ma se il problema è puramente meccanico perchè deve essere coinvolta anche la sfera del calore?.....e non sto parlando necessariamente di soddisfare il proprio partner "abile" in altri modi ( seppur ce ne siano)
Il dubbio mi è veduto perchè, al di là degli esempi grami di chi va a scopare in giro mentre la moglie è in sala parto ( ecc.), poi alla fine ho l'impressione che la sfera coinvolta sia molto più vasta.
Capisco benissimo che possa capitare che una persona con difficoltà si faccia una marea di paranoie sulla sua possibile inadeguatezza e quindi rinunci anche alla parte del "calore"
Personalmente non sarei qui se mi fosse mancata solo la parte "meccanica" o almeno avrei "capito" per tanti altri anni.

Naturalmente il mio esempio riguarda solo chi, nell'impossibilità di compiere l'atto in se per qualsiasi ragione fisica, conserva le altre abilità
:up:
 

patroclo

Utente di lunga data
Diciamo che sto mettendo in discussione molte cose di me .... e quello che mi faceva sentire bene una volta ora mi fa sentire cogliona ..... e e lo dico anche con simpatia verso me stessa .....

Ho sprecato così tanto tempo appresso agli unicorni che mi sono un filino rotta le balle ....
....adesso fai una cosa:
1- prendi una confezione di post it
2- prendi una penna, punta grossa e colorata è meglio
3- ogni volta che hai dubbi comincia a scrivere su un foglietto "Io non sono Hiroo Onoda"
4- appendi il post bene in vista davanti a te
5- ripeti l'operazione in ogni luogo che frequenti abitualmente o secondo necessità
6- non rimuovere i foglietti

...puoi anche cambiare frase, ma prima deve essere approvata dall'apposita commissione qui sul forum
 

HP72

Utente di lunga data
Penso che guardando dalla parte del malato, se vi e' amore da esprimere, non puo' non esserci comprensione e desiderio che l'altro viva felice. Altrimenti vi e' egoismo e non amore. E questo a prescindere dalla razionalita' o "utilitarismo" come lo definisci tu.

Ma guarda che comprendo quello che vuoi dire, per chi "rimane" e' difficile superare lo scoglio, non sentirsi in colpa. E' difficile vivere una nuova vita sapendo che colui con cui hai condiviso tanto e' sospeso nel nulla, indifeso.

Capisco, credimi, come capisco che ognuno vive questa situazione come si sente, non c'e' ne un giusto ne uno sbagliato, se si esce dalla fredda via della razionalita'
Ma ribaltando la questione il risultato dovrebbe esser lo stesso? ... se il malato fosse felice solo se il compagno rimane con lui come la mettiamo? Le aspettative di felicità valgono solo se a vantarle è la parte forte? La parte debole (malata) deve essere comprensiva perchè il suo ruolo è quello di essere "inferiore"?
Se non cominciamo a parlare di coppia anzichè di singoli individui mi sa che non usciamo dal loop...
 

Arcistufo

Papero Talvolta Posseduto

stany

Utente di lunga data
Ma ribaltando la questione il risultato dovrebbe esser lo stesso? ... se il malato fosse felice solo se il compagno rimane con lui come la mettiamo? Le aspettative di felicità valgono solo se a vantarle è la parte forte? La parte debole (malata) deve essere comprensiva perchè il suo ruolo è quello di essere "inferiore"?
Se non cominciamo a parlare di coppia anzichè di singoli individui mi sa che non usciamo dal loop...
Il malato ragionevolmente ha sempre e comunque l'aspettativa di essere "l'unica persona" che conta; forse ancor più in quelle condizioni.L'abnegnazione, l'altruismo il donarsi completamente sono manifestazioni terrene che "santificano"...Se questo fosse mai possibile in una relazione fin lì vissuta con questi presupposti e caratteristiche, immaginiamo quando,molto più diffusamente,ad una certa età,dopo anni di convivenza,ci si ritrova a dover "sopportate" (brutto a dirsi) un coniuge con l'alzaimer o la sla,o altro di invalidante.Ciò porta all'esasperazione e fa passare in secondo piano un'esigenza che sia men che di sola comprensione,aiuto pratico ed empatia. Certo che se la situazione si protrae nel tempo, come dire: diventa normalità ci può stare che anche le remore iniziali che inibivano, cadano e portino,come tutto ciò che è umano alla sopravvivenza ed al tanto decantato suo spirito.
Ma qui, forse ,nella fattispecie, le remore di ordine morale sono tali che fanno riflettere e, nonostante la comprensione e l'adesione per questo tipo di "tradimento",facciano sorgere delle domande in chi,non priva di scrupoli , tant'è che cerca giustificazione oltre a comprensione,si rende conto che la vicina,il panettiere,o chiunque conosca la situazione, possa pensare e dire: "Hai visto quella,ha il marito in ospedale e lei scopa con uno, che è pure sposato!"....E questo farebbe sentire in torto chiunque. Ma approfondendo il superficiale, l'omologazione, il retaggio culturale , si vede (a partire dagli scambi qui dentro), che per dare un parere veramente consapevole ,bisognerebbe mettersi nei panni altrui. Del resto le convenzioni sono quasi sempre le antitesi dei sentimenti!
 
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Mariben

Utente di lunga data
Ma ribaltando la questione il risultato dovrebbe esser lo stesso? ... se il malato fosse felice solo se il compagno rimane con lui come la mettiamo? Le aspettative di felicità valgono solo se a vantarle è la parte forte? La parte debole (malata) deve essere comprensiva perchè il suo ruolo è quello di essere "inferiore"?
Se non cominciamo a parlare di coppia anzichè di singoli individui mi sa che non usciamo dal loop...

E parliamo di coppia dunque ( che ,come si diceva la cura dei genitori anziani / malati/invalidi c'azzecca come i cavoli a merenda ) ma parliamone partendo dall'esempio di una coppia dove uno dei due è invalido, incosciente, in stato vegetativo per capirci. Presupponiamo , e qui faccio degli esempi di persone che ho conosciuto realmente, che questo stato duri da ANNI, che dopo ANNI di cure in casa il "sano" ( che a sto punto proprio sanissimo non è ) si rassegni, magari per il bene dei figli ( La scrittrice che nominavo ha dovuto cedere proprio perchè la sua bambina di pochi anni non vivesse in un clima ospedaliero dove TUTTA la giornata era scandita dai rumori del respiratore, dove regnava la penombra e l'andirivieni di amici, parenti e infermieri era tutt'altro che gioioso ) a ricoverarlo in una struttura adatta .
Lui, il paziente, ha bisogno di essere assistito in tutto e per tutto ( presente Englaro ? ) e non interagisce con niente e nessuno Lei , la "sana" continua a fargli visita quotidiamente ma , persa ogni speranza, comincia a dedicarsi alla figlia , al lavoro, agli amici e dopo qualche tempo incontra un'uomo, si innamora e comincia una relazione ( che finirà ma poco importa )
Storia simile, tempi simili , la storia del compagno della mia amica ,con la differenza che fra un catetere e una flebo , si sono conosciuti proprio nella struttura. ( sono ancora insieme ma poco importa )
Ora la domanda è ( senza scomodare ancora Rosarose) queste due persone possono avere voglia, diritto, una sorta di benestare per vivere, amare ancora ?
Ps sono entrambi vedovi ora dopo ANNI di ricovero i loro sfortunati coniugi se ne sono andati da quella gabbia che era il loro corpo.
Amen
 

Moni

Utente di lunga data
Me lo spieghi meglio la differenza?
Non è che quando stava male mio padre avessi un fidanzato.
Non mi sono immolata e non ho pensato di doverlo a mio padre, semplicemente non avevo tempo e testa.
Sarebbe uguale per la malattia di un partner.
Perché è diverso?
Ti ha risposto bene nocciola sulla diversità di tale rapporto
 

Brunetta

Utente di lunga data
No non è uguale
Mentre curi tuo padre e non hai un fidanzato non ti viene a mancare la parte del fidanzato perchè appunto non ce l'hai, magari ti manca la presenza di tuo padre per come era
Diverso è avere un amore vicino che viene a mancare e si sente il bisogno di quel calore
Che poi non è che una va in giro per locali alla ricerca spasmodica di qualcuno con cui fare sesso. Ma se si incontra qualcuno che può starci vicino e compensare la mancanza sia affettiva che sessuale non vedo dove sia il problema
A me sembra che se non hai un fidanzato hai maggiormente bisogno di una relazione di quel tipo, che neppure lontanamente potresti considerare in contrasto con il rapporto con il genitore, quindi non ci sarebbero ostacoli alla sua creazione.
Io dicevo che non mi sono immolata per nulla, ho fatto che doveva essere fatto, ma tempo e testa non ne avevo per trovare qualcuno (anche se mi sarebbe stato di conforto).
Sinceramente non mi sono accorta che qualcuno ci avesse provato, ma credo che non sarei stata in condizione di accorgermene.
 

Brunetta

Utente di lunga data

Moni

Utente di lunga data
Ma un uomo impotente che pretendesse fedeltà dalla moglie quarantenne come lo giudichereste?
E una donna che si negasse sessualmente al marito fedele?
Esiste il diritto a scegliere una qualità di vita affettiva e sessuale che si ritiene adeguata, pur in presenza di vincoli comunque rispettati nei limiti delle possibilità concrete?
Se fosse impotente Ci aggiusteremmo con altro e il calore non verrebbe meno
Gli starei vicino ma parliamo di un uomo in grado di essermi vicino con cui aver e'un progetto di vita ed affettivo
Non un vegetale

Se mi rifiuta o non mi cerca perché non ne ha voglia si prende prima o poi un bel calcio nel culo
 

Foglia

utente viva e vegeta
A me sembra che se non hai un fidanzato hai maggiormente bisogno di una relazione di quel tipo, che neppure lontanamente potresti considerare in contrasto con il rapporto con il genitore, quindi non ci sarebbero ostacoli alla sua creazione.
Io dicevo che non mi sono immolata per nulla, ho fatto che doveva essere fatto, ma tempo e testa non ne avevo per trovare qualcuno (anche se mi sarebbe stato di conforto).
Sinceramente non mi sono accorta che qualcuno ci avesse provato, ma credo che non sarei stata in condizione di accorgermene.
Io non ho idea di quanto sia durata questa condizione di tuo padre. Ma te la saresti sentita di non predisporti neppure a pensare ad avere spazi tuoi (forse un fidanzato, da giovani, richiede più tempo ed energie di un amante) se davanti a te si fosse profilato un tempo indeterminato (quale spesso e' quello di una persona relativamente giovane colpita da una malattia cronica)?
 

Mariben

Utente di lunga data
Io non ho idea di quanto sia durata questa condizione di tuo padre. Ma te la saresti sentita di non predisporti neppure a pensare ad avere spazi tuoi (forse un fidanzato, da giovani, richiede più tempo ed energie di un amante) se davanti a te si fosse profilato un tempo indeterminato (quale spesso e' quello di una persona relativamente giovane colpita da una malattia cronica)?

Sai... rispondo per me ovviamente, il cancro come nel caso dei miei ad esempio, non ti da speranze a lungo termine e una sorta di sollievo dato dalle mie sorelle e mia madre quando si trattava di mio padre ti fa ricaricare di energie, seppure la tristezza di fondo non ti lasci mai. Io poi ,essendo appena uscita da una forte depressione, avevo il DOVERE di pensare un pò a me e ,anche per loro ; non mi vergogno a dirlo e nemmeno mi sento in colpa, in quei rari momenti di " libertà" mi dedicavo a cose che mi rasserenavo un pochino, tipo andare in montagna in solitaria o andare a funghi. Diverso è , e a maggior ragione coltivare il se diventa prioritario,secondo me, quando non hai la minima idea di quanto lo strazio avrà fine.
 

void

Utente di lunga data
Ma ribaltando la questione il risultato dovrebbe esser lo stesso? ... se il malato fosse felice solo se il compagno rimane con lui come la mettiamo? Le aspettative di felicità valgono solo se a vantarle è la parte forte? La parte debole (malata) deve essere comprensiva perchè il suo ruolo è quello di essere "inferiore"?
Se non cominciamo a parlare di coppia anzichè di singoli individui mi sa che non usciamo dal loop...
Stiamo parlando di cose diverse.
Non ci sono questioni da ribaltare, ne verità assolute. Ognuno si comporta secondo quello che ha dentro e la sua visione dell'amore.
Certo che il malato è felice di avere vicino il compagno, come potrebbe essere altrimenti? Ma non stiamo parlando di una malattia passeggera, ma di casi estremi.

E quello che ti posso dire, senza la presunzione di affermare che sia la verità, e' che se io fossi il malato in condizioni di totale invalidità, il mio modo di esprimere il mio amore verso il partner sarebbe di non trascinarlo a fondo con me, di non obbligarlo a subire la "disgrazia" che la sorte mi ha dato.

E in questo ruolo sarei la parte forte, non quella debole o "inferiore", quella che sa trasformare l'amore in dolore e lo accudisce, senza riversarlo sull'altro.

Ti dico anche che al posto dell'altro partner mi porterei sempre una sorta di peso dentro e la mia serenità non sarebbe mai completa. Ma ognuno è fatto modo suo.

Tutto qui.
 
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Annina123

Utente di lunga data
Stiamo parlando di cose diverse.
Non ci sono questioni da ribaltare, ne verità assolute. Ognuno si comporta secondo quello che ha dentro e la sua visione dell'amore.
Certo che il malato è felice di avere vicino il compagno, come potrebbe essere altrimenti? Ma non stiamo parlando di una malattia passeggera, ma di casi estremi.

E quello che ti posso dire, senza la presunzione di affermare che sia la verità, e' che se io fossi il malato in condizioni di totale invalidità, il mio modo di esprimere il mio amore verso il partner sarebbe di non trascinarlo a fondo con me, di non obbligarlo a subire la "disgrazia" che la sorte mi ha dato.

E in questo ruolo sarei la parte forte, non quella debole o "inferiore", quella che sa trasformare l'amore in dolore e lo accudisce, senza riversarlo sull'altro.

Ti dico anche che al posto dell'altro partner mi porterei sempre una sorta di peso dentro e la mia serenità non sarebbe mai completa. Ma ognuno è fatto modo suo.

Tutto qui.
Anche io la penso così.
 

stany

Utente di lunga data
Io credo che la promessa ,il giuramento,la dedizione,abbiano molto a che fare col senso del dovere; non per questo sentito come imposizione, ma come parte ineludibile di se,di come si è. E l'abnegazione ed il sacrificio vengano visti come parte di un percorso che può toccare a chiunque. È il senso del dovere, quando è genuino e vissuto come parte integrante della nostra personalità che ci fa sacrificare per i figli,genitori, in modo direi "automatico" e scontato; quello per un partner è un senso del dovere diverso,che fa i conti non solo l'automaticità genetica, ma investe una sfera di vissuto che determina un bilancio "finale" e, come tutti i bilanci può essere truccato. Ci si può sentire in dovere col partner che magari ci ha traditi solo perché la nostra cura e l'assistenza che daremo rientrano in uno schema sociale atteso; oppure,invece solo per soddisfare egoisticamente la parte impressa dentro di noi dall'educazione, dall'esempio ricevuto, piuttosto che da l'adempimento al dogma religioso. Ma il senso del dovere più consapevole ,forse, è quello di colui che cede agli stimoli ,ma riesce non asetticamenten e non senza fatica,ma con un approccio che definirei più religioso (inteso come ricerca di se e della ragione della vita) a farsene carico in piena lucidità e consapevolezza. Criticare è facile,dare il "buon" esempio è molto più difficile,e non è da tutti.
 

Ginevra65

Moderatrice del cazzo
Staff Forum
Io credo che la promessa ,il giuramento,la dedizione,abbiano molto a che fare col senso del dovere; non per questo sentito come imposizione, ma come parte ineludibile di se,di come si è. E l'abnegazione ed il sacrificio vengano visti come parte di un percorso che può toccare a chiunque. È il senso del dovere, quando è genuino e vissuto come parte integrante della nostra personalità che ci fa sacrificare per i figli,genitori, in modo direi "automatico" e scontato; quello per un partner è un senso del dovere diverso,che fa i conti non solo l'automaticità genetica, ma investe una sfera di vissuto che determina un bilancio "finale" e, come tutti i bilanci può essere truccato. Ci si può sentire in dovere col partner che magari ci ha traditi solo perché la nostra cura e l'assistenza che daremo rientrano in uno schema sociale atteso; oppure,invece solo per soddisfare egoisticamente la parte impressa dentro di noi dall'educazione, dall'esempio ricevuto, piuttosto che da l'adempimento al dogma religioso. Ma il senso del dovere più consapevole ,forse, è quello di colui che cede agli stimoli ,ma riesce non asetticamenten e non senza fatica,ma con un approccio che definirei più religioso (inteso come ricerca di se e della ragione della vita) a farsene carico in piena lucidità e consapevolezza. Criticare è facile,dare il "buon" esempio è molto più difficile,e non è da tutti.
Il senso del dovere, fare la cosa giusta.

Spesso in un matrimonio o legame prevale questo senso del dovere.

Nel caso specifico della malattia il senso del dovere all'assistenza , non mi trovo d'accordo con l'annientamento dell'altro.

Ho visto casi di figli che si sono annientati per i genitori, rinunciando a farsi una famiglia e genitori egoisti che hanno concesso questo in nome del senso del dovere.

Come ho visto coppie dedicarsi a mariti/mogli che ormai non li riconoscevano neanche con un senso di rassegnazione e di dolore. La loro vita era finita insieme alla malattia del partner. Questa devozione mi sembra veramente distruttiva per chi è ancora in salute.

Come i genitori che hanno la sfortuna di avere un figlio malato, si dedicano in toto, ma è anche vero che cercano aiuti attraverso servizi di assistenza attraverso strutture per poter far fronte al loro calvario.

Umanamente parlando, la persona sana ha bisogno di essere se stessa, di vivere un po di normalità per poter far fronte a questo impegno.
 

Annina123

Utente di lunga data
Il senso del dovere, fare la cosa giusta.

Spesso in un matrimonio o legame prevale questo senso del dovere.

Nel caso specifico della malattia il senso del dovere all'assistenza , non mi trovo d'accordo con l'annientamento dell'altro.

Ho visto casi di figli che si sono annientati per i genitori, rinunciando a farsi una famiglia e genitori egoisti che hanno concesso questo in nome del senso del dovere.

Come ho visto coppie dedicarsi a mariti/mogli che ormai non li riconoscevano neanche con un senso di rassegnazione e di dolore. La loro vita era finita insieme alla malattia del partner. Questa devozione mi sembra veramente distruttiva per chi è ancora in salute.

Come i genitori che hanno la sfortuna di avere un figlio malato, si dedicano in toto, ma è anche vero che cercano aiuti attraverso servizi di assistenza attraverso strutture per poter far fronte al loro calvario.

Umanamente parlando, la persona sana ha bisogno di essere se stessa, di vivere un po di normalità per poter far fronte a questo impegno.
Da mamma di un bimbo malato posso dire che c'è bisogno di tanto entusiasmo di cui il bimbo ha pieno diritto ma le risorse vanno alimentate e chi pensa di averne di infinite si ritrova alla fine svuotato di tutto. Io credo che mio figlio abbia il diritto di avere una mamma felice e non una mamma distrutta che maschera tutto con un sorriso tirato. Tra l'altro c'è anche un altro figlio sano che ha diritto alla sua "normalità". Una mamma viene vista come onnipotente ma sappiamo che non è così.
Una volta avevo letto una storiella di come Dio sceglie la madre di un bimbo disabile e tra le caratteristiche c'era anche il fatto che dovesse essere una donna un po' "egoista" perché questo l'avrebbe aiutata a prendersi cura anche di se stessa oltre che di lui. Mi aveva fatto pensare.
Non so se aggiunga molto al dibattito ma volevo condividere.
 
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