Ci hanno insegnato che l'amore è eterno e ora ...

Brunetta

Utente di lunga data
C'è anche tanto marketing... ad esempio ricordo qualche tempo fa (oggi mi pare sparita) un sacco di pubblicità di prodotti alimentari da preferire perchè "senza olio di palma", e io che sono cresciuto a Nutella mi chiedevo cos'avesse mai di tanto mostruoso sto olio di palma... la mia sensazione era che si era creato un mostro per dare valore aggiunto a dei prodotti in contrapposizione ad esso... non voglio dire che è la stessa roba per l'emergenza climatica e tutto ciò che si mette l'etichetta green per vendere.. quindi non lo dico
Ecco, non dirlo 🤭
 

Brunetta

Utente di lunga data
Fumavano tutti anche... ora si vede di rado, per fortuna
Quando hanno proibito per prima cosa di fumare al cinema, pensai che ci sarebbe stato un crollo di spettatori, invece no. C’è stato dopo, ma per le videocassette e ora le piattaforme.
E pensare che, pur non avendo mai fumato, quell’odore di fumo stantio di cui erano impregnati i cinema, per me era “odore di cinema” e per questo mi piaceva.
Tutto ciò che è nostra esperienza ci pare che debba essere sempre così, ma pure che sia sempre stato così, pure per abitudini che sono recentissime.
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Quando hanno proibito per prima cosa di fumare al cinema, pensai che ci sarebbe stato un crollo di spettatori, invece no. C’è stato dopo, ma per le videocassette e ora le piattaforme.
E pensare che, pur non avendo mai fumato, quell’odore di fumo stantio di cui erano impregnati i cinema, per me era “odore di cinema” e per questo mi piaceva.
Tutto ciò che è nostra esperienza ci pare che debba essere sempre così, ma pure che sia sempre stato così, pure per abitudini che sono recentissime.
Per il fumo (mi scuso per l'OT) secondo me c'è anche un effetto tipo feedback.. Se io cresco vedendo film / telefilm / (Funari o Pannella che fumano allegramente in TV), in cui tutti fumano mi si crea l'idea che sia una cosa socialmente molto apprezzabile, quasi dovuta per cui più probabilmente se avrò occasione prenderò il "vizio" e il fenomeno si auto amplifica. Se la stessa cosa è ostracizzata e vedo dei fumatori come degli emarginati avrò meno probabilità di incappare nel "vizio" e così il fenomeno si auto attenua, per fortuna
 

Brunetta

Utente di lunga data
Per il fumo (mi scuso per l'OT) secondo me c'è anche un effetto tipo feedback.. Se io cresco vedendo film / telefilm / (Funari o Pannella che fumano allegramente in TV), in cui tutti fumano mi si crea l'idea che sia una cosa socialmente molto apprezzabile, quasi dovuta per cui più probabilmente se avrò occasione prenderò il "vizio" e il fenomeno si auto amplifica. Se la stessa cosa è ostracizzata e vedo dei fumatori come degli emarginati avrò meno probabilità di incappare nel "vizio" e così il fenomeno si auto attenua, per fortuna
Può essere.
Per me non è andata così.
I “disclamer“ (si dice così?) nei film di Netflix (che vengono facilmente confusi con censure) avvisano dei contenuti che possono risultare sgraditi a chi pensa che la visione di certi comportamenti induca a compierli. La pensa così chi non fa fumare nessun personaggio e chi evita la rappresentazione di qualsiasi gesto violento.
Periodicamente tutti cadiamo in questo atteggiamento simil-censorio. A me irritano le immagini di chi si ubriaca per rilassarsi, divertirsi, consolarsi. Ma perché è fuorviante. Non trovo che sia di per sé da evitare.
 

Alphonse02

Utente di lunga data
L’educazione, a casa, ,ma pure a scuola, è non per evitare morti/e, ma per prevenire violenza interpersonale.
Se si guardano i film anni cinquanta, si vede che nelle relazioni uomo-donna qualche sberla capitava sempre. Era considerata una espressione normale della passionalità. Ora no. Forse un po’ siamo stati educati.
Non voglio infierire, ma l'omicidio (e dunque anche il femminicidio) è in cima alla lista delle violenze.

Non c'è dubbio, c'è stata un'evoluzione nei costumi in questa parte del mondo che chiamiamo Occidente.
Però, è come per la questione della crisi climatica: quanta parte è dovuta ai cicli climatici di lungo periodo e quanta all'intervento inquinatore umano ?

Non so se ci sia ancora, ma nell'edificio della scuola di sci a, Cervinia, Plateau Rosà (3.500 mt), a destra dell'arrivo della funivia, in una delle stanze accessibili al pubblico, c'era la riproduzione di una vecchia foto (credo un dagherrotipo) del 1900, dove si vedevano le mucche pascolare nella stessa zona (che era un gran prato) dove c'è il ghiacciaio e dove si scia anche d'estate (anche se il ghiacciaio si sta ritirando da diversi decenni).

Mi sa che quanto è successo nella storia occidentale del femminismo, potrebbe essere stato più importante dell'educazione del genere maschile.

Annoio ancora un po', riportando un breve scambio di opinioni avuto ieri al "suk", davanti ad un banco di generi alimentari-salumeria. Vox populi .. per intenderci.

C'erano tre uomini che discutevano, a lato del bancone. Uno italiano (sardo), titolare del banco, e due che apparivano stranieri (parlavano l'italiano non bene) che chiacchieravano con lui. Una discussione un po' surreale sull'immigrazione, sulla prevista sostituzione degli italiani (che non figliano) con stranieri, ed una delle tesi verteva sulla mescolanza del "sangue", che avrebbe rafforzato la razza umana. Mi era capitato di ascoltare mentre vedevo la vetrina con i prodotti esposti, cercavo del baccalà. Ma il proprietario del banco l'aveva esaurito e, venendomi accanto mi aveva coinvolto nella conversazione, chiedendomi per prima cosa se fossi italiano.
Faccio grazia della più articolata conversazione che è seguita alla mia risposta affermativa. In breve, ho risposto alla sua interrogazione che la mescolanza delle popolazioni normalmente fosse positiva, ma è un processo lento e lungo nel tempo. Avevo aggiunto che avevamo avuto una regina di nazionalità montenegrina nel secolo scorso.
Uno degli altri interlocutori mi dava ragione, sostenendo che, però, sarebbe stata una cosa abbastanza veloce, dato il gran numero di donne italiane che si fanno scopare dagli immigrati (come lui probabilmente era). A tale insinuazione il sardo aveva sentenziato: "ce lo meritiamo come uomini, abbiamo lasciato che le donne si comportino come facevamo noi il nostro comodo".
Ci siamo salutati cordialmente e me ne sono andato.
 
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Brunetta

Utente di lunga data
Non voglio infierire, ma l'omicidio (e dunque anche il femminicidio) è in cima alla lista delle violenze.

Non c'è dubbio, c'è stata un'evoluzione nei costumi in questa parte del mondo che chiamiamo Occidente.
Però, è come per la questione della crisi climatica: quanta parte è dovuta ai cicli climatici di lungo periodo e quanta all'intervento inquinatore umano ?

Non so se ci sia ancora, ma nell'edificio della scuola di sci a, Cervinia, Plateau Rosà (3.500 mt), a destra dell'arrivo della funivia, in una delle stanze accessibili al pubblico, c'era la riproduzione di una vecchia foto (credo un dagherrotipo) del 1900, dove si vedevano le mucche pascolare nella stessa zona (che era un gran prato) dove c'è il ghiacciaio e dove si scia anche d'estate (anche se il ghiacciaio si sta ritirando da diversi decenni).

Mi sa che quanto è successo nella storia occidentale del femminismo, potrebbe essere stato più importante dell'educazione del genere maschile.

Annoio ancora un po', riportando un breve scambio di opinioni avuto ieri al "suk", davanti ad un banco di generi alimentari-salumeria. Vox populi .. per intenderci.

C'erano tre uomini che discutevano, a lato del bancone. Uno italiano (sardo), titolare del banco, e due che apparivano stranieri (parlavano l'italiano non bene) che chiacchieravano con lui. Una discussione un po' surreale sull'immigrazione, sulla prevista sostituzione degli italiani che non figliano con stranieri, ed una delle tesi verteva sulla mescolanza del "sangue", che avrebbe rafforzato la razza umana. Mi era capitato di ascoltare mentre vedevo la vetrina con i prodotti esposti, cercavo del baccalà. Ma il proprietario del banco l'aveva esaurito e, venendomi accanto mi aveva coinvolto nella conversazione, chiedendomi per prima cosa se fossi italiano.
Faccio grazia della più articolata conversazione che è seguita alla mia risposta affermativa. In breve, ho risposto alla sua interrogazione che la mescolanza delle popolazioni normalmente fosse positiva, ma è un processo lento e lungo nel tempo. Avevo aggiunto che avevamo avuto una regina di nazionalità montenegrina nel secolo scorso.
Uno degli altri interlocutori mi dava ragione, sostenendo che, però, sarebbe stata una cosa abbastanza veloce, dato il gran numero di donne italiane che si fanno scopare dagli immigrati (come lui probabilmente era). A tale insinuazione il sardo aveva sentenziato: "ce lo meritiamo come uomini, abbiamo lasciato che le donne si comportino come facevamo noi il nostro comodo".
Ci siamo salutati cordialmente e me ne sono andato.
Metti sempre più cose nello stesso post.
Sorvolerei sulla saggezza da mercato. Ne ho sentite di peggio.
Io credo che prevalentemente si ricada inavvertitamente nella onnipotenza infantile. Questo l’ho osservato da decenni, non solo recentemente sui social.
Abbiamo la tendenza a volerci sentire dalla parte giusta. Può essere la parte conveniente, il carro del vincitore su cui tanti vogliono salire, o quella che si crede più nobile o intelligente. Questo con una personale sopravvalutazione, come se la propria adesione possa essere decisiva. È evidente quando si vuole assistere a una partita in diretta, come se la nostra partecipazione emotiva possa influenzare il risultato.
Premessa per dire che il sentirsi corresponsabili del cambiamento climatico o dei cambiamenti demografici ci può fare sentire “alla guida”, allo stesso modo come rifiutare che vi sia una componente umana è un modo per non sentirsi responsabili. Ma sono risonanze interne. Se io faccio un bagno caldo di due ore o una doccia di dieci minuti non cambia nulla.
 
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ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Può essere.
Per me non è andata così.
I “disclamer“ (si dice così?) nei film di Netflix (che vengono facilmente confusi con censure) avvisano dei contenuti che possono risultare sgraditi a chi pensa che la visione di certi comportamenti induca a compierli. La pensa così chi non fa fumare nessun personaggio e chi evita la rappresentazione di qualsiasi gesto violento.
Periodicamente tutti cadiamo in questo atteggiamento simil-censorio. A me irritano le immagini di chi si ubriaca per rilassarsi, divertirsi, consolarsi. Ma perché è fuorviante. Non trovo che sia di per sé da evitare.
La censura nel cinema c'è sempre stata e c'è ancora. Ad esempio tutti i film Marvel che rispondono ai criteri pg13 mi fanno venire il nervoso proprio perché mostrano una "violenza" palesemente castrata, mai una volta che un colpo ben assestato al cattivo venga preso in primo piano nei suoi effetti devastanti... Quando io da bambino vedevo cartoni giapponesi dove la rappresentazione era ben più cruda, al limite della pornografia. Però può avere un senso perché dovrebbe essere relativa alle capacità critiche proprie dell'età degli spettatori
 

Alphonse02

Utente di lunga data
@Alphonse02, davvero da un pomello di un coperchio, sei arrivato a queste considerazioni? Accipicchia!
Non avevo letto avessi una storia ultraventennale e che non convivessi.
Domanda: quando tu hai esclamato alla tua lei che non siete fatti per vivere insieme, come ha reagito?
Se ti va di spiegarlo.
Provo a risponderti in modo sintetico.
Non è un pomello di un coperchio quello che ci divide e, paradossalmente, ci unisce.

Io ho avuto due storie di coppia importanti, ventennali e più.
Nella prima delle esperienze ultraventennali sono stato tradito e l'ho scoperto, nell'altra ho tradito e sono stato scoperto. Spiega perché sono entrato qui nel sito.

Nella prima (matrimonio), avevo investito tutto (non solo sentimentalmente) e son rimasto scottato di brutto dal tradimento. Mi son ripreso a fatica e credo di aver imparato la lezione impartitami dalla vita.

Nella seconda (convivenza a distanza), ho investito meno (molto meno), sotto tutti gli aspetti. Ho imparato a non essere io il primo a muovermi e giocare più di rimessa. Impegnandomi con prudenza, con riserva. Ho ricevuto indietro, grossomodo, quanto avevo ricevuto nella prima esperienza matrimoniale, pur partendo da aspettative più contenute.

La compagna attuale l'ho incontrata all'università in California, dopo la mia separazione da mia moglie E' straniera nordica e donna in carriera. Lavorando in paesi distanti tra loro (non solo in tema di chilometri) abbiamo sempre avuto una relazione a distanza. Non potevamo fare altrimenti.
La nostra lingua comune è l'inglese (non è madrelingua di uno di noi).

Quindi viviamo insieme, sotto lo stesso tetto, per 3 o 4 mesi al massimo, nell'arco dell'anno e in paesi di residenza diversi.
Non abbiamo mai coabitato per più di due mesi di fila. E se pensassimo di farlo, lei non vuole rinunciare al suo paese di origine (più civile, organizzato) ed io vorrei rimanere nel mio (che critico ma adoro).

Non so sinceramente se cambieremo, lasciando un assetto relazionale che finora ha funzionato.
 
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Marjanna

Utente di lunga data
ci dobbiamo ficcare in mente - e spiegarlo alle giovani generazioni - che l'amore non è affatto eterno, anzi finisce molte volte semplicemente perché non ci si trova più a stare bene insieme o talvolta scambiamo per amore quel qualcosa che in effetti è solo un'impressione iniziale e transitoria perché poi diviene solo senso del possesso di uno status, di una comfort zone che non si vuole abbandonare.

E' una riflessione su quale educazione ai sentimenti possa essere insegnata alle giovani generazioni, visto che tanto se ne parla in queste settimane.

Stasera avevo smontato, con parecchia difficoltà, un vecchio pomello di un coperchio di pentola, alternando vari attrezzi, per sostituirlo con uno nuovo, acquistato in mattinata al secondo grande mercato domenicale di Roma, che chiamo familiarmente il “suk”. Durante la consueta videochiamata serale, avevo fatto vedere alla mia compagna il coperchio, tornato come nuovo, e le avevo chiesto se per caso avesse bisogno anche lei a casa sua di un pomello nuovo perché ne avevo comprati 4 di ricambi, visto che la raggiungo in montagna sabato prossimo per trascorrere le festività insieme.

Mi aveva detto di no, aggiungendo che lei, quando i pomelli di un coperchio si rompe, butta tutto e lo ricompra.
Poiché mi ritiene un maniaco delle riparazioni casalinghe e del fai da te, ha accennato scherzosamente, per l’ennesima volta, alla “sindrome di Diogene” che mi affliggerebbe.
Al che reagisco, sempre scherzosamente, dicendo come in passato, che io non accumulo porcherie ma riparo ciò che è riparabile (che un’altra cosa, rispetto a quel tipo di disturbo psichico) e concludo che, per quanto ci vogliamo bene da oltre venti anni, viste le nostre diversità, non siamo fatti per vivere sotto lo stesso tetto e siamo “condannati” alla relazione a distanza. E poi passiamo oltre nella conversazione. Credo che siamo entrambi consapevoli che ci si può volere bene e stare insieme con convinzione pure rimanendo in un schema di relazione a distanza. Magari è il solo modo possibile, per noi.

Chiusa la videochiamata, metto al loro posto gli acquisti fatti al suk e mi viene di pensare ad una coppia di amici che ho conosciuto una decina di anni fa, quando, più che quarantenni entrambi (con un figlio sui 15 anni), stavano separandosi per un tradimento di lei (scoperto da lui e, alla fine, da lei ammesso).

Quel tradimento si era rivelato, in realtà, una relazione extra in corso da parecchi mesi, e ciò aveva reso invivibile la convivenza sotto lo stesso tetto, nonostante lui dichiarasse di amarla e di soffrire la sua mancanza. Semplicemente, lei si era innamorata dell'amante e voleva vivere con lui.
Così, lui mi aveva confessato che non riusciva ad accettare la dichiarazione di lei di non amarlo più, perché lo accusava di aver trasformato la loro relazione in una specie di prigione per lei, dando per scontato il loro stare insieme come se fosse un corpo inerte tenuto in vita artificialmente, grazie a macchinari (espressione usata da lei e riferitami da lui). E lei aveva ritrovato se stessa (o perlomeno pensava così) in una relazione con un altro uomo, più anziano di quasi dieci anni, ma che l’aveva fatta sentire desiderata, come non si sentiva più da tempo o, forse, anche da sempre. Anzi, aveva usato il termine “libera”, ricordo di averlo notato. E lo aveva seguito, abbandonando marito e figlio, che era voluto restare con il padre, rifiutandosi anche di vedere la madre per diversi anni (anche oltre il raggiungimento della maggiore età).

In un momento di rabbia, lei gli aveva detto che, in fondo, sentiva di non averlo mai veramente amato, ma di averne solo avuto l’impressione. Adesso aveva aperto gli occhi e riletto il suo passato con una nuova consapevolezza. Questo lo aveva profondamente ferito, perché pensava che, almeno all’inizio della relazione e fino alla nascita del figlio, si fossero veramente amati pensando di continuarlo a fare per la vita.
Per lungo tempo, aveva voluto confrontarsi con me su come lei si potesse essere dimenticata del loro passato felice insieme e di come diavolo si potesse mantenere viva la fiamma dell’amore in una coppia di lunga durata, quando si è presi da mille impegni e sfide da affrontare nel vivere la famiglia, il lavoro, ecc.

Ricordo che cercavo di spiegargli, sulla base della mia esperienza personale, come gli amori così come nascono si possono anche esaurire (anzi, probabilmente è la normalità). E non basta continuare a volersi bene, senza il trasporto della passione. Nemmeno è sempre colpa (almeno consapevole) di quello dei partner che vorrebbe rimanere insieme. Talvolta il partner che tradisce o comunque lascia è talmente attratto dal nuovo, dal risentirsi vivere intensamente che non c’è nulla da fare, l’esperienza di coppia si è esaurita e non si rigenera più.

Da questo ricordo di conversazioni avute su quell’argomento, mi è venuto in mente che bisognerebbe sapere, fin dall’inizio della instaurazione di una relazione affettiva, che lo stimolo a rimanere insieme si attenua fino a scomparire in molti casi. Potrebbe arrivare il momento di lasciare andare il partner o di andarsene via, se non si trova un modo di accordarsi su un compromesso reciprocamente accettabile per continuare a stare insieme, anche quando la passione si è spenta.

Ammesso che abbia senso parlare ai giovani di oggi di una educazione dei (o ai) sentimenti, la prima cosa che bisognerebbe inculcare nelle loro teste, è che quasi mai l’amore è per sempre e che, senza tragedie e/o sceneggiate patetiche, bisogna metterlo in conto fin dall’inizio. Anche a costo di limitarsi a non investire tutto emotivamente (e non solo) sul rapporto e prepararsi sin dall'inizio a non vivere come una calamità l’abbandono.

Ma come si fa a raccontare ai giovani di non credere ciecamente nell’eterno amore, nel rimanere insieme fino a che morte ci separi ? E’ esattamente il contrario di quella che è stata l’educazione impartita da millenni ….
Il titolo è fuorviante, invita poco alla lettura (imho).
Solo nelle favole ho sentito "e vissero felici e contenti", salvo che nelle favole veniva spesso raccontata una fase che potremmo chiamare innamoramento, senza raccontare la costruzione di un amore. Come se dato uno, venisse in automatico l’altro.
La favola è che ci sia per tutti questo facile "e vissero felici e contenti", salvo poi scoprire cosa si cela dietro la maggiorparte delle relazioni.
L’educazione, anche sentimentale, avviene prima di tutto in famiglia.
Io ho già scritto come la penso, anche se ho capito che non piace. Siamo animali, e quello che chiamiamo innamoramento, quella cosa che ci porta una sorta di cecità ad alcune aree del cervello, avviene perchè quali animali veniamo spinti alla riproduzione. Su questa spinta, come specie, andiamo a costituire dei clan familiari, atti alla protezione della prole. E’ funzionale alla loro crescita.
Le frasi "dolorose", come quella affermata dalla ex del tuo amico, non hanno niente a che vedere con l’amore, sono frasi che parlano di un cambiamento di lei, di un modo in cui si è andata a raccontare una parte di vissuto. Personalmente sono affermazioni che non andrebbero espresse, se non esprimerle in positivo, ricordando la protezione della prole, ma se un uomo o una donna ad affermazioni simili ci incolla un qualche valore di se, quindi con una lettura triste di tempo investito (lui ha investito tempo su una donna che a posteriori ha dichiarato di non averlo probabilmente mai amato) e di valore di amore, cade nell’errore della favola, complica qualcosa di molto semplice.

Anche io tendo a "riparare i coperchi", e non butto al primo problema, ma in certe situazioni, se non si trovano altre vie, se si arriva ad un livello in cui la propria libertà è limitata, in cui non si trova più modo di esprimersi, di trovare un se, a volte è anche il caso di buttare.
 

Lara3

Utente di lunga data
ci dobbiamo ficcare in mente - e spiegarlo alle giovani generazioni - che l'amore non è affatto eterno, anzi finisce molte volte semplicemente perché non ci si trova più a stare bene insieme o talvolta scambiamo per amore quel qualcosa che in effetti è solo un'impressione iniziale e transitoria perché poi diviene solo senso del possesso di uno status, di una comfort zone che non si vuole abbandonare.

E' una riflessione su quale educazione ai sentimenti possa essere insegnata alle giovani generazioni, visto che tanto se ne parla in queste settimane.

Stasera avevo smontato, con parecchia difficoltà, un vecchio pomello di un coperchio di pentola, alternando vari attrezzi, per sostituirlo con uno nuovo, acquistato in mattinata al secondo grande mercato domenicale di Roma, che chiamo familiarmente il “suk”. Durante la consueta videochiamata serale, avevo fatto vedere alla mia compagna il coperchio, tornato come nuovo, e le avevo chiesto se per caso avesse bisogno anche lei a casa sua di un pomello nuovo perché ne avevo comprati 4 di ricambi, visto che la raggiungo in montagna sabato prossimo per trascorrere le festività insieme.

Mi aveva detto di no, aggiungendo che lei, quando i pomelli di un coperchio si rompe, butta tutto e lo ricompra.
Poiché mi ritiene un maniaco delle riparazioni casalinghe e del fai da te, ha accennato scherzosamente, per l’ennesima volta, alla “sindrome di Diogene” che mi affliggerebbe.
Al che reagisco, sempre scherzosamente, dicendo come in passato, che io non accumulo porcherie ma riparo ciò che è riparabile (che un’altra cosa, rispetto a quel tipo di disturbo psichico) e concludo che, per quanto ci vogliamo bene da oltre venti anni, viste le nostre diversità, non siamo fatti per vivere sotto lo stesso tetto e siamo “condannati” alla relazione a distanza. E poi passiamo oltre nella conversazione. Credo che siamo entrambi consapevoli che ci si può volere bene e stare insieme con convinzione pure rimanendo in un schema di relazione a distanza. Magari è il solo modo possibile, per noi.

Chiusa la videochiamata, metto al loro posto gli acquisti fatti al suk e mi viene di pensare ad una coppia di amici che ho conosciuto una decina di anni fa, quando, più che quarantenni entrambi (con un figlio sui 15 anni), stavano separandosi per un tradimento di lei (scoperto da lui e, alla fine, da lei ammesso).

Quel tradimento si era rivelato, in realtà, una relazione extra in corso da parecchi mesi, e ciò aveva reso invivibile la convivenza sotto lo stesso tetto, nonostante lui dichiarasse di amarla e di soffrire la sua mancanza. Semplicemente, lei si era innamorata dell'amante e voleva vivere con lui.
Così, lui mi aveva confessato che non riusciva ad accettare la dichiarazione di lei di non amarlo più, perché lo accusava di aver trasformato la loro relazione in una specie di prigione per lei, dando per scontato il loro stare insieme come se fosse un corpo inerte tenuto in vita artificialmente, grazie a macchinari (espressione usata da lei e riferitami da lui). E lei aveva ritrovato se stessa (o perlomeno pensava così) in una relazione con un altro uomo, più anziano di quasi dieci anni, ma che l’aveva fatta sentire desiderata, come non si sentiva più da tempo o, forse, anche da sempre. Anzi, aveva usato il termine “libera”, ricordo di averlo notato. E lo aveva seguito, abbandonando marito e figlio, che era voluto restare con il padre, rifiutandosi anche di vedere la madre per diversi anni (anche oltre il raggiungimento della maggiore età).

In un momento di rabbia, lei gli aveva detto che, in fondo, sentiva di non averlo mai veramente amato, ma di averne solo avuto l’impressione. Adesso aveva aperto gli occhi e riletto il suo passato con una nuova consapevolezza. Questo lo aveva profondamente ferito, perché pensava che, almeno all’inizio della relazione e fino alla nascita del figlio, si fossero veramente amati pensando di continuarlo a fare per la vita.
Per lungo tempo, aveva voluto confrontarsi con me su come lei si potesse essere dimenticata del loro passato felice insieme e di come diavolo si potesse mantenere viva la fiamma dell’amore in una coppia di lunga durata, quando si è presi da mille impegni e sfide da affrontare nel vivere la famiglia, il lavoro, ecc.

Ricordo che cercavo di spiegargli, sulla base della mia esperienza personale, come gli amori così come nascono si possono anche esaurire (anzi, probabilmente è la normalità). E non basta continuare a volersi bene, senza il trasporto della passione. Nemmeno è sempre colpa (almeno consapevole) di quello dei partner che vorrebbe rimanere insieme. Talvolta il partner che tradisce o comunque lascia è talmente attratto dal nuovo, dal risentirsi vivere intensamente che non c’è nulla da fare, l’esperienza di coppia si è esaurita e non si rigenera più.

Da questo ricordo di conversazioni avute su quell’argomento, mi è venuto in mente che bisognerebbe sapere, fin dall’inizio della instaurazione di una relazione affettiva, che lo stimolo a rimanere insieme si attenua fino a scomparire in molti casi. Potrebbe arrivare il momento di lasciare andare il partner o di andarsene via, se non si trova un modo di accordarsi su un compromesso reciprocamente accettabile per continuare a stare insieme, anche quando la passione si è spenta.

Ammesso che abbia senso parlare ai giovani di oggi di una educazione dei (o ai) sentimenti, la prima cosa che bisognerebbe inculcare nelle loro teste, è che quasi mai l’amore è per sempre e che, senza tragedie e/o sceneggiate patetiche, bisogna metterlo in conto fin dall’inizio. Anche a costo di limitarsi a non investire tutto emotivamente (e non solo) sul rapporto e prepararsi sin dall'inizio a non vivere come una calamità l’abbandono.

Ma come si fa a raccontare ai giovani di non credere ciecamente nell’eterno amore, nel rimanere insieme fino a che morte ci separi ? E’ esattamente il contrario di quella che è stata l’educazione impartita da millenni ….
Un po’ come insegnare che dopo la morte non c’è nulla…
Ci si nutre di illusioni così fa meno male.
 

perplesso

Administrator
Staff Forum
Sinceramente non penso proprio che i giovani d'oggi credano che l'amore è eterno. Tanti hanno i genitori separati e se non sono i propri, sono quelli degli amici o conoscenti.
Vivono l'amore come tutti. Iniziano una storia sperando sia per sempre e quando questa finisce piangono, si disperano, mangiano kg di gelato promettendosi di non innamorarsi più. Poi passa e si rendono conto che la fine è solo l'inizio.
stracciatella?
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
ci dobbiamo ficcare in mente - e spiegarlo alle giovani generazioni - che l'amore non è affatto eterno, anzi finisce molte volte semplicemente perché non ci si trova più a stare bene insieme o talvolta scambiamo per amore quel qualcosa che in effetti è solo un'impressione iniziale e transitoria perché poi diviene solo senso del possesso di uno status, di una comfort zone che non si vuole abbandonare.

E' una riflessione su quale educazione ai sentimenti possa essere insegnata alle giovani generazioni, visto che tanto se ne parla in queste settimane.

Stasera avevo smontato, con parecchia difficoltà, un vecchio pomello di un coperchio di pentola, alternando vari attrezzi, per sostituirlo con uno nuovo, acquistato in mattinata al secondo grande mercato domenicale di Roma, che chiamo familiarmente il “suk”. Durante la consueta videochiamata serale, avevo fatto vedere alla mia compagna il coperchio, tornato come nuovo, e le avevo chiesto se per caso avesse bisogno anche lei a casa sua di un pomello nuovo perché ne avevo comprati 4 di ricambi, visto che la raggiungo in montagna sabato prossimo per trascorrere le festività insieme.

Mi aveva detto di no, aggiungendo che lei, quando i pomelli di un coperchio si rompe, butta tutto e lo ricompra.
Poiché mi ritiene un maniaco delle riparazioni casalinghe e del fai da te, ha accennato scherzosamente, per l’ennesima volta, alla “sindrome di Diogene” che mi affliggerebbe.
Al che reagisco, sempre scherzosamente, dicendo come in passato, che io non accumulo porcherie ma riparo ciò che è riparabile (che un’altra cosa, rispetto a quel tipo di disturbo psichico) e concludo che, per quanto ci vogliamo bene da oltre venti anni, viste le nostre diversità, non siamo fatti per vivere sotto lo stesso tetto e siamo “condannati” alla relazione a distanza. E poi passiamo oltre nella conversazione. Credo che siamo entrambi consapevoli che ci si può volere bene e stare insieme con convinzione pure rimanendo in un schema di relazione a distanza. Magari è il solo modo possibile, per noi.

Chiusa la videochiamata, metto al loro posto gli acquisti fatti al suk e mi viene di pensare ad una coppia di amici che ho conosciuto una decina di anni fa, quando, più che quarantenni entrambi (con un figlio sui 15 anni), stavano separandosi per un tradimento di lei (scoperto da lui e, alla fine, da lei ammesso).

Quel tradimento si era rivelato, in realtà, una relazione extra in corso da parecchi mesi, e ciò aveva reso invivibile la convivenza sotto lo stesso tetto, nonostante lui dichiarasse di amarla e di soffrire la sua mancanza. Semplicemente, lei si era innamorata dell'amante e voleva vivere con lui.
Così, lui mi aveva confessato che non riusciva ad accettare la dichiarazione di lei di non amarlo più, perché lo accusava di aver trasformato la loro relazione in una specie di prigione per lei, dando per scontato il loro stare insieme come se fosse un corpo inerte tenuto in vita artificialmente, grazie a macchinari (espressione usata da lei e riferitami da lui). E lei aveva ritrovato se stessa (o perlomeno pensava così) in una relazione con un altro uomo, più anziano di quasi dieci anni, ma che l’aveva fatta sentire desiderata, come non si sentiva più da tempo o, forse, anche da sempre. Anzi, aveva usato il termine “libera”, ricordo di averlo notato. E lo aveva seguito, abbandonando marito e figlio, che era voluto restare con il padre, rifiutandosi anche di vedere la madre per diversi anni (anche oltre il raggiungimento della maggiore età).

In un momento di rabbia, lei gli aveva detto che, in fondo, sentiva di non averlo mai veramente amato, ma di averne solo avuto l’impressione. Adesso aveva aperto gli occhi e riletto il suo passato con una nuova consapevolezza. Questo lo aveva profondamente ferito, perché pensava che, almeno all’inizio della relazione e fino alla nascita del figlio, si fossero veramente amati pensando di continuarlo a fare per la vita.
Per lungo tempo, aveva voluto confrontarsi con me su come lei si potesse essere dimenticata del loro passato felice insieme e di come diavolo si potesse mantenere viva la fiamma dell’amore in una coppia di lunga durata, quando si è presi da mille impegni e sfide da affrontare nel vivere la famiglia, il lavoro, ecc.

Ricordo che cercavo di spiegargli, sulla base della mia esperienza personale, come gli amori così come nascono si possono anche esaurire (anzi, probabilmente è la normalità). E non basta continuare a volersi bene, senza il trasporto della passione. Nemmeno è sempre colpa (almeno consapevole) di quello dei partner che vorrebbe rimanere insieme. Talvolta il partner che tradisce o comunque lascia è talmente attratto dal nuovo, dal risentirsi vivere intensamente che non c’è nulla da fare, l’esperienza di coppia si è esaurita e non si rigenera più.

Da questo ricordo di conversazioni avute su quell’argomento, mi è venuto in mente che bisognerebbe sapere, fin dall’inizio della instaurazione di una relazione affettiva, che lo stimolo a rimanere insieme si attenua fino a scomparire in molti casi. Potrebbe arrivare il momento di lasciare andare il partner o di andarsene via, se non si trova un modo di accordarsi su un compromesso reciprocamente accettabile per continuare a stare insieme, anche quando la passione si è spenta.

Ammesso che abbia senso parlare ai giovani di oggi di una educazione dei (o ai) sentimenti, la prima cosa che bisognerebbe inculcare nelle loro teste, è che quasi mai l’amore è per sempre e che, senza tragedie e/o sceneggiate patetiche, bisogna metterlo in conto fin dall’inizio. Anche a costo di limitarsi a non investire tutto emotivamente (e non solo) sul rapporto e prepararsi sin dall'inizio a non vivere come una calamità l’abbandono.

Ma come si fa a raccontare ai giovani di non credere ciecamente nell’eterno amore, nel rimanere insieme fino a che morte ci separi ? E’ esattamente il contrario di quella che è stata l’educazione impartita da millenni ….
Per me è ancora l'eterna contrapposizione fra l'essere di Parmenide e il divenire di Eraclito... Fra l'illusione delle cose che restano uguali a se stesse e la realtà del divenire e dell'impermanenza delle cose stesse, che poi è anche alla base del buddismo secondo Siddharta i cui insegnamenti sulla felicità andrebbero studiati dalle elementari, giusto per almeno farsene un'idea
 

Brunetta

Utente di lunga data
La censura nel cinema c'è sempre stata e c'è ancora. Ad esempio tutti i film Marvel che rispondono ai criteri pg13 mi fanno venire il nervoso proprio perché mostrano una "violenza" palesemente castrata, mai una volta che un colpo ben assestato al cattivo venga preso in primo piano nei suoi effetti devastanti... Quando io da bambino vedevo cartoni giapponesi dove la rappresentazione era ben più cruda, al limite della pornografia. Però può avere un senso perché dovrebbe essere relativa alle capacità critiche proprie dell'età degli spettatori
Lo so che la censura è antica. Ma allora come ora solo per non perdere spettatori.
Ma non è detto che l’opinione degli spettatori che vedere porti a fare sia giusta.
 

spleen

utente ?
ci dobbiamo ficcare in mente - e spiegarlo alle giovani generazioni - che l'amore non è affatto eterno, anzi finisce molte volte semplicemente perché non ci si trova più a stare bene insieme o talvolta scambiamo per amore quel qualcosa che in effetti è solo un'impressione iniziale e transitoria perché poi diviene solo senso del possesso di uno status, di una comfort zone che non si vuole abbandonare.

E' una riflessione su quale educazione ai sentimenti possa essere insegnata alle giovani generazioni, visto che tanto se ne parla in queste settimane.

Stasera avevo smontato, con parecchia difficoltà, un vecchio pomello di un coperchio di pentola, alternando vari attrezzi, per sostituirlo con uno nuovo, acquistato in mattinata al secondo grande mercato domenicale di Roma, che chiamo familiarmente il “suk”. Durante la consueta videochiamata serale, avevo fatto vedere alla mia compagna il coperchio, tornato come nuovo, e le avevo chiesto se per caso avesse bisogno anche lei a casa sua di un pomello nuovo perché ne avevo comprati 4 di ricambi, visto che la raggiungo in montagna sabato prossimo per trascorrere le festività insieme.

Mi aveva detto di no, aggiungendo che lei, quando i pomelli di un coperchio si rompe, butta tutto e lo ricompra.
Poiché mi ritiene un maniaco delle riparazioni casalinghe e del fai da te, ha accennato scherzosamente, per l’ennesima volta, alla “sindrome di Diogene” che mi affliggerebbe.
Al che reagisco, sempre scherzosamente, dicendo come in passato, che io non accumulo porcherie ma riparo ciò che è riparabile (che un’altra cosa, rispetto a quel tipo di disturbo psichico) e concludo che, per quanto ci vogliamo bene da oltre venti anni, viste le nostre diversità, non siamo fatti per vivere sotto lo stesso tetto e siamo “condannati” alla relazione a distanza. E poi passiamo oltre nella conversazione. Credo che siamo entrambi consapevoli che ci si può volere bene e stare insieme con convinzione pure rimanendo in un schema di relazione a distanza. Magari è il solo modo possibile, per noi.

Chiusa la videochiamata, metto al loro posto gli acquisti fatti al suk e mi viene di pensare ad una coppia di amici che ho conosciuto una decina di anni fa, quando, più che quarantenni entrambi (con un figlio sui 15 anni), stavano separandosi per un tradimento di lei (scoperto da lui e, alla fine, da lei ammesso).

Quel tradimento si era rivelato, in realtà, una relazione extra in corso da parecchi mesi, e ciò aveva reso invivibile la convivenza sotto lo stesso tetto, nonostante lui dichiarasse di amarla e di soffrire la sua mancanza. Semplicemente, lei si era innamorata dell'amante e voleva vivere con lui.
Così, lui mi aveva confessato che non riusciva ad accettare la dichiarazione di lei di non amarlo più, perché lo accusava di aver trasformato la loro relazione in una specie di prigione per lei, dando per scontato il loro stare insieme come se fosse un corpo inerte tenuto in vita artificialmente, grazie a macchinari (espressione usata da lei e riferitami da lui). E lei aveva ritrovato se stessa (o perlomeno pensava così) in una relazione con un altro uomo, più anziano di quasi dieci anni, ma che l’aveva fatta sentire desiderata, come non si sentiva più da tempo o, forse, anche da sempre. Anzi, aveva usato il termine “libera”, ricordo di averlo notato. E lo aveva seguito, abbandonando marito e figlio, che era voluto restare con il padre, rifiutandosi anche di vedere la madre per diversi anni (anche oltre il raggiungimento della maggiore età).

In un momento di rabbia, lei gli aveva detto che, in fondo, sentiva di non averlo mai veramente amato, ma di averne solo avuto l’impressione. Adesso aveva aperto gli occhi e riletto il suo passato con una nuova consapevolezza. Questo lo aveva profondamente ferito, perché pensava che, almeno all’inizio della relazione e fino alla nascita del figlio, si fossero veramente amati pensando di continuarlo a fare per la vita.
Per lungo tempo, aveva voluto confrontarsi con me su come lei si potesse essere dimenticata del loro passato felice insieme e di come diavolo si potesse mantenere viva la fiamma dell’amore in una coppia di lunga durata, quando si è presi da mille impegni e sfide da affrontare nel vivere la famiglia, il lavoro, ecc.

Ricordo che cercavo di spiegargli, sulla base della mia esperienza personale, come gli amori così come nascono si possono anche esaurire (anzi, probabilmente è la normalità). E non basta continuare a volersi bene, senza il trasporto della passione. Nemmeno è sempre colpa (almeno consapevole) di quello dei partner che vorrebbe rimanere insieme. Talvolta il partner che tradisce o comunque lascia è talmente attratto dal nuovo, dal risentirsi vivere intensamente che non c’è nulla da fare, l’esperienza di coppia si è esaurita e non si rigenera più.

Da questo ricordo di conversazioni avute su quell’argomento, mi è venuto in mente che bisognerebbe sapere, fin dall’inizio della instaurazione di una relazione affettiva, che lo stimolo a rimanere insieme si attenua fino a scomparire in molti casi. Potrebbe arrivare il momento di lasciare andare il partner o di andarsene via, se non si trova un modo di accordarsi su un compromesso reciprocamente accettabile per continuare a stare insieme, anche quando la passione si è spenta.

Ammesso che abbia senso parlare ai giovani di oggi di una educazione dei (o ai) sentimenti, la prima cosa che bisognerebbe inculcare nelle loro teste, è che quasi mai l’amore è per sempre e che, senza tragedie e/o sceneggiate patetiche, bisogna metterlo in conto fin dall’inizio. Anche a costo di limitarsi a non investire tutto emotivamente (e non solo) sul rapporto e prepararsi sin dall'inizio a non vivere come una calamità l’abbandono.

Ma come si fa a raccontare ai giovani di non credere ciecamente nell’eterno amore, nel rimanere insieme fino a che morte ci separi ? E’ esattamente il contrario di quella che è stata l’educazione impartita da millenni ….
Di che amore parliamo? Di quello "che strappa i capelli" per dirla alla De Andrè? Delle farfalle nello stomaco? Di quello che "l'altro è la mia mezza mela"? Di cosa?
Perchè in definitiva cosa finisce? L'attrazione irresistibile? Il sentimentalismo? Il trasporto a prescindere? La passione dei primi tempi?
Oppure a fallire è il progetto?
Se filtriamo tutto attraverso lo spietato individualismo esistenzialista che si è imposto in questa era è chiaro che qualsiasi rapporto diventa come un prodotto al supermercato, da consumarsi preferibilmente entro...
Ma è questa la giusta dimensione?
L'epica di una coppia di persone che si mettono insieme perchè insieme stanno bene, che si aiutano nelle difficoltà, che generano figli come risultato consequenziale alla loro unione, che cercano di non smarrirsi in mezzo ai pericoli e alle sirene di un mondo che li concepisce unicamente come consumatori di prodotti ed emozioni, non conta nulla?
Quella alleanza, innanzi tutto, perchè è svanita, come valore?

E ai nostri giovani, anzichè mettere le mani in avanti per dotarli del paracadute dell' ovvio, perchè non insegnamo a distinguere tra passione, interesse personale, sentimento, emozioni? Perchè non insegnamo loro ad amare le persone in quanto tali anzichè in quanto dispensatrici di illusioni e di unicorni rosa?
Ne capitano forse pochi, qui dentro, di egoisti autoreferenziali che non riescono a valutare in ogni modo le persone appigliandosi unicamente o a quello che a loro piace o a un inesistente sentimento vissuto come panacea totalizzante per i loro mali interiori?
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Lo so che la censura è antica. Ma allora come ora solo per non perdere spettatori.
Ma non è detto che l’opinione degli spettatori che vedere porti a fare sia giusta.
Ma non so se tutto il sistema sia incentrato sul principio che vedere porta a fare, ad esempio è il caso di far vedere certi classici come Profondo Rosso o l'Esorcista a bambini di 5/6 anni? Non perchè si teme che diventino dei serial killer o dei demoni ma più semplicemente perchè potrebbero essere abbastanza formati da restarne turbati ma non da capire che sono solo rappresentazioni di una storia? O tutta la filmografia di Tarantino dove la violenza è talmente sopra le righe da risultare comica, ma per capirlo occorre una certa formazione..
 

Marjanna

Utente di lunga data
C'è anche tanto marketing... ad esempio ricordo qualche tempo fa (oggi mi pare sparita) un sacco di pubblicità di prodotti alimentari da preferire perchè "senza olio di palma", e io che sono cresciuto a Nutella mi chiedevo cos'avesse mai di tanto mostruoso sto olio di palma... la mia sensazione era che si era creato un mostro per dare valore aggiunto a dei prodotti in contrapposizione ad esso... non voglio dire che è la stessa roba per l'emergenza climatica e tutto ciò che si mette l'etichetta green per vendere.. quindi non lo dico
Non è che è sparita, oggi ci sono un sacco di prodotti in commercio da cui è stato levato l’olio di palma. Quello che non è proprio sano per la nostra alimentazione (ovviamente si parla di assunzione reiterata, non saltuaria) è il palmisto [*].
Ma in quella campagna la parte riguardante l’alimentazione umana era più un "e poi non sarebbe proprio sano per la nostra alimentazione" (con un scontato: visto che ormai pochi fanno biscotti e altri prodotti in casa, ma li comprano, e quelli che costano meno contengono i suddetti ingredienti).
La parte che ti sei perso, prima di e poi, verteva nel boicottare certi prodotti, perchè per piantare foreste di alberi da palma, viene raso al suolo l’habitat in cui vive l’orango (deforestazione), condannando questa specie all’estinzione. Non so perchè tanti non ne sono venuti al corrente, dal momento che queste informazioni giravano, con immagini e riprese video di adulti anche uccisi, e i loro piccoli che venivano lasciati vivi a morire di stenti, o che rimanevano appesi ad alberi mentre veniva dato fuoco al loro habitat, per fare spazio a nuovi piantagioni.
Forse ha fatto più leva il lato antropocentrico.
Ti dirò che io sono tra quelle persone che in quel periodo ha deciso di smettere di comprare certi prodotti. Non pensando di cambiare il mondo (in realtà pensavo che non sarebbe servito ad un cazzo, che il mio uno sarebbe stato niente nel mare), ma era qualcosa a cui mi sono sentita di rispondere, dal momento che potevo anche fare altrimenti, senza morire di stenti. Mi sono stupita poi, che molte aziende, dopo una iniziale campagna in cui avevano tentato di fare passare l’olio di palma e palmisto persino per sano, avessero cambiato la formula delle loro ricette.
A volte si crede di non potere niente come popolo, che altri dall’alto possano decidere, o almeno mi rendo conto che tante persone credono in questo, e invece come popolo abbiamo un potere fortissimo. Basta fermare la produzione di qualcosa un mese, qualche settimana, non ci vuole neppure molto. Solo che per farlo dobbiamo in gruppo non comprare determinati prodotti, o non aderire a qualcosa.

Non so se notizie come queste possano fare veramente sperare ad uno spazio in questo pianeta, per la vita degli oranghi, e so benissimo che alcuni leggeranno questo con rabbia (purtroppo), però a me fa piacere: https://www.lasvolta.it/6499/indonesia-la-deforestazione-diminuisce-sempre-di-piu

[*] tipo se hai un figlio che va matto per i croissant confezionati con la crema, e ci fa colazione o merenda ogni giorno, in quella crema potrebbe essere contenuto palmisto.
 
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