ci dobbiamo ficcare in mente - e spiegarlo alle giovani generazioni - che l'amore non è affatto eterno, anzi finisce molte volte semplicemente perché non ci si trova più a stare bene insieme o talvolta scambiamo per amore quel qualcosa che in effetti è solo un'impressione iniziale e transitoria perché poi diviene solo senso del possesso di uno status, di una comfort zone che non si vuole abbandonare.
E' una riflessione su quale educazione ai sentimenti possa essere insegnata alle giovani generazioni, visto che tanto se ne parla in queste settimane.
Stasera avevo smontato, con parecchia difficoltà, un vecchio pomello di un coperchio di pentola, alternando vari attrezzi, per sostituirlo con uno nuovo, acquistato in mattinata al secondo grande mercato domenicale di Roma, che chiamo familiarmente il “suk”. Durante la consueta videochiamata serale, avevo fatto vedere alla mia compagna il coperchio, tornato come nuovo, e le avevo chiesto se per caso avesse bisogno anche lei a casa sua di un pomello nuovo perché ne avevo comprati 4 di ricambi, visto che la raggiungo in montagna sabato prossimo per trascorrere le festività insieme.
Mi aveva detto di no, aggiungendo che lei, quando i pomelli di un coperchio si rompe, butta tutto e lo ricompra.
Poiché mi ritiene un maniaco delle riparazioni casalinghe e del fai da te, ha accennato scherzosamente, per l’ennesima volta, alla “sindrome di Diogene” che mi affliggerebbe.
Al che reagisco, sempre scherzosamente, dicendo come in passato, che io non accumulo porcherie ma riparo ciò che è riparabile (che un’altra cosa, rispetto a quel tipo di disturbo psichico) e concludo che, per quanto ci vogliamo bene da oltre venti anni, viste le nostre diversità, non siamo fatti per vivere sotto lo stesso tetto e siamo “condannati” alla relazione a distanza. E poi passiamo oltre nella conversazione. Credo che siamo entrambi consapevoli che ci si può volere bene e stare insieme con convinzione pure rimanendo in un schema di relazione a distanza. Magari è il solo modo possibile, per noi.
Chiusa la videochiamata, metto al loro posto gli acquisti fatti al suk e mi viene di pensare ad una coppia di amici che ho conosciuto una decina di anni fa, quando, più che quarantenni entrambi (con un figlio sui 15 anni), stavano separandosi per un tradimento di lei (scoperto da lui e, alla fine, da lei ammesso).
Quel tradimento si era rivelato, in realtà, una relazione extra in corso da parecchi mesi, e ciò aveva reso invivibile la convivenza sotto lo stesso tetto, nonostante lui dichiarasse di amarla e di soffrire la sua mancanza. Semplicemente, lei si era innamorata dell'amante e voleva vivere con lui.
Così, lui mi aveva confessato che non riusciva ad accettare la dichiarazione di lei di non amarlo più, perché lo accusava di aver trasformato la loro relazione in una specie di prigione per lei, dando per scontato il loro stare insieme come se fosse un corpo inerte tenuto in vita artificialmente, grazie a macchinari (espressione usata da lei e riferitami da lui). E lei aveva ritrovato se stessa (o perlomeno pensava così) in una relazione con un altro uomo, più anziano di quasi dieci anni, ma che l’aveva fatta sentire desiderata, come non si sentiva più da tempo o, forse, anche da sempre. Anzi, aveva usato il termine “libera”, ricordo di averlo notato. E lo aveva seguito, abbandonando marito e figlio, che era voluto restare con il padre, rifiutandosi anche di vedere la madre per diversi anni (anche oltre il raggiungimento della maggiore età).
In un momento di rabbia, lei gli aveva detto che, in fondo, sentiva di non averlo mai veramente amato, ma di averne solo avuto l’impressione. Adesso aveva aperto gli occhi e riletto il suo passato con una nuova consapevolezza. Questo lo aveva profondamente ferito, perché pensava che, almeno all’inizio della relazione e fino alla nascita del figlio, si fossero veramente amati pensando di continuarlo a fare per la vita.
Per lungo tempo, aveva voluto confrontarsi con me su come lei si potesse essere dimenticata del loro passato felice insieme e di come diavolo si potesse mantenere viva la fiamma dell’amore in una coppia di lunga durata, quando si è presi da mille impegni e sfide da affrontare nel vivere la famiglia, il lavoro, ecc.
Ricordo che cercavo di spiegargli, sulla base della mia esperienza personale, come gli amori così come nascono si possono anche esaurire (anzi, probabilmente è la normalità). E non basta continuare a volersi bene, senza il trasporto della passione. Nemmeno è sempre colpa (almeno consapevole) di quello dei partner che vorrebbe rimanere insieme. Talvolta il partner che tradisce o comunque lascia è talmente attratto dal nuovo, dal risentirsi vivere intensamente che non c’è nulla da fare, l’esperienza di coppia si è esaurita e non si rigenera più.
Da questo ricordo di conversazioni avute su quell’argomento, mi è venuto in mente che bisognerebbe sapere, fin dall’inizio della instaurazione di una relazione affettiva, che lo stimolo a rimanere insieme si attenua fino a scomparire in molti casi. Potrebbe arrivare il momento di lasciare andare il partner o di andarsene via, se non si trova un modo di accordarsi su un compromesso reciprocamente accettabile per continuare a stare insieme, anche quando la passione si è spenta.
Ammesso che abbia senso parlare ai giovani di oggi di una educazione dei (o ai) sentimenti, la prima cosa che bisognerebbe inculcare nelle loro teste, è che quasi mai l’amore è per sempre e che, senza tragedie e/o sceneggiate patetiche, bisogna metterlo in conto fin dall’inizio. Anche a costo di limitarsi a non investire tutto emotivamente (e non solo) sul rapporto e prepararsi sin dall'inizio a non vivere come una calamità l’abbandono.
Ma come si fa a raccontare ai giovani di non credere ciecamente nell’eterno amore, nel rimanere insieme fino a che morte ci separi ? E’ esattamente il contrario di quella che è stata l’educazione impartita da millenni ….