Educazione

Marjanna

Utente di lunga data
Ok, stiamo sempre però parlando di oggetti.
La nostra infanzia era costellata di desideri materiali.
Topolino era pieno di pubblicità.
La tua. La mia no.
Che ci fossero pubblicità sicuro. Ed è ovvio che adesso se creano un meme per fb, ci mettono oggetti. Lo fanno anche con i nati degli anni 50 o 60.
Ne potremmo fare anche noi, fondamentalmente si tratta di cercare immagini.
Se hai visto il film Stand by Me tratto dal libro di Stephen King, o se hai letto direttamente il libro, da un tracciato di come erano le amicizie.
Io non ricordo tristezza per non aver potuto possedere giochi, mi ricordo un giorno di giugno, io e A. seduti sul muretto tutti mogi perchè S. partiva per il mare.
 

Thlon

Utente arrendevole
Secondo molti studiosi l’educazione dei minori deve comprendere sia il codice paterno, sia il codice materno.
Questo non ha niente a che fare con il sesso dei genitori. Vi sono madri che interpretano il codice paterno e padri il codice materno e, più frequentemente, entrambi l’uno e l’altro.
Il codice paterno è quello che fa da mediatore verso il mondo esterno e
Secondo molti studiosi l’educazione dei minori deve comprendere sia il codice paterno, sia il codice materno.
Questo non ha niente a che fare con il sesso dei genitori. Vi sono madri che interpretano il codice paterno e padri il codice materno e, più frequentemente, entrambi l’uno e l’altro.
Il codice paterno è quello che fa da mediatore verso il mondo esterno e favorisce l’indipendenza, il codice materno è quello che rassicura di essere amato e che avrà sempre un luogo affettivo dove tornare.
Uno dei più diffusi giochi di bambini è una metafora di questo allontanarsi e ritornare: prendersi (a Milano) o anche ce l’hai, acchiapparella a Roma.
Si scappa, ma entro un perimetro sicuro, e si torna alla tana. Chi è sotto interpreta il ruolo genitoriale di far andare, ma anche di richiamare.
Ognuno di noi, uomo o donna, genitore o no, può ricordare da figlio o figlia e da padre e madre momenti significativi in cui questi ruoli si sono espressi.
Il patriarcato è quella forma di maschilismo che toglie valore al femminile, anche nel ruolo materno.
Una madre, che reguardisce il bambino dicendo che lo dirà al direttore o al marito, sta applicando uno schema patriarcale.
I soliti discorsi teoretici che fanno a pugni con la realtà. La società patriarcale era una società ben educata. La società post patriarcale è una società maleducata.
Non c'è bisogno di elucubrazioni, la risposta è tutta nella constatazione.
D'altra parte, distruggere un sistema educativo formatosi, per sedimentazione, nell'arco di 5.000 anni, non poteva che avere un duro prezzo da pagare.
 

Brunetta

Utente di lunga data
I soliti discorsi teoretici che fanno a pugni con la realtà. La società patriarcale era una società ben educata. La società post patriarcale è una società maleducata.
Non c'è bisogno di elucubrazioni, la risposta è tutta nella constatazione.
D'altra parte, distruggere un sistema educativo formatosi, per sedimentazione, nell'arco di 5.000 anni, non poteva che avere un duro prezzo da pagare.
Ti ho risposto con serietà e rispetto. Tu no.
 

Brunetta

Utente di lunga data

Brunetta

Utente di lunga data
Però credo che una assistenza con una forma di formazione sarebbe utile.
Un maestro faceva incontri gratuiti per i genitori, discutendo del senso di ciò che faceva a scuola e poi di genitorialità. Lui era molto bravo e affabulatore. Ma credo che funzionasse anche per il suo essere uomo e rappresentasse un punto di riferimento nel quartiere.
Prevalentemente (basta leggere qui) i genitori non vogliono proprio mettersi in discussione.
 

ologramma

Utente di lunga data
Comúnque nessuno ha risposto.
Io giocavo in strada poi con il cambio casa in un grande piazzale sterato,la TV io la vedevo già nel 1955 un'ora solo di pomeriggio la sera ho visto una moltitudine di film in bianco e nero ,nel letto dei miei genitori che dormivano tra un russare e un omcazzento per la loro privacy.
Era dosata la TV poche ore.
Per giocare dopo gli sette o otto anni andavo nel campetto dei preti 🤣
 

perplesso

Administrator
Staff Forum
Mi sono trovata, proprio poco tempo fa, in una situazione fastidiosa.
Un bambino, durante un rinfresco, continuava a lanciare cibo e coca cola.
Sua madre, intenta a parlare con altri genitori, vedeva benissimo quello che stava accadendo.
Più gli altri bambini, infastiditi, urlavano di smetterla, più lui continuava.
Io avrei attaccato al muro sua madre, non il bambino.

Io sono arrivata alla conclusione che hanno bisogno di attenzioni. È una richiesta di cura.
indubbiamente. fa strano che nessuno abbia preso la madre per un orecchio
 

danny

Utente di lunga data
La tua. La mia no.
Che ci fossero pubblicità sicuro. Ed è ovvio che adesso se creano un meme per fb, ci mettono oggetti. Lo fanno anche con i nati degli anni 50 o 60.
Ne potremmo fare anche noi, fondamentalmente si tratta di cercare immagini.
Se hai visto il film Stand by Me tratto dal libro di Stephen King, o se hai letto direttamente il libro, da un tracciato di come erano le amicizie.
Io non ricordo tristezza per non aver potuto possedere giochi, mi ricordo un giorno di giugno, io e A. seduti sul muretto tutti mogi perchè S. partiva per il mare.
Non si sta parlando di noi come individui e delle nostre esperienze personali.
La trasformazione della famiglia al modello con figlio unico, la cancellazione degli spazi di gioco, la ridefinizione degli spazi urbani che ha trascurato quelli usufruibili dai bambini in libertà, l cambiamento del modello di gioco stesso sono tangibili, il tutto in contemporanea alla crescita delle TV private, la diffusione dei videogiochi, dei computer e successivamente dei social.
Specie nelle grandi città è stata una trasformazione già in agenda nella mia generazione.
Certo, nei piccoli paesini e in provincia è sopravvissuto più a lungo il vecchio modello di comunità, ma paradossalmente ora in molti paesini non si trovano nemmeno più bambini a sufficienza.
Non è una valutazione contestabile perché frutto di opinione.

Quello che sto dicendo è che in maniera secondo me errata tutti abbiamo pensato di delegare solo ai genitori la responsabilità di trasmettere un modello basato su regole (attraverso un pensiero generalmente basato sull'autorità come principio regolatore), mentre secondo me ciò che è venuto a mancare in questi decenni recenti è proprio il processo di definizione delle regole tra pari, ovvero tra bambini.
E' molto diverso contribuire alla definizione di regole tra pari rispetto al doverle subire e basta per ossequio a un'autorità.
Nel primo c'è il riconoscimento delle regole e la comprensione della necessità di esse in una società di individui, nel secondo prevale la necessità e l'obbligo, che può prevedere più diffusamente il desiderio di trasgredirle.
 

spleen

utente ?
Quello che sto dicendo è che in maniera secondo me errata tutti abbiamo pensato di delegare solo ai genitori la responsabilità di trasmettere un modello basato su regole (attraverso un pensiero generalmente basato sull'autorità come principio regolatore), mentre secondo me ciò che è venuto a mancare in questi decenni recenti è proprio il processo di definizione delle regole tra pari, ovvero tra bambini.
E' molto diverso contribuire alla definizione di regole tra pari rispetto al doverle subire e basta per ossequio a un'autorità.
Nel primo c'è il riconoscimento delle regole e la comprensione della necessità di esse in una società di individui, nel secondo prevale la necessità e l'obbligo, che può prevedere più diffusamente il desiderio di trasgredirle.
I bambini fino ad una certa età non sono in grado di elaborare un sistema di regole che non sia quello del più forte, o fisicamente o per personalità.
Poi è chiaro che i genitori sono deputati al confronto pevalente, ma c'è anche la scuola, lo sport e tutte le altre compagini sociali.
Che ci piaccia o meno qualsiasi società umana ha delle gerarchie, si dà delle regole in assenza delle quali le tensioni si moltiplicano sfociando in forme di violenza via via sempre più gravi. Non è una questione di accettazione passiva, è una faccenda di autotutela.
 

Marjanna

Utente di lunga data
Non si sta parlando di noi come individui e delle nostre esperienze personali.
La trasformazione della famiglia al modello con figlio unico, la cancellazione degli spazi di gioco, la ridefinizione degli spazi urbani che ha trascurato quelli usufruibili dai bambini in libertà, l cambiamento del modello di gioco stesso sono tangibili, il tutto in contemporanea alla crescita delle TV private, la diffusione dei videogiochi, dei computer e successivamente dei social.
Specie nelle grandi città è stata una trasformazione già in agenda nella mia generazione.
Certo, nei piccoli paesini e in provincia è sopravvissuto più a lungo il vecchio modello di comunità, ma paradossalmente ora in molti paesini non si trovano nemmeno più bambini a sufficienza.
Non è una valutazione contestabile perché frutto di opinione.

Quello che sto dicendo è che in maniera secondo me errata tutti abbiamo pensato di delegare solo ai genitori la responsabilità di trasmettere un modello basato su regole (attraverso un pensiero generalmente basato sull'autorità come principio regolatore), mentre secondo me ciò che è venuto a mancare in questi decenni recenti è proprio il processo di definizione delle regole tra pari, ovvero tra bambini.
E' molto diverso contribuire alla definizione di regole tra pari rispetto al doverle subire e basta per ossequio a un'autorità.
Nel primo c'è il riconoscimento delle regole e la comprensione della necessità di esse in una società di individui, nel secondo prevale la necessità e l'obbligo, che può prevedere più diffusamente il desiderio di trasgredirle.
Si è evidente che tra città come Milano e altri centri urbani medio piccoli ci fosse differenza, qui non sono stati cancellati spazi di gioco, non è che si andasse a giocare su aree delimitate, stavamo fuori, e non è che fosse tutto oro sempre a prescindere. Non è per parlarti di me, ma io sono cresciuta giocando con bambini, e a me da piccola mi mancava giocare con una bambina come me, tanto è che se trovavo una bambina mia coetanea facevo i salti di gioia solo per giocare con lei. Mia mamma e mia nonna lo sapevano, e se vedevano una bambina più o meno della mia età andavano a parlare con i genitori, cercavano di fare amicizia per farci giocare.
Non è che senza controllo fossimo angeli. Mi ricordo una bambina che ogni tanto sbucava dalla siepe della casa di campagna (gli ultimi che ancora avevano una grande stalla con bestiame), piccola e molto timida. Non ho dimenticato che qualcuno le chiedeva di guardare il suo panino (merenda delle 16 fatta da sua mamma, che lei mangiava molto lentamente), e glielo restituiva pieno di sabbia.
Ci si adattava anche noi. Se avessi preteso di giocare con qualcuno che viveva distante, che non potessi raggiungere a piedi, ovvio mi attaccavo.

Le aree di gioco erano territori non delimitati che ci prendevamo. Ma lo stesso si faceva quando ci spostavamo in montagna.
Le regole passavano dai grandi, da chi aveva fratelli maggiori, e in qualche modo spesso avevano elementi militari.
 
Ultima modifica:

Brunetta

Utente di lunga data
Non si sta parlando di noi come individui e delle nostre esperienze personali.
La trasformazione della famiglia al modello con figlio unico, la cancellazione degli spazi di gioco, la ridefinizione degli spazi urbani che ha trascurato quelli usufruibili dai bambini in libertà, l cambiamento del modello di gioco stesso sono tangibili, il tutto in contemporanea alla crescita delle TV private, la diffusione dei videogiochi, dei computer e successivamente dei social.
Specie nelle grandi città è stata una trasformazione già in agenda nella mia generazione.
Certo, nei piccoli paesini e in provincia è sopravvissuto più a lungo il vecchio modello di comunità, ma paradossalmente ora in molti paesini non si trovano nemmeno più bambini a sufficienza.
Non è una valutazione contestabile perché frutto di opinione.

Quello che sto dicendo è che in maniera secondo me errata tutti abbiamo pensato di delegare solo ai genitori la responsabilità di trasmettere un modello basato su regole (attraverso un pensiero generalmente basato sull'autorità come principio regolatore), mentre secondo me ciò che è venuto a mancare in questi decenni recenti è proprio il processo di definizione delle regole tra pari, ovvero tra bambini.
E' molto diverso contribuire alla definizione di regole tra pari rispetto al doverle subire e basta per ossequio a un'autorità.
Nel primo c'è il riconoscimento delle regole e la comprensione della necessità di esse in una società di individui, nel secondo prevale la necessità e l'obbligo, che può prevedere più diffusamente il desiderio di trasgredirle.
È vero che manca la interazione tra pari non mediata da adulti che si pongono come competenti (che lo siano è da vedere) ma è stata in parte una scelta, indotta da una cultura che fa percepire come indispensabile l’acquisizione di competenze sportive o linguistiche o musicali ecc…
I bambini, anche se ci fosse il cortile, non avrebbero proprio il tempo di frequentarlo.
Ma i genitori sono più tranquilli se i figli sono in un ambiente protetto.
L’ideale per tanti sarebbe che svolgessero tutte le attività a scuola. Ma i bambini non avrebbero nemmeno il tragitto per guardarsi negli occhi tra coetanei in spontaneità.
 
Ultima modifica:

spleen

utente ?
Però credo che una assistenza con una forma di formazione sarebbe utile.
Un maestro faceva incontri gratuiti per i genitori, discutendo del senso di ciò che faceva a scuola e poi di genitorialità. Lui era molto bravo e affabulatore. Ma credo che funzionasse anche per il suo essere uomo e rappresentasse un punto di riferimento nel quartiere.
Prevalentemente (basta leggere qui) i genitori non vogliono proprio mettersi in discussione.
Quanto spazio viene dedicato dai medium all'educazione alla genitorialità consapevole?
Quante persone sentono l'esigenza di comprendere il funzionamento psicologico dei più piccoli?
 

Brunetta

Utente di lunga data
I bambini fino ad una certa età non sono in grado di elaborare un sistema di regole che non sia quello del più forte, o fisicamente o per personalità.
Poi è chiaro che i genitori sono deputati al confronto pevalente, ma c'è anche la scuola, lo sport e tutte le altre compagini sociali.
Che ci piaccia o meno qualsiasi società umana ha delle gerarchie, si dà delle regole in assenza delle quali le tensioni si moltiplicano sfociando in forme di violenza via via sempre più gravi. Non è una questione di accettazione passiva, è una faccenda di autotutela.
Certamente queste iper educazione e iper controllo (apparente perché poi sono in stato di abbandono davanti ai device) ha portato a una società più tranquilla.
 

danny

Utente di lunga data
È vero che manca la interazione tra pari non mediata da adulti che si pongono come competenti (che lo siano è da vedere) ma è stata in parte una scelta, indotta da una cultura che fa percepire come indispensabile l’acquisizione di competenze sportive o linguistiche o musicali ecc…
Ai bambini, anche se ci fosse il cortile, non avrebbero proprio il tempo di frequentarlo.
Ma i genitori sono più tranquilli se i figli sono in un ambiente protetto.
L’ideale per tanti sarebbe che svolgessero tutte le attività a scuola. Ma i bambini non avrebbero nemmeno il tragitto per guardarsi negli occhi tra coetanei in spontaneità.
Infatti quello che stigmatizzo è proprio quell'autonomia che i bambini dovrebbero imparare a sviluppare gradualmente e che si formava col gioco libero, in decrescita da decenni ormai.
Gli unici spazi di socialità residui sono governati da adulti: la scuola e le attività sportive.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Quanto spazio viene dedicato dai medium all'educazione alla genitorialità consapevole?
Quante persone sentono l'esigenza di comprendere il funzionamento psicologico dei più piccoli?
Pochissimi.
Torniamo ai corsi per la genitorialità che sarebbero utili, ma dovrebbero essere organizzati in modo da essere accettati.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Infatti quello che stigmatizzo è proprio quell'autonomia che i bambini dovrebbero imparare a sviluppare gradualmente e che si formava col gioco libero, in decrescita da decenni ormai.
Gli unici spazi di socialità residui sono governati da adulti: la scuola e le attività sportive.
Però rispetto a qualsiasi aspetto della vita vi è costante propaganda della paura.
 
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