È stato adottato in una situazione di emergenza con flussi dal sud e est di Italia massicci, che aveva creato baraccopoli e coree. Altro che la diffidenza attuale contro gli stranieri!
Era stato necessario investire in edilizia popolare per accontentare le industrie. Ma anche l’edilizia privata si differenziava per offrire alloggi a popolazione già residente e popolazione nuova.
E il disgusto, per i terroni che facevano tanti figli, c’era e non era leggero. Anche perché arrivava anche una forma di delinquenza e di sfruttamento delle donne, prima limitatissima.
Forse bisognerebbe anche studiare la storia recente.
Si parla di piano casa a caso, Fanfani aveva fatto di meglio.
Era un'Italia con prospettive economiche diverse.
Come ho già detto, il nord si è trasformato e arricchito congiuntamente a quella immigrazione e anche gli stessi immigrati, ora parte integrante della popolazione, hanno visto una crescita notevole delle loro possibilità economiche.
L'attuale immigrazione è invece di sostituzione, non di crescita.
Non si costruiscono case per i poracci perché ci sono già i quartieri che si sono svuotati dei vecchi, non si fanno case popolari perché non ce n'è realmente bisogno, non c'è un'emergenza casa come allora, il mercato è pieno di stanze e posti letti in affitto e a tanti basta quello, basta pagare il meno possibile per avere rimesse da mandare in patria alla famiglia ed eventualmente costruire una casa bella nel paese d'origine o assicurare una buona vita a chi resta là. Il porto di Genova è pieno d'estate di auto cariche all'inverosimile, è tutta merce che viene portata in nordafrica, l'idea per cui molti vengono qui è quella di fare stare meglio chi sta là.
L'attrattiva per chi resta è il welfare, lo sfruttano giustamente, usando tutto ciò che è disponibile per vivere al meglio, e un lavoro che al tasso di cambio consente buone rimesse.
Però se si parte con l'idea di tornare, sempre più restano a lungo e sentono la necessità di formare comunità entro cui conservare la loro cultura e la lingua e mantenere i figli legati alle culture di origine in maniera da poter consentire spostamenti o il ritorno in patria di tutta la famiglia.
L'immigrazione di questo tipo non può prevedere l'integrazione, perché non nasce per essere stabile, difatti le donne non imparano nemmeno la lingua, non solo non ne hanno necessità ma non devono interferire con le decisioni del capofamiglia.
Quelli che chiamiamo noi ghetti in realtà sono comunità.
Questo perché noi pretendiamo che loro diventino come noi col tempo, ma non capiamo che non lo vogliono.
Giustamente, a mio parere, perché non sono partiti con l'idea di diventare come noi.