Guarda che in queste situazioni, con il sapere nasce il bisogno di sapere tutto. Si cerca la verità che non lascia spazio alla più piccola speranza.
E le bugie e il non detto feriscono più della verità.
Io lo direi ed avrei voluto saperlo.
Si, terribilmente.
Sul non detto si costruiscono i castelli di fantasia più inverosimili, alimentato ciò dalla paranoia, dal senso di accerchiamento, di minaccia, di solitudine nel quale sprofonda chi subisce un tradimento.
Il problema è che la paranoia fa sì che pure le cose dette non siano sufficienti, ed ecco che approfittando della mancanza di qualche particolare fa partire di nuovo la dolorosissima fantasia.
Eppure nella mia esperienza le paranoie sono esplose solo dopo un certo livello.
Sulle prime, quando credevo che il tizio fosse uno di cui sapevo si potesse aver buona opinione come persona, e consapevole del fatto che il mio matrimonio era già minato da altre cose, addirittura offrii aiuto a mia moglie affinché potesse portare avanti la sua storia.
I primi pensieri andarono alle questioni logistiche legate al bambino, dato che il tizio è di Zurigo e presumevo che lei sarebbe andata a vivere con lui. Non mi posi al momento altri interrogativi.
Solo dopo, quando scoprii che la figura che si era introdotta nella mia famiglia non era quella del brav'uomo ma a me appariva come quella del furbetto "strasciamudaand", allora si che cominciai a voler sapere tutto.
Due erano i fattori in gioco: il mio senso protettivo nei confronti di mia moglie ed il confronto tra maschi, cretino questo ma miseramente inevitabile.
Alla fine riuscii per un certo periodo ad adattarmi anche a questo, "rassicurato" almeno un pochino da mia moglie. Arrivai perfino a pensare che per mio figlio sarebbe stata pure un'esperienza particolare quella di avere un genitore che viveva su una barca a vela a Capo Verde.
Poi crollai, daccordo, ma la mia idea di non essere "proprietario" di nessuno rimase sempre.