Non dovrebbe essere compito nostro.
Mi aspetto che chi ha una posizione di governo metta in campo tutte le risorse per gestire adeguatamente tutte le problematiche.
Ti porto alcuni esempi personali.
La ditta di mia moglie ha chiuso perché si era illusa dalle parole di Conte che l'emergenza durasse al massimo uno o due mesi. Ha chiuso sia per il calo degli ordini che per la tutela della salute di chi ci lavora, sia perché ha la produzione nella bergamasca.
Ora dovrà riaprire, perché non può più permettersi di restare chiusa, in quanto le spese comunque ci sono ugualmente. Mia moglie non percepisce lo stipendio in quanto siamo in attesa di sapere se può godere della cassa integrazione. Nel frattempo è arrivata la RCA di un auto, le spese condominiali, le rate del finanziamento e ovviamente tutte le bollette da pagare.
Noi siamo messi bene ma ho degli amici che hanno il negozio di abbigliamento che... Beh, puoi immaginare.
Due famiglie che conosciamo in questi due giorni si sono separate, non ufficialmente, ma fisicamente. Stress della convivenza.
Mio padre non vede la fidanzata da... Un mese?
Ma mica solo lui. Quanti?
Mica solo gli amanti sono fuori gioco...
E la mia scuola di canto? E tutte le insegnanti, i musicisti, gli attori...
In questo momento il citofono è rotto. Da più di un mese. Puoi immaginarti quante situazioni al limite stanno emergendo. Io ho raccontato le baggianate del mio quotidiano.
Ora, noi tutti sappiamo che i numeri che danno ogni sera contano relativamente. Borrelli stessa alla richiesta di speranza di una giornalista ha risposto evasivamente ieri. Relativamente perché NESSUNO li ha mai usati per dirci quando tutto questo finirà.
La forza e la resistenza delle persone la puoi gestire fino a maggio, forse. Non è questione di ottimismo o pessimismo, ma dopo un po' se i problemi si accumulano... Beh, devi avere a mente un piano B ben definito altrimenti qui va tutto in vacca.
E' vero quello che scrivi.
Sono d'accordo non si tratti di ottimismo o pessimismo.
Si uscirà da questa situazione di emergenza, quando?
Non lo sanno.
E finita l'emergenza non sarà finita. Nel senso che molto probabilmente dovremo reinventare un mondo.
Piccolo o grande che sia. Ognuno dal suo posto.
Storicamente dalle epidemie c'è chi ne esce impoverito e chi ne esce arricchito.
Storicamente dopo le epidemie, assorbito l'urto, aumenta la ricchezza.
Assorbito l'urto significa che prima aumentano povertà e differenze e poi aumenta la ricchezza.
Non so niente di economia. Non sono in grado di leggere questo aspetto come fate voi. Ripeterei solo stereotipi di cui fondamentalmente non so niente. Riprodurrei schieramenti che sono già ora anacronistici, perchè la nostra società non si è mai trovata in una situazione di pandemia.
E anche la storia, per quanto possa essere riferimento, non ha situazioni in cui una pandemia è andata così veloce.
La spagnola ci ha impiegato due anni a diffondersi.
Qui oggi siamo ad aprile, se ne è parlato le prime volte a fine dicembre, due settimane fa ancora c'era chi pensava che per pasquetta saremmo stati a posto...
sono tre mesi.
Pensare che in tre mesi si riesca a stendere un piano stabile e definito globale come lo è la pandemia, ecco, forse questo è ottimistico.
Questa situazione coinvolge tutto il mondo.
Non sarà così semplice trovare un piano B che intersechi le esigenze di un singolo stato e quelle di una economia globale (senza parlare di usi e costumi etc etc).
E capisco che faccia una paura tremenda. Io senza piani B mi cago in mano.
Ma penso anche che in questo momento pre-occuparsi non serve ad altro se non a nutrire l'angoscia dell'inattività e di tutto quello che si muove sotto l'inattività forzata. Il senso di impotenza e come si ribalta sul senso di auto-efficacia di ognuno.
Penso che un buon modo per far fronte a meccanismi che sì, sono psicologici, ma riverberano nel fare quotidiano, sia ognuno occuparsi di quello di cui si può occupare.
Reinventare reti sociali di scambio e collaborazione. E parlo anche di scambi concreti eh (io ho le uova tu hai salame)
Reinventare lo scambio. E reinventare modi di stare nel quotidiano. La vicinanza e la lontananza.
Addestrarsi per quando l'emergenza sarà finita, ma la pandemia no.
Che si ricomincerà a lavorare.
Ma ricominciare in preda all'ansia di farlo significa rischiare di ripiombare in quello che stiamo vivendo ora.
Ripiombarci, sarebbe molto peggio di ora, se dovesse accadere.
Occuparsi significa partire dalla realtà contingente.
Spostare l'attenzione sul presente. E non sulla paura che fa il presente proiettato nel futuro. ( e la preoccupazione funziona esattamente così: prendo il presente e lo spalmo in avanti).
Mi spiego?
Agire su quello su cui si può agire.
Nel proprio quotidiano.
Ognuno nella sua posizione. Dal commesso al ristoratore all'impiegato al dirigente ai vari datori nelle varie aziende.
Adesso vince chi sa stare nel qui e ora. E adattarsi.
Quello che accadrà non lo si può sapere. Ma ci si può arrivare in forze.
Arrivarci sfiancati dalla preoccupazione è controproducente. E toglie opzioni e opportunità.
In un qualche modo io credo che economicamente si troveranno delle soluzioni. (io non le so. Sono una ignorante).
L'aspetto positivo di una pandemia è che non riguarda un singolo paese.
E quindi in un qualche modo, in particolare per noi fortunati da questa parte del mondo, significa che non si lascia indietro nessuno.
Sia chiaro, questo non significa andrà tutto bene. Non significa che tutti arriveremo nello stesso punto. ci saranno differenze, anche notevoli probabilmente.
E non significa che le soluzioni che troveranno saranno gradite o gradevoli.
Saranno lacrime e sangue per tanti. Per qualcuno lo sono già.
Ma in un modo o nell'altro si andrà oltre.
Serve lasciar andare quel che conosciamo.
Stare nel qui e ora e iniziare a immaginare.
Progettare.
E studiare.
Rinnovare.
Cambiare.