Genitori di merda

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Questo io non lo capisco.
In particolare il grassetto.
Chi perdona sei TU. Cosa importa se per lei esiste quello che tu le perdoni?

Il perdono è adesso. Alla persona che hai davanti ADESSO. Non all'illusione per la quale ti sei perdonata.
Perché è qui il punto. Uno può non sentirsela. Ma non negare che ci sia qualcuno da poter eventualmente perdonare.
Il per-dono è un dono.

E io decido a chi donare.

Dono a me. Quindi.
Dono a me il mio liberarmi dagli echi di lei. Dagli echi che io stessa ho creato.
Dalla rabbia, dalla delusione, dalla paura. Dal dolore.
E accolgo le mancanze. Per come sono.

Lei, messa come è messa, non c'entra niente. E' un movimento mio, di me per me a me.

Io non sono nessuno per rimettere i peccati, gli errori a qualcuno che fra l'altro manco sa di averli commessi.
E tentare, pensare di farlo, sarebbe rimettermi nella posizione di sperdermi nei suo giri, nel suo modo di vedere e fare.

Per-donare, non è con-donare. (per quanto le due accezioni vengano sovrapposte).

Come dici, è un atto mio. Per me.
Riguarda le mie emozioni, miei ricordi, la mia capacità/incapacità di gestire e accettare.
Sono quelle da lasciar andare.

La lei di adesso, e di allora, è una persona che non solo non riconoscerebbe il dono ma che neanche sa.

Nella mia mente è stata una persona con cui parlare, cercare mediazione e comprensione.
Ma non era lei. Ero io. Era una mia creazione, il modo in cui per anni ho aggirato la realtà semplice dei fatti.
E il guardarmi per davvero.

Perdonare lei "persona in carne", sarebbe evitarmi per l'ennesima volta.
E non ne ho la minima intenzione. Mi piaccio :)

Non te lo so spiegare meglio.

Ma la pacificazione non è con mia madre "persona".
Che è assolutamente inconsapevole di ogni cosa. Anche delle assurdità che dice e fa.
Sprecherei le mie energie con questa. Ora, dopo anni di tentativi, lo so.

La pacificazione è con la madre fantasmatica che è vissuta in me. Quella che rappresentava la mia illusione e il mio desiderio di avere una madre che non tenta di "uccidere". (metaforicamente parlando).
E qui invece le mie energie le dirigo volentieri, è amorevolezza verso la mia vita interiore.
@Bruja l'ha sottolineato alla grande nel suo post. E molto meglio di quanto so fare io ora come ora.
 
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ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Non puoi credere quanto capisca la tua situazione, ho avuto una madre che fino alla fine dei suoi giorni ha brigato per crearmi problemi di tutti i tipi...
Inutile spiegare tutta la storia, quando un genitore è inadeguato o del tutto sbagliato, l'effetto è sempre dirompente nella vita dei figli.
Ho cercato fino alla fine di non farmi coinvolgere nei suoi giri di pensieri, nei vittimismi, nelle lamentele in cui la colpa è sempre degli altri ...
Ho cercato di vivere senza la sua presenza o meglio, considerandola una presente assenza...
Poi la quiete e la comprensione per la sua incapacità di provare empatia e di vedere le cose per come sono e non per come lei se le prefigurava, è venuta col perdono... non per lei, per me stessa, mi sono perdonata di aver seguito comunque la sua visuale cercando di cambiarla, di portarla a capire, fino all'esaurimento delle possibilità, finalmente ho lasciato perdere, non facendo caso a ciò che era solita dire, fare, tramare e diffondere.
Insomma ero figlia ma ero anche una persona, non un sua emanazione, quindi ho lasciato che i ruoli sfumassero, ho adempiuto ai miei doveri, ma non mi sono più rammaricata di quello che non avevo avuto, nè di quello che non potevo dare.
Perdonarsi è stata la soluzione, lasciare andare il flusso delle cose non cercando di intervenire inutilmente dove la natura aveva radicato degli imperativi inamovibili.

Non è facile, non lo è mai, ma se si entra nella convinzione che non si può essere salvifichi, a volte neppure per sè stessi, si comprende che bisogna lasciare andare, inutile farsi domande senza risposta.
Avere per sè stessi quella compassione che è amore profondo e comprensione per l'errore immutabile di cui siamo bersagli incolpevoli, insomma porre la distanza che è sanatoria quando si comprende che il nostro è l'unico cambiamento che possiamo gestire.
Trova la tua pacificazione senza curarti delle impossibilità che incontri, lascia fluire, a volte la realtà più vera è che ognuno prova amore nel modo in cui sa... o non sa !
Se non lo hai letto ti consiglio "La ferita dei non amati" ... tratta queste dinamiche in modo davvero profondo.
Ti abbraccio
Grazie...ti abbraccio anche io.

Hai descritto esattamente. Precisamente.
In particolare i grassetti.
Io non riesco ancora a descrivere tanto bene.
A volte mi incazzo ancora, con me.
Ormai è chiaro. Prima credevo di essere arrabbiata con lei...adesso so che la rabbia è un qualcosa che riguarda se stessi, non l'altro.

Sto seguendo quel percorso lì, che hai tanto bene descritto...ho lasciato andare.
Lo sto ancora facendo. Lascio lei, la salvazione di lei, il mio essere (come mi definiva) malattia e cura...e mi dirigo nella semplice cura di me. Come persona. Prima e fuori da ogni ruolo.

E' come dici...ognuno ama come sa o non sa.
E non è che così. Semplicemente.

Leggerò sicuramente il libro...grazie del consiglio. :)
 

Lostris

Utente Ludica
Il per-dono è un dono.

E io decido a chi donare.

Dono a me. Quindi.
Dono a me il mio liberarmi dagli echi di lei. Dagli echi che io stessa ho creato.
Dalla rabbia, dalla delusione, dalla paura. Dal dolore.
E accolgo le mancanze. Per come sono.

Lei, messa come è messa, non c'entra niente. E' un movimento mio, di me per me a me.

Io non sono nessuno per rimettere i peccati, gli errori a qualcuno che fra l'altro manco sa di averli commessi.
E tentare, pensare di farlo, sarebbe rimettermi nella posizione di sperdermi nei suo giri, nel suo modo di vedere e fare.

Per-donare, non è con-donare. (per quanto le due accezioni vengano sovrapposte).

Come dici, è un atto mio. Per me.
Riguarda le mie emozioni, miei ricordi, la mia capacità/incapacità di gestire e accettare.
Sono quelle da lasciar andare.

La lei di adesso, e di allora, è una persona che non solo non riconoscerebbe il dono ma che neanche sa.

Nella mia mente è stata una persona con cui parlare, cercare mediazione e comprensione.
Ma non era lei. Ero io. Era una mia creazione, il modo in cui per anni ho aggirato la realtà semplice dei fatti.
E il guardarmi per davvero.

Perdonare lei "persona in carne", sarebbe evitarmi per l'ennesima volta.
E non ne ho la minima intenzione. Mi piaccio :)

Non te lo so spiegare meglio.

Ma la pacificazione non è con mia madre "persona".
Che è assolutamente inconsapevole di ogni cosa. Anche delle assurdità che dice e fa.
Sprecherei le mie energie con questa. Ora, dopo anni di tentativi, lo so.

La pacificazione è con la madre fantasmatica che è vissuta in me. Quella che rappresentava la mia illusione e il mio desiderio di avere una madre che non tenta di "uccidere". (metaforicamente parlando).
E qui invece le mie energie le dirigo volentieri, è amorevolezza verso la mia vita interiore.
@Bruja l'ha sottolineato alla grande nel suo post. E molto meglio di quanto so fare io ora come ora.
Guarda che il perdonare è proprio quello che hai descritto, l’altro non c’entra in forma attiva.
Non si stava parlando di cose diverse.
 

Rosarose

Utente di lunga data
Un abbraccio anche da parte mia a [MENTION=5159]ipazia[/MENTION]!
Il forum senza di te non era più lo stesso! Io ti immaginavo impegnata in un viaggio di crescita spirituale...
Ti auguro una pronta guarigione:)

Inviato dal mio SM-G960F utilizzando Tapatalk
 

Jacaranda

Utente di lunga data
Cosa intendi per perdono?

Io se guardo mia madre vedo una donna che manco sa di aver fatto i danni che ha fatto. Non è semplicemente in grado.
Perdonerei la madre che io ho desiderato per anni, ma non sarebbe la mia vera madre. Che ancora adesso attua le stesse identiche dinamiche di vessazione e aggressione.
E quindi sarebbe un autoinganno.

La accetto. La gestisco. Per quel che si può, ne ho cura.

Forse è che io sono cresciuta con lei che mi ha ripetuto che lei era quello che era a causa della mia esistenza.
Io ero la sua malattia. L'origine della sua malattia. E se io non fossi esistita lei sarebbe stata migliore.
La mia rabbia è stata fondamentalmente rivolta contro di me, da me.

Ho perdonato me.
Per averci creduto. E per essermi trattata tanto male.
Ma solo dopo aver imparato ad essermi grata per esser quella che sono.
Per stare meglio bisogna semplicemente prendere atto della motivazione di certi atteggiamenti. E mi sembra che tu ci sia ampiamente riuscita. Quando certi suoi atteggiamenti ti lasceranno indifferente o ti divertiranno quasi ..allora ne sarai fuori definitivamente .
Non c’e nulla di peggio di non ricevere cura da chi dovrebbe per natura dartela . Se questo non accade pensi che se addirittura tua madre non ti ama, allora vali davvero poco:.. e qui puoi scegliere ...o ti setti verso il basso o passi la vita a dimostrare a te stesso e agli altri che non è così.
La dinamica che si instaura più frequentemente è la seconda....
I bambini feriti soffrono sempre...per tutta la vita ...ma sviluppano una ipersensibilità che è un dono che li distingue dalle altre persone ..sono piu’ riflessivi, introspettivi... un po’ speciali ..anche se si portano appresso la malinconia senza fine tipica del bimbi non amati...
La vita ha il potere di equilibrare le cose ...
 
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ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Guarda che il perdonare è proprio quello che hai descritto, l’altro non c’entra in forma attiva.
Non si stava parlando di cose diverse.
Per questo ti chiedevo cosa intendessi per perdono :)

Io vado oltre la forma attiva o passiva...l'altro è collaterale. Casuale. Indifferente alla fine dei conti. Quella persona o un'altra non fa più molta differenza ad un certo punto, perchè il processo è rivolto all'interno e non all'esterno.

Rinuncio alla punizione e alla vendetta, per il semplice motivo che sarebbero meccanismi che legano me all'altro.
E l'intento è proprio invece sciogliere un legame, più o meno conscio, con l'altro persona per dirigersi alla cura del legame interiore con i propri demoni e i propri fantasmi.

Il perdono è in fondo dare la morte all'altro in sè.

Accettare l'umanità e la banalità del male.
Quello che non ha spiegazione utile e che esiste in quanto tale. In sè e per sè.

E appropriarsene.
Prendendo posizione e dominio delle proprie emozioni e del proprio vissuto.

Ecco perchè dico che non perdono l'altro ma perdono semmai me stessa.

Ossia dono a me stessa per me stessa da me stessa una liberazione senza attesa.


Il perdono come remissione della colpa, in uno slancio di umanità, che in fondo è di nuovo uso dell'altro come contenitore della provenienza del proprio dolore e delle proprie ferite, è la grande illusione legata al condizionamento del sacrificio e della bontà. Ed è nutrire il legame fra l'altro.

Io non rimetto colpe. E non condono. Non è mio compito.

E' questa concezione del perdono che coinvolge l'altro che non mi trova in accordo.

Come giustamente dici tu, l'altro non c'entra niente.

E nel suo specchio ci si guarderà senza il mio sguardo. Nè benevolo nè malevolo.
Il mio sguardo è per chi io ritengo degno di averne cura.

E questo è poi il perchè dicevo che un perdono non richiesto, e più che altro non guadagnato nelle azioni, è un autoinganno.

Credo che oggi come oggi, fra i condizionamenti cattolici ancora imperanti a riguardo, e le teorie sulle riviste psicologiche un tanto al kg, si tolga e si distolga l'attenzione, ancora una volta, dall'affrontare i propri demoni spostandoli sull'altro e cercando nel perdono la soluzione ad un dialogo e ad una dialettica interiore che non ha risposte se non in se e con sè.

Questo sottolineavo :)
 
Per questo ti chiedevo cosa intendessi per perdono :)

Io vado oltre la forma attiva o passiva...l'altro è collaterale. Casuale. Indifferente alla fine dei conti. Quella persona o un'altra non fa più molta differenza ad un certo punto, perchè il processo è rivolto all'interno e non all'esterno.

Rinuncio alla punizione e alla vendetta, per il semplice motivo che sarebbero meccanismi che legano me all'altro.
E l'intento è proprio invece sciogliere un legame, più o meno conscio, con l'altro persona per dirigersi alla cura del legame interiore con i propri demoni e i propri fantasmi.

Il perdono è in fondo dare la morte all'altro in sè.

Accettare l'umanità e la banalità del male.
Quello che non ha spiegazione utile e che esiste in quanto tale. In sè e per sè.

E appropriarsene.
Prendendo posizione e dominio delle proprie emozioni e del proprio vissuto.

Ecco perchè dico che non perdono l'altro ma perdono semmai me stessa.

Ossia dono a me stessa per me stessa da me stessa una liberazione senza attesa.


Il perdono come remissione della colpa, in uno slancio di umanità, che in fondo è di nuovo uso dell'altro come contenitore della provenienza del proprio dolore e delle proprie ferite, è la grande illusione legata al condizionamento del sacrificio e della bontà. Ed è nutrire il legame fra l'altro.

Io non rimetto colpe. E non condono. Non è mio compito.

E' questa concezione del perdono che coinvolge l'altro che non mi trova in accordo.

Come giustamente dici tu, l'altro non c'entra niente.

E nel suo specchio ci si guarderà senza il mio sguardo. Nè benevolo nè malevolo.
Il mio sguardo è per chi io ritengo degno di averne cura.

E questo è poi il perchè dicevo che un perdono non richiesto, e più che altro non guadagnato nelle azioni, è un autoinganno.

Credo che oggi come oggi, fra i condizionamenti cattolici ancora imperanti a riguardo, e le teorie sulle riviste psicologiche un tanto al kg, si tolga e si distolga l'attenzione, ancora una volta, dall'affrontare i propri demoni spostandoli sull'altro e cercando nel perdono la soluzione ad un dialogo e ad una dialettica interiore che non ha risposte se non in se e con sè.

Questo sottolineavo :)
forse non comprendo io; ma secondo lo stesso ragionamento che fai il perdono non ha né merito , né guadagno.
sono anche io una dei non amati (mia madre per depressione, mio padre per non essere stato educato ad amare) e ho semplicemente trovato serenità nel rinunciare al giudizio , trovando che l'unico assoluto che li riguarda è che senza di loro non sarei al mondo.per quanto mi riguarda ho cercato di fare del mio meglio consapevole sempre di più di quanto sia difficile.
molto amore, poco amore, troppa cura,poca cura, controllo, non controllo....
alla fine sono stata fortunata ed oggi ho questa donna che stimo a prescindere come persona e che (chettelodicoafare) amo immensamente.
potevo essere uno schifo di madre e mi è andata bene ...perché si riesca a cambiare la strada in un modo o nell'altro ancora non l'ho capito bene
 

Brunetta

Utente di lunga data
forse non comprendo io; ma secondo lo stesso ragionamento che fai il perdono non ha né merito , né guadagno.
sono anche io una dei non amati (mia madre per depressione, mio padre per non essere stato educato ad amare) e ho semplicemente trovato serenità nel rinunciare al giudizio , trovando che l'unico assoluto che li riguarda è che senza di loro non sarei al mondo.per quanto mi riguarda ho cercato di fare del mio meglio consapevole sempre di più di quanto sia difficile.
molto amore, poco amore, troppa cura,poca cura, controllo, non controllo....
alla fine sono stata fortunata ed oggi ho questa donna che stimo a prescindere come persona e che (chettelodicoafare) amo immensamente.
potevo essere uno schifo di madre e mi è andata bene ...perché si riesca a cambiare la strada in un modo o nell'altro ancora non l'ho capito bene
Così come ogni famiglia infelice lo è a modo suo, anche il non amore è sempre diverso.
Ho visto genitori chiamare bastardo e puttana i figli, ma essere presenti praticamente ed emotivamente, ho visto altri chiamarli con nomignoli dolcissimi, ma essere trascuranti emotivamente e sempre esigenti e giudicanti, altri ancora poco istruiti e consapevoli, ma in grado di dare sicurezza di riferimenti e calore.
Ma soprattutto ci sono figli che non perdoneranno mai (in tutti i sensi) di non aver avuto la festa di compleanno l’anno in cui è morta la nonna e figli grati a genitori freddi e disturbati.
Voglio dire che la ferita dei non amati è più o meno profonda e guarisce o no in base al proprio “sistema immunitario” (e qui [MENTION=7039]stany[/MENTION] sarà contento) ma soprattutto, come sostiene Melanie Klein, anche grazie al sostegno e alla accoglienza che altre figure adulte hanno dato o no.
 
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francisca

Utente di lunga data
Affidarli al padre o ai nonni non è trascuratezza.
Allora per andare in pizzeria con le amiche va bene e con l’amante invece diventa trascuratezza?
Pongo domande. Non ho risposte. Ho forse reazioni di repulsione, ma non so se giuste.
La trascuratezza è pensare all'amante quando sei coi figli. Non la definirei cattiveria, ne tanto meno abuso.
Non so, un padre che lavora quando non dorme trascorre tutti i fine settimana con l'amante potrebbe essere definito un cattivo padre, sebbene non abusante?
 

Brunetta

Utente di lunga data
La trascuratezza è pensare all'amante quando sei coi figli. Non la definirei cattiveria, ne tanto meno abuso.
Non so, un padre che lavora quando non dorme trascorre tutti i fine settimana con l'amante potrebbe essere definito un cattivo padre, sebbene non abusante?
Se i figli non sono alla fine della adolescenza o adulti con una propria vita sociale direi di sì.
 
sì ma anche se li passa tutto quel tempo (chiaro che non si parla del normale e legittimo passatempo)a giocare a boccette ,a quel punto.
se non avverte ,non tanto il dovere ,quanto il piacere di stare con il figlio
 

Brunetta

Utente di lunga data
sì ma anche se li passa tutto quel tempo (chiaro che non si parla del normale e legittimo passatempo)a giocare a boccette ,a quel punto.
se non avverte ,non tanto il dovere ,quanto il piacere di stare con il figlio
Certo!
Il problema è che l’amante lo interpreta come passione per lei.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Per stare meglio bisogna semplicemente prendere atto della motivazione di certi atteggiamenti. E mi sembra che tu ci sia ampiamente riuscita. Quando certi suoi atteggiamenti ti lasceranno indifferente o ti divertiranno quasi ..allora ne sarai fuori definitivamente .
Non c’e nulla di peggio di non ricevere cura da chi dovrebbe per natura dartela . Se questo non accade pensi che se addirittura tua madre non ti ama, allora vali davvero poco:.. e qui puoi scegliere ...o ti setti verso il basso o passi la vita a dimostrare a te stesso e agli altri che non è così.
La dinamica che si instaura più frequentemente è la seconda....
I bambini feriti soffrono sempre...per tutta la vita ...ma sviluppano una ipersensibilità che è un dono che li distingue dalle altre persone ..sono piu’ riflessivi, introspettivi... un po’ speciali ..anche se si portano appresso la malinconia senza fine tipica del bimbi non amati...
La vita ha il potere di equilibrare le cose ...
Le reazioni sono tante quante le persone che le attuano.
Io penso che il gioco, se così lo si può chiamare, è uscire dalla re-azione, per entrare nell'azione. :)

La mia risposta è stata per esempio quella di decidere di non aver bisogno di niente e nessuno e puntare tutto sulla mia autonomia e indipendenza.

Quindi ho "semplicemente" deciso che se quella roba che avevo respirato in casa era famiglia, beh.
Fanculo la famiglia.
Meglio sola.

E' diventata una questione di onore, negli anni. Bastare a me stessa e non chiedere niente a nessuno.
E pagare in caso di necessità.
Nessun debito.

Questo per esser sintetica. :)

Quella malinconia, negli anni è dolce. Nella mia esperienza.
Dentro è un posto caldo e accogliente, in cui stanno le parti preziose.
A me piace la mia malinconia.

La vita è vero...a modo suo, mette fluidità.

Aggiungo solo una cosa...quando pensi che tua madre non ti ama, sei già con un passo fuori dalla dinamica.
Quando ci sei dentro, quello di tua madre è amore.

Ed è esattamente qui la disfunzione.

Ed è il nodo che chi attraversa situazioni disfunzionali deve sciogliere.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
ho letto che non sei stata bene, spero vada meglio
Miglioro leenta. Ne avrò ancora per almeno due mesi.

Spero non oltre...se no...buh...sto giro ho idea che la vita si sia rotta il cazzo dei miei tentennamenti e mi abbia messa in condizione di affrontare i miei mostri neri...pazienza, tolleranza verso me stessa e chiedere per bisogno e non solo per scelta. (questa è la peggiore!! :unhappy:)
 

Brunetta

Utente di lunga data
Miglioro leenta. Ne avrò ancora per almeno due mesi.

Spero non oltre...se no...buh...sto giro ho idea che la vita si sia rotta il cazzo dei miei tentennamenti e mi abbia messa in condizione di affrontare i miei mostri neri...pazienza, tolleranza verso me stessa e chiedere per bisogno e non solo per scelta. (questa è la peggiore!! :unhappy:)
Non si vorrebbe, ma succede.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
forse non comprendo io; ma secondo lo stesso ragionamento che fai il perdono non ha né merito , né guadagno.
sono anche io una dei non amati (mia madre per depressione, mio padre per non essere stato educato ad amare) e ho semplicemente trovato serenità nel rinunciare al giudizio , trovando che l'unico assoluto che li riguarda è che senza di loro non sarei al mondo.per quanto mi riguarda ho cercato di fare del mio meglio consapevole sempre di più di quanto sia difficile.
molto amore, poco amore, troppa cura,poca cura, controllo, non controllo....
alla fine sono stata fortunata ed oggi ho questa donna che stimo a prescindere come persona e che (chettelodicoafare) amo immensamente.
potevo essere uno schifo di madre e mi è andata bene ...perché si riesca a cambiare la strada in un modo o nell'altro ancora non l'ho capito bene

Non capisco bene io...cosa vuol dire che il perdono non ha nè merito nè guadagno?

Come dice la parola, è un dono. Come ogni dono, autentico, non cerca nè merito nè guadagno.
Il piacere è intrinseco.

No?

Anche io non uso il giudizio di valore.
Ma giudico eccome. Dove "giudico" significa "valuto".

Semplicemente non mi interessa dare una valutazione morale.

In fondo una madre come la mia, 50 anni, sarebbe stata considerata non solo una madre adeguata. Ma un ottima madre.
La morale è troppo volatile per essere parametro.

Il giudizio di valutazione invece prende i parametri del contesto (spazio e tempo) e colloca chi ci si muove dentro in una scala.
Oggi mia madre è una madre inadeguata.

Che poi io possa esser grata, e non solo per avermi messo al mondo, è tutto un altro livello e riguarda il legame che ho con loro, nel bene e nel male.
Ma questo è un livello emotivo.

Quanto al perchè alcune catene generazionali si sciolgono e altre no...a volte penso alla catena che lega mia madre alla sua (e mia madre rispetto alla sua di madre, è un essere dolce e amorevole). Lei non l'ha spezzata.
Ma i suoi movimenti, le sue sofferenze, credo compartecipino a render possibile a me rompere la nostra.
Noi vediamo sempre troppo poco a breve termine, nel passato e anche rivolti all'anticipazione del futuro, in un quadro più ampio...io penso che i cambiamenti avvengano quando è il loro tempo. E quel tempo riguarda le generazioni. non i singoli individui.

il mio psyco mi ha ripetuto spesso che i perchè sono proprio poco importanti, se rapportati ai cosa e ai come :)
mi diceva che quando mi mettevo a inseguirlo era puro esercizio di retorica...credo avesse ragione.

Che poi la retorica non abbia una sua bellezza e un suo piacere intrinseco, è un altro discorso (a me piace la retorica) :p:D
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Non si vorrebbe, ma succede.
G. mi ha ripetuto spesso che il maestro arriva quando l'allievo è pronto :)
Credo sia andata suppergiù così :)

Comunque pensavo al discorso generale, genitori e figli.

Io mi sto formando l'idea che un genitore inadeguato è un genitore che non si cura di e stesso come persona.
E si inventa mille scuse per sfuggirsi.

Non vedo poi molta differenza fra una scusa e l'altra.
Che sia l'amante, le bocce, il lavoro, il volontariato...quando la cura diventa un impegno da cui prender pausa (pausa che cerca oblio)...ecco, non è il con che cosa che si cerca l'oblio ad essere un indicatore. Ma il cercare l'oblio.

Anche quando l'oblio è il figlio stesso eh...che viene usato come prolungamento di sè, della propria realizzazione e non riconosciuto come essere libero a cui si è DECISO di DONARE opportunità.

[FONT=&quot]I vostri figli non sono figli vostri...[/FONT]
[FONT=&quot]sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perché la loro anima abita la casa dell'avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perché la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l'arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L'Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell'infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
[/FONT]

[FONT=&quot]Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell'Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l'arco che rimane saldo.

[/FONT]
(K. Gibran)

Secondo me questo descrive la tensione di un genitore adeguato.
Tensione...e cura del proprio baricentro nella gestione dei propri pieni e propri vuoti.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Un abbraccio anche da parte mia a @ipazia!
Il forum senza di te non era più lo stesso! Io ti immaginavo impegnata in un viaggio di crescita spirituale...
Ti auguro una pronta guarigione:)

Inviato dal mio SM-G960F utilizzando Tapatalk
Lo è ;):) (anche se non esattamente come me l'aspettavo :carneval:)

E grazie mille!!

Ricambio l'abbraccio :)
 

spleen

utente ?
Così come ogni famiglia infelice lo è a modo suo, anche il non amore è sempre diverso.
Ho visto genitori chiamare bastardo e puttana i figli, ma essere presenti praticamente ed emotivamente, ho visto altri chiamarli con nomignoli dolcissimi, ma essere trascuranti emotivamente e sempre esigenti e giudicanti, altri ancora poco istruiti e consapevoli, ma in grado di dare sicurezza di riferimenti e calore.
Ma soprattutto ci sono figli che non perdoneranno mai (in tutti i sensi) di non aver avuto la festa di compleanno l’anno in cui è morta la nonna e figli grati a genitori freddi e disturbati.
Voglio dire che la ferita dei non amati è più o meno profonda e guarisce o no in base al proprio “sistema immunitario” (e qui @stany sarà contento) ma soprattutto, come sostiene Melanie Klein, anche grazie al sostegno e alla accoglienza che altre figure adulte hanno dato o no.
Si, si, si. Ho sempre sostenuto di aver avuto più di due genitori, tutti i padri e le madri che mi hanno accompagnato alla vita adulta e guai se non ci fossero stati anche loro e questo ricordo mi commuove quasi alla lacrime...
 
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