La solitudine è un bene prezioso se ci si sa accostare nella maniera giusta. Ho sintetizzato.
Il tradimento da solitudine ........... basta mi siddio ripetere che non esiste, a meno che! la solitudine non mbriachi come una bella bevuta... :rotfl:
Come capisco io Rabarbaro nessuno! ti prego Ra..... non commentarmi sto troppo contento e felice di stare per andare al mare e della bella serata di ieri sera.
Orevuareeee bye bye aufidesenn ciao picciotti ni vieriemu ah!
Tu sei il mio capitore prediletto.
Altro non aggiungo.
Che sintesi!!!
:inlove::inlove::inlove::inlove::inlove:
(verde...)
Che poi non si venga a dire che io non ho il dono della sintesi!
Io ce l'ho eccome, ed è ancora sigillato nel sul blister originale!
Maestro,
potremmo iniziare a parlare senza più smettere di cio che é e di ciò che a noi APPARE essere partendo dall'alba del pensiero umano ....
E della soggettività di ogni cosa, anche la più oggettiva, e sarebbe interessante.
E della pari dignità dell'essere nella sua sostanza e nella prospettiva ....
Senza fretta, possiamo farlo, questo thread è sempre qui.

:up:
Vedi L7, il discorso non ha nulla né di filosofeggiante, né vuole mettere in dubbio quello che tu senti.
Per il solo fatto che qualcosa abbia degli effetti, su di noi, su altri, esterni od intimi che siano, quel qualcosa -definitivamente- esiste.
Poca importanza ha la modalità con la quale viene percepito dagli altri e molta, invece, na ha quella attraverso la quale lo percepiamo noi, sia per le sue conseguenze che per le eventuali contromisure da prendere.
Per intenderci, se l'ingozzarsi di bomboloni è il tradimento e la fame percepita è la solitudine, in sé poco importa se è dovuta a bulimia od a uno stomaco davvero troppo grande, se non per il fatto che da un lato si vomita compulsivamente e dall'altro si incrementa mostruoamente la propria stazza, così come per ritrovare un certo equilibrio si può, da un canto, ricorrere ad uno psicoterapeuta o, dall'altro, ad un chirurgo.
Potrei sbagliarmi, eh, e nel caso Rabby mi bacchetterà, ma non penso mettesse in dubbio la correttezza della tua percezione di quella che chiami solitudine, quanto il fatto che se di solitudine vera si trattasse difficilmente avrebbe gli esiti che ha.
Provo a spiegarmi meglio: quello che a me arriva, così di pancia, dai tuoi scritti, è più il senso di una mancanza di senso che provi a vivere come vivi, unita ad una certa autoindulgenza, mista a fatalismo e tendenza a piangerti addosso invece che cercare soluzioni. Per soluzioni intendo soluzioni decenti, non due salti in un letto diverso.
Egli non bacchetta nessuno, mai...
Noi non capiamo o facciamo finta di non capire Rabarbaro, ma lui ci capisce assai.
la solitudine a cui si fa riferimento nel titolo non mi sembra in verita' solitudine, ma un penoso senso di insiddisfazione e di vuoto che fa sentire soli, ma poco ha a che fare con la solitudine. La solitudine puo' essere un destino, un mezzo per ricevere notizie da se', uno sguardo particolare sul mondo e anche nel mondo. Chi e' affetto da un cronico senso di vuoto devitalizzato cerca di vitalizzarsi con la ricerca di una relazione, chr pero' non risultera' mai quella che salvera' dalla smania plumbea e penosa, tant'e' vero che molto facilmente si torna a desiderare di tornare "soli" almeno il tempo che basta a cercarsi un'altra relazione dotata di potere anestizzante i morsi del vuoto devitalizzato. Chi ha per compagna la solitudine difficilmente mette in atto queste misure "terapeutiche", perche' conosce e si racconta altro e fa altri viaggi, e conta altre cifre.
Ah, ma Rabarbaro scrive parole a caso: è una verità universalmente riconosciuta ormai!
Certo che, delle varie e multiformi sembianze della solitudine, pochi ne onorano la caratterizzazione come attributo dell'atarassìa, condizione tanto cara agli stoici e della quale così bene tratta il Seneca morale nel 'De coinstantia sapientis', ma, quasi temendone l'impegnativa presenza, i più ne colgono solo il silenzio intollerabile che circonda pensieri troppo sconclusionati e rumorosi, l'instabilità geometrica di chi, incapace di trovare requie, si mantiene a galla solo speronando le altrui esistenze in un moto browniano frenetico e alterno e, infine, un appecoramento selvaggio e decerebrato nel quale la mimesi è simulazione di senso e dissimulazione superficialità, l'uno del percorso della propria esistenza, l'altra degli scopi e dei fini che orientano, o dovrebbero orientare, la fatica dei giorni.
Non è la prima volta che adduci alla solitudine quale stato di, non so come dirlo, appagamento.
In effetti la solitudine per scelta e ben diversa da quella subita. Quest'ultima percepita come uno stato di carenze è naturale che porti alla ricerca di qualcosa che le colmi.
Quando si sceglie la solitudine, invero ci si sente tutt'altro che soli. In quel caso la propria vita è piena ed appagante, ognuno per il suo.
Ma subire, come dici, una "percezione" di solitudine non può che portare alla ricerca di relazioni limitate alla superficie dei sentimenti. Forse perchè più semplice, forse perchè esclude, esimendo dall'affrontarle, le cause che generano quella stessa solitudine.
In ogni caso, per rispondere ad H7, credo che il senso di solitudine sia molto determinante nel tradimento. Ma non credo possa essere ritenuta l'unica causa.
Tu cogli molto bene la distinzione, mai troppo sottolineata, fra ciò che si cerca e ciò che, altresì, ci trova.
Nel molto mercanteggiare che è la vita, colle sue relazioni umane, le voglie crude ed i desideri alti, si è spesso costretti a vantarsi dei propri limiti ed a esibire vanagloriosi le proprie povertà, per null'altro motivo della fretta di concludere una breve tappa fingendo che sia il termine ultimo dell'intero percorso e di mostrare quanto un passo fatto in più rispetto agli altri ci abbia portati veramente più lontano e non ci abbia solamente resi più stanchi.
Per la solitudine è la stessa cosa: il semplice provare desiderio di compagnia- più ampia, variegata od anche solo differente dal solito- è ben diverso dall'essere soli, situazione che -a ben vedere- se non ben meritata- può facilmente farci smarrire piuttosto che elevare, un po' come una vincita milionaria alla lotteria rovina in breve lo sprovveduto e appaga pienamente l'avveduto.
Lo inviti a nozze. Prepara il vocabolario.
Ok, prometto che scriverò pochissime parole inventate di sana pianta come al solito...
La sintesi mirabile dell'autore è però gravemente lesiva delle sfumature e vorrei chairire e che mi fosse chairito laddove non comprendo appieno, essendo così rare le perle del pensiero in tale sede.
1. Chi tradisce per senso di solitudine scambia un bene maturo quale è la solitudine (immagino nel senso che pure io enunciai qui una volta, per cui siamo ciascuno essenzialmente e dignitosamente solo) con un banale e momentaneo senso di smarrimento, che anzitutto passa, secondariamente è segno di (7.) nostalgia del seno materno sottratto all'infante, che si vorrebbe moltiplicare e rigenerare per non mai guadagnare l'essere responsabilmente e felicemente soli, cioè in breve Uomini.
2. L'idea che la solitudine consista nella parcellizzazione dei corpi, per cui ci si sente soli magari soltanto perché la domenica pomeriggio uscendo per strada col proprio corpo disconnesso da un altro o più corpi, guardando le coppie e le famigliole a spasso si pensa che NON siano, loro no, soli. Idea idiota quan'altre mai. Grave invece è la dislocazione delle affettività. Si volesse penetrare al di sotto di tanti sorrisi accoppiati o raggruppati, si scorgerebbero solitudini abissali che chi ama la solitudine troverebbe e trova, di fatto, penose.
3. La solitudine obiettivamente perseguita, con calma, o anche non calma, forza, e lo insegnavano i latini così bene, è un bene inestimabile.
4. Le candide voglie, stranamente definite qui "candide" da chi altrove ne ha dato ributtanti descrizioni, sono quelle suggerite dagli ormoni, o anche qui dette "candide" perché si tratta magari del contatto fisico (ancora il seno della mamma perduta) avvolgente e stupefacente, un po' morfinico, che serve solo a...
5. perpetuare la sensazione di solitudine nel senso sbagliato del punto 1. poiché trattasi di escamotages tristi e umilianti, poiché effimeri e drogati. La solitudine, invece, è una virtù solida, paziente, posseduta con grazia, se amata.
6. Sospetto qui un errore. Non Egli, ma, suppongo, Esso (esso bene, cioè la solitudine nobile virtuosa), però NON HO CAPITO QUESTO PUNTO, in ogni caso. Suppongo solo che sia un ampliamento della descrizione del concetto di bella solitudine. La persona intelligente accumula privazioni, ma non sentendosi in esilio dal mondo rutilante e colorato là fuori, bensì stanto in cima alla colonna (come lo stilita) e dall'alto osservando la pazza umanità che s'affanna a riempire di senso che mai troverà (non ce n'è) fuori da sé; e anacoretiche privazioni, non ascetiche, perché l'ascesi è spesso una rinuncia dell'impotente, come ben diceva Nietzsche, piuttosto che il segno della forza del potente. Nessuna vanagloria, nessuna tracotanza ha chi ama la solitudine in sé. Non ne ha bisogno. Ma forse ho toppato. Però l'anacoreta invece dell'asceta mi ha procurato un orgasmo da romitaggio.:smile:
6.
Egli è riferito a
l'accumulo delle privazioni.
La costruzione è lievemente arcaica.
A questo punto direi che sarebbe il caso di sostituire la capra col montone. L'avatar intendo, che pure sdentato va bene.:mrgreen:
Nessuno potrebbe mai avere pensieri osé guardando una capra...
Vi faccio una descrizione in diretta di uno dei miei attacchi di ... vuoto, solitudine, angoscia esistenziale, chiamatela come diavolo volete.
Sono in un luogo a me assolutamente familiare e anche accogliente, tra persone che conosco da una vita. Persone che molto spesso mi hanno dato nei fatti grandi testimonianze di affetto, considerazione, stima e con quasi tutte loro sono in rapporti di amicizia, confidenza.
Ebbene all'improvviso mi sento un nodo alla gola, mi guardo intorno e non mi sento parte di questa comunità di questo luogo, di questa realtà.
E come se fossi stato abbandonato qui, se io fossi un estraneo totale e mi mancasse qualcosa, ma non di materiale, dentro, nella parte spiriuale di me stesso ... non saprei usare parole più precise. E non so cosa mi manca, porca puttana, non lho ancora capito.
Non ho paura, non ho fobie, ho solo una sensazione come di freddo interiore benché ci sia un clima africano.
Vorrei appoggiarmi sul grembo di una donna, che mi consolasse, che mi accarezzasse, che mi desse calore e conforto e mi dicesse all'infinito che mi ama, mi ama, mi ama ..... e io mi sentirei meglio, almeno per un pò.
Forse ti manca qualcuno che, quando potevi averlo, non l'hai goduto abbastanza.
Forse ti manca qualcuno che, se tu andassi via, sentirebbe la tua mancanza.
Forse ti manca qualcuno che, se tu non fossi con lui, ti peserebbe la distanza.
Forse ti manca qualcuno che, anche se sei da solo, ne senti la presenza.
Forse ti manca qualcuno che, solo quando manca, capisci che sei senza.