Comunque quando si prendono decisioni solo per sé, nel bene e nel male si viaggia più leggeri
Io sono appena reduce da una chiacchierata con mia mamma. Mi ha detto: "se fossi in te....". Sottintendendo (cosa abbastanza rara per lei, devo dire) che mi dovrei dedicare di più a me, ivi compreso il fatto di concedermi la possibilità di frequentare qualcuno. Le ho fatto presente che dovunque mi volto, sono tutti impegnati.
E con molta franchezza (conoscendomi, e sapendo come sono io con mio figlio) mi ha risposto "vabbè, anche tu lo sei"
Per te, i "fastidi" legati alla clandestinità della storia, quanto erano connessi al fatto di avere figli già grandi? Se avessi avuto figli ancora piccoli, credi che avresti sentito allo stesso modo tutta quella necessità di condivisione? Proprio alla luce dei momenti difficili, sia del prima, ma anche del dopo (e' dura riabituarsi a ritmi, abitudini e presenze fisse in casa).
Io ho l'esperienza della mia ex cognata: sposata con due figli (ora adolescenti) ha mollato il marito per filare dritta dritta a casa dell'amante. Coi due figli. Di questi, il maschio si è adattato. La femmina ha chiesto e ottenuto di andare a vivere col padre. Ma pare che non abbia sta gran simpatia neanche per la nuova compagna di lui. Insomma, al di là della separazione, figli entrambi costretti a stare in casa con estranei. E a farseli piacere.
Altro esempio di cui ho scritto qui: il mio amico "strombolo" che ha confessato il tradimento alla moglie e l'ha lasciata. Anche lui adesso va allegramente a casa della nuova compagna con i figli (13 il maschio e 9 anni la femmina). Non si fa nessuna remora neanche ad andare dai nonni con lei. Finisce nella sostanza che i tempi che dovrebbero essere dedicati ai figli, sono di fatto tempi in cui stare in queste famiglie allargate. E la bimba (proprio a detta dei nonni) si sta come "chiudendo". Mal sopporta la nuova compagna, che non è una iena, sia chiaro.
Io non so, non credo che esista una ricetta "giusta", però penso che in tutto questo una separazione possa anche essere imposta, mentre una convivenza con un estraneo forse dipende più che altro dal rapporto che riesce ad instaurarsi direttamente tra i figli e quella persona. Una mia amica, mia coetanea, che conosco da una vita, ha visto i suoi separarsi quando lei aveva oltre vent'anni. E' andata subito a vivere con sua sorella in autonomia, e non ne ha voluto sapere ne' di convivere con il nuovo compagno di sua mamma, ne' di CONOSCERE (conoscere!) per molto e molto tempo dopo la nuova compagna del padre. Che in tutto questo era stato tradito, e si era rifatto questa frequentazione diciamo a botta fredda. Ricordo le parole della mia amica: "Ho detto a mio padre che la conoscerò più avanti, se e quando me la sentirò". E non si trattava di conviverci, ma proprio di una libera scelta di non voler conoscere una donna che suo padre (che pure adorava) le aveva offerto di conoscere. Ci volle (se non erro, ma vado a spanne) circa un anno, perché lei se la sentisse. E stiamo parlando oramai di una donna, per quanto figlia, ma pur sempre di una donna abbastanza serena e sicura di sé, che davanti non tanto allo sfascio della famiglia (a cui lei era legatissima), quanto piuttosto davanti all'ingresso di nuove persone ha detto "no grazie". E idem la sorella più piccola, che andò a vivere con lei prima ancora di avere un lavoro. Era appena maggiorenne.
Questo per dire quanto secondo me in certe scelte debbano pesare proprio i figli.