Quando parlo di tecnica parlo di un sistema complesso di in e out.
L'empatia è una tecnica, per esempio.
Non è una roba spontanea perchè qualcuno è più buono dell'altro e allora è più empatico.
L'utilizzo spontaneistico dell'empatia finisce a divenire espressione di chi sente empatia e non strumento di comunicazione con l'utente (presente i prof che ce l'hanno con qualcuno e con latri no, ecco! è un esempio di empatia spontanea e inutile e dannosa in un contesto in cui l'obiettivo è la relazione finalizzata all'apprendimento).
In particolare nel sociale, la predisposizione, la passione, l'amore se non educati e formati fanno danni.
Capisco che da fuori e senza la competenze necessarie non sia visibile. E nemmeno comprensibile.
MA il grande amore per i bambini, che trasforma un lavoro tecnico in una vocazione tipo suore laiche ha portato a dove siamo oggi.
Dove addirittura si afferma che gli insegnanti sono "genitori" putativi. SEnza affermarlo ovviamente. Che come mammà nessuno mai!
Un formatore, come un educatore, come un insegnante, come uno terapeuta, come un medico etc etc se non ha padronanza e costante attenzione alla gestione delle proprie necessità emotive sovrappone i piani, se il suo lavoro diviene personale non sta lavorando ma sta seguendo dei suoi bisogni di riconoscimento.
E il danno meno visibile ma più impattante a lungo termine è che usa gli utenti come contenitori dei suoi bisogni individuali (sono bravo, sono buono, faccio bene, poverini, mia sorella poverina non era stata aiutata, io non ero stato aiutato, etc etc).
Anzi, ti dico di più, per paradosso, l'usare come contenitore l'utenza rende indietro all'utenza la soddisfazione di un suo bisogno di riconoscimento.
In un circolo vizioso che si autoalimenta.
E questo lo si vede poi nelle situazioni dove sono presenti fragilità che avrebbero invece bisogno non di coccoline, per dirla male, ma di competenze serie e onestà intellettuale.
E lo ribadisco. DA fuori e senza competenze specifiche questo aspetto non è visibile.
Ma da dentro, anche solo con semplicissime e saltuarie consulenze a supervisione è evidentissimo. Che invece di confrontarsi sulle necessità dell'utenza si finisce a gestire le sbandate emotive degli operatori.
Che sono da gestire. Ma non si fa. E l'obiettivo delle supervisione e delle formazioni è di altro genere.
Che ci stanno. Ma se non sono riconosciuti portano a dove siamo arrivati.
Direi che la tua esperienza personale conta per te.
Il mio è un discorso di sistema e non si lega alle esperienze personali.
Che sono interessanti ma sono personali e non rappresentative di altro se non della persona che le ha vissute.