Una storia come tante ...

sarastro

Utente di lunga data
A volte può bastare un calcio nelle palle ben assestato...:D
Sconsiglio vivamente il calcio nelle palle, perchè il tragitto tra piede e palle è molto lungo, e nel frattempo scatta la risposta istintitiva di protezione. All'uomo basta spostare la coscia, girarsi di qualche grado, per ricevere il calcio sulla gamba.
Va inoltre considerato che dare calci alti (sopra al ginocchio) squilibra e rende vulnerabili: basta uno sgambetto o una spinta per cadere a terra. Trovarsi a terra con l'avversario in piedi è molto brutto: lì sì che un calcio ha poca strada da fare prima di impattare sulla tua testa...
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Interessanti osservazioni, grazie. Ti replico con quel che so per esperienza.

In uno scontro a mani nude in cui si fa sul serio (si vuole/deve mettere l'avversario in condizioni di non nuocere e/o ucciderlo) la cosa che conta in assoluto di più è la familiarità con l'uso della violenza, e la decisione e la brutalità che ne conseguono.
Forza, peso, potenza, (tutte cose che avvantaggiano il maschio sulla femmina) contano molto, ma da soli non sono decisivi. Un uomo fisicamente in ottima forma che non ha familiarità con la violenza, contro una donna in discreta forma che ha familiarità con la violenza ed è veramente decisa e brutale, molto probabilmente perde.

Come si acquisisce la familiarità con la violenza?

Ci sono due modi. Primo: nasci e cresci in un ambiente violento, e impari a subire e a esercitare la violenza come impari a camminare, cucinare, etc.
Gli ambienti violenti, però, di solito escludono le donne dall'esercizio ufficiale della violenza, perchè lì la donna è una delle principali poste della violenza (una preda). Però, anche solo per osmosi, in quegli ambienti anche le donne acquistano familiarità con la violenza, e quando si manifesta non restano paralizzate, ma reagiscono, reagiscono eccome (pensa alle zingare, alle albanesi, etc.: non sono clienti comode, in un litigio).

Secondo modo: addestramento in un'arte marziale. L'arte marziale, però, per preparare sul serio alla violenza vera, dove l'arbitro che ferma l'incontro non c'è, va appresa nel modo più realistico possibile. Realistico vuol dire che devi imparare a prendere pugni e calci veri, non finti: sennò, quando nella vita reale ti prendi un cazzotto in faccia resti traumatizzato, esiti, ti scomponi e ti asfaltano.

Per questo sono più consigliabili la boxe o la lotta greco-romana o le MMA delle arti marziali orientali come il karate, il ju-jitsu, l'aikido, etc., che sono eccezionali ma a) esigono un lunghissimo addestramento per rendere automatiche teniche tutt'altro che naturali b) comprendono tecniche molto pericolose che non si possono far provare a tutti in modo realistico, sennò ci scappa il morto: quindi succede che uno diventa cintura nera di karate e non ha mai preso vere botte, e alla prima rissa per la strada un teppista qualsiasi lo stende (visto con i miei occhi).

Sono molto efficaci le tecniche di combattimento senz'armi messe a punto dalle varie FFAA. Il Sistema di Combattimento Militare italiano, il Systema russo, il Krav-Maga israeliano, etc. Sono tutti un mix di prese, colpi, leve, accomunati dallo scopo ultimo: fare fuori nel più breve tempo possibile l'avversario, senza ricamini sul fair play o preoccupazioni che nessuno si faccia veramente male (l'idea è che l'avversario deve farsi molto male molto in fretta).

Impararli sul serio non è uno scherzo, ci vuole tempo, fatica, e ci si fa male di sicuro.

A parità di altre condizioni (forma fisica, addestramento, decisione e brutalità) tra uomo e donna non c'è partita, per la semplice ragione che rientrano in gioco e ritornano decisive le caratteristiche fisiche dei due sessi: forza, peso, potenza. Il colpo di una donna di sessanta chili non equivale mai al colpo di un uomo di ottanta; per non parlare delle prese, dove il puro e semplice peso fornisce un vantaggio enorme, e delle leve, dove (a volte) con la pura e semplice forza un uomo può annullare la leva più efficace sollevando da terra la donna.

Il vantaggio prezioso che ha la donna addestrata, decisa e brutale in uno scontro fisico con un uomo è duplice. Uno, la sorpresa (l'uomo non si aspetta che la donna sia in grado di minacciarlo). Due, sono fortemente radicati nel maschio l'istinto a proteggere la donna e l'inibizione a colpirla.

Morale: se una donna vuole stendere gli uomini si addestri seriamente, impari a essere decisa e brutale, e sferri un attacco preventivo violentissimo e improvviso mirando subito ai punti vitali meno difficili da colpire: laringe (a mano aperta, colpi ripetuti), tempie (col pugno o, meglio, il gomito), genitali (afferrare con la mano e torcere, non colpire con il ginocchio o il piede, troppo facile la parata istintiva), setto nasale (con il palmo della mano dall'alto in basso con la massima potenza, per farlo rientrare nel cranio e fulminare il cervello), occhi (sgusciare con le dita), plesso solare (a mano tesa o con le nocche ripiegate). S

e l'attacco riesce, l'avversario sarà certamente incapacitato, anche se non muore. Se fallisce, be', sono grossi problemi, auguri.
sono piuttosto d'accordo con te. Praticamente su tutto.

E ribadisco altri aspetti...la femmina è pensata (negli immaginari) per dare la vita. Ed è un gradino.

in culture antiche le femmine sapevano dare la vita. Ma sapevano anche della morte. E sapevano di poterla dare.
Erano educate al loro potere. Creazione e distruzione.

Noi poco. E per una donna, e non uso casualmente donna invece di femmina, visto che la donna è fondamentalmente un ruolo sociale che viene "messo sopra" la femmina, riappropriarsi del potere della morte, nella sua origine non è un percorso scontato. Spesso non viene neanche percorso. Consapevolmente.
Ma la creazione non esiste senza la distruzione e viceversa.

Dimenticarsi di questo è giocarsi quello scatto preventivo...giocare sulla dissonanza cognitiva che l'imprevedibilità di una preda che si trasforma in cacciatore crea deriva dalla consapevolezza di saper dare la morte per la vita, se serve. Senza pietà.

Le donne temono la violenza. Raramente la attraversano. E tendenzialmente la attraversano nel ruolo di vittime.
E tendenzialmente restano stupite quando se la trovano davanti.

Come se fosse una bestia strana. E in effetti lo è...strana, lontana, non a me.

E la violenza, come ben sai se sei stato in guerra, è quella cosa che svela il trucco della sicurezza. Quella zona di confort in cui si pensa, si vuol credere che il terreno da sotto i piedi non te lo leva nessuno. Che sei al sicuro.

La violenza sbatte in faccia che è un trucco. Che la terra sotto i piedi te la può levare chiunque. E in qualsiasi momento.

Avere questa consapevolezza, senza esserne schiavi, è frutto di addestramento e disciplina.

Le arti marziali aiutano. E guidano. Sono la forma di una sostanza.

La sostanza la mette chi combatte. E le sue esperienze come giustamente facevi notare tu.

Conosco cinture nere che piangerebbero come bambini, in strada sul serio. E che non hanno memoria muscolare in stati di stress, dove non si funziona più per tecniche apprese ma è il corpo che fa quello che sa. E ancor di più conoscono la tecnica ma non la brutalità.

Che sul tatami è facile mimare una rottura...rompere un osso, sentire lo schiocco, non bloccarsi di fronte al sangue è un altro discorso.

Se non si conosce la violenza. Se non si conosce l'aggressività...concordo con te.

Le femmine in generale la sanno poco.
Per storia. Educazione. Cultura.

Hanno paura della violenza...ma oso un po' di più..hanno paura di aver paura. Anche gli uomini eh...ma è diverso.

Per quanto riguarda la brutalità...fa brutto no?...brutalità/donna...naahhh....non stanno bene..

Fa brutto che una femmina vada in giro con un occhio nero. O con gli ematomi sul corpo.
E il primo pensiero non è che ha combattuto e magari vinto.
Il primo pensiero è "povera...l'hanno picchiata!"

Raramente ci si chiede come ne è uscito/a conciata l'altro/o.

Ed è un pensiero ricorrente quello della femmina come vittima. Assoluta. Senza altra via se non essere vittima. Da difendere.

Poco ricorrente il pensiero per cui una vittima non è soltanto una vittima. E più che altro non lo è in ogni situazione.

Le arti marziali, sono un buono spunto. A conoscere il corpo.
Non bastano. Anche perchè il contesto sociale non "approva". Non ancora.

Violenza, aggressività, brutalità, animalità...concordo pienamente che siano aspetti pulsionali profondi e imprescindibili. Non conoscerli è rischioso. Per entrambi.

E il dolore. La negazione del dolore in ogni sua forma. Il doversene liberare a tutti i costi. Il curarlo come se fosse una malattia...anche questi aspetti culturali condizionano, e non poco.
 

marietto

Heisenberg
Ragazzi, per favore, ricordatemi di non contraddirvi mai...
 

sarastro

Utente di lunga data
sono piuttosto d'accordo con te. Praticamente su tutto.

E ribadisco altri aspetti...la femmina è pensata (negli immaginari) per dare la vita. Ed è un gradino.

in culture antiche le femmine sapevano dare la vita. Ma sapevano anche della morte. E sapevano di poterla dare.
Erano educate al loro potere. Creazione e distruzione.

Noi poco. E per una donna, e non uso casualmente donna invece di femmina, visto che la donna è fondamentalmente un ruolo sociale che viene "messo sopra" la femmina, riappropriarsi del potere della morte, nella sua origine non è un percorso scontato. Spesso non viene neanche percorso. Consapevolmente.
Ma la creazione non esiste senza la distruzione e viceversa.

Dimenticarsi di questo è giocarsi quello scatto preventivo...giocare sulla dissonanza cognitiva che l'imprevedibilità di una preda che si trasforma in cacciatore crea deriva dalla consapevolezza di saper dare la morte per la vita, se serve. Senza pietà.

Le donne temono la violenza. Raramente la attraversano. E tendenzialmente la attraversano nel ruolo di vittime.
E tendenzialmente restano stupite quando se la trovano davanti.

Come se fosse una bestia strana. E in effetti lo è...strana, lontana, non a me.

E la violenza, come ben sai se sei stato in guerra, è quella cosa che svela il trucco della sicurezza. Quella zona di confort in cui si pensa, si vuol credere che il terreno da sotto i piedi non te lo leva nessuno. Che sei al sicuro.

La violenza sbatte in faccia che è un trucco. Che la terra sotto i piedi te la può levare chiunque. E in qualsiasi momento.

Avere questa consapevolezza, senza esserne schiavi, è frutto di addestramento e disciplina.

Le arti marziali aiutano. E guidano. Sono la forma di una sostanza.

La sostanza la mette chi combatte. E le sue esperienze come giustamente facevi notare tu.

Conosco cinture nere che piangerebbero come bambini, in strada sul serio. E che non hanno memoria muscolare in stati di stress, dove non si funziona più per tecniche apprese ma è il corpo che fa quello che sa. E ancor di più conoscono la tecnica ma non la brutalità.

Che sul tatami è facile mimare una rottura...rompere un osso, sentire lo schiocco, non bloccarsi di fronte al sangue è un altro discorso.

Se non si conosce la violenza. Se non si conosce l'aggressività...concordo con te.

Le femmine in generale la sanno poco.
Per storia. Educazione. Cultura.

Hanno paura della violenza...ma oso un po' di più..hanno paura di aver paura. Anche gli uomini eh...ma è diverso.

Per quanto riguarda la brutalità...fa brutto no?...brutalità/donna...naahhh....non stanno bene..

Fa brutto che una femmina vada in giro con un occhio nero. O con gli ematomi sul corpo.
E il primo pensiero non è che ha combattuto e magari vinto.
Il primo pensiero è "povera...l'hanno picchiata!"

Raramente ci si chiede come ne è uscito/a conciata l'altro/o.

Ed è un pensiero ricorrente quello della femmina come vittima. Assoluta. Senza altra via se non essere vittima. Da difendere.

Poco ricorrente il pensiero per cui una vittima non è soltanto una vittima. E più che altro non lo è in ogni situazione.

Le arti marziali, sono un buono spunto. A conoscere il corpo.
Non bastano. Anche perchè il contesto sociale non "approva". Non ancora.

Violenza, aggressività, brutalità, animalità...concordo pienamente che siano aspetti pulsionali profondi e imprescindibili. Non conoscerli è rischioso. Per entrambi.

E il dolore. La negazione del dolore in ogni sua forma. Il doversene liberare a tutti i costi. Il curarlo come se fosse una malattia...anche questi aspetti culturali condizionano, e non poco.
Che arte marziale pratichi?

Quanto al resto (familiarità con la violenza reale) concordo, ma secondo me oggi, da noi, non è tanto questione di sesso.
La schiacciante maggioranza degli italiani, maschi o femmine conta poco, a) la violenza la vede solo al cine b) viene rimbambita fin dalla più tenera infanzia da un pacifismo, un irenismo, una non violenza obbligatoria senza se e senza ma che gli fanno credere sul serio che la violenza riguardi sempre gli altri (poi viene il giorno che, etc.) c) insomma, non ha mai preso un pugno in faccia.
Spero vivamente che la storia non ci provveda di un corso accelerato sulla realtà del conflitto.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Che arte marziale pratichi?

Quanto al resto (familiarità con la violenza reale) concordo, ma secondo me oggi, da noi, non è tanto questione di sesso.
La schiacciante maggioranza degli italiani, maschi o femmine conta poco, a) la violenza la vede solo al cine b) viene rimbambita fin dalla più tenera infanzia da un pacifismo, un irenismo, una non violenza obbligatoria senza se e senza ma che gli fanno credere sul serio che la violenza riguardi sempre gli altri (poi viene il giorno che, etc.) c) insomma, non ha mai preso un pugno in faccia.
Spero vivamente che la storia non ci provveda di un corso accelerato sulla realtà del conflitto.
Kung fu. Vietnamita. uno di quelli che sconsigli...:rotfl:

In realtà ultimamente sono incuriosita dal Systema...ci sto guardando con il mio maestro.

Ma la violenza non l'ho vista solo al cinema. :)

Quanto a quello che hai scritto, in particolare il grassetto, già..sono d'accordo...e aggiungo la contraddizione di fondo che vedo io...non può esistere non violenza senza violenza.

E la pericolosità di fondo della violenza è che è esplosiva, per chi non ne conosce il percorso.
Sia per chi la agisce sia per chi la subisce.

Lascia entrambi esterrefatti. E le bestie esterrefatte sono bestie pericolose.
 
Ultima modifica:

sarastro

Utente di lunga data
Kung fu. Vietnamita. uno di quelli che sconsigli...:rotfl:

In realtà ultimamente sono incuriosita dal Systema...ci sto guardando con il mio maestro.

Ma la violenza non l'ho vista solo al cinema. :)

Quanto a quello che hai scritto, in particolare il grassetto, già..sono d'accordo...e aggiungo la contraddizione di fondo che vedo io...non può esistere non violenza senza violenza.

E la pericolosità di fondo della violenza è che è esplosiva, per chi non ne conosce il percorso.
Sia per chi la agisce sia per chi la subisce.

Lascia entrambi esterrefatti. E le bestie esterrefatte sono bestie pericolose.
Il kung fu lo conosco poco, visto un paio di volte uno bravo. Però, ci tengo a precisare: le arti marziali orientali sono più che buone, se praticate come si deve. I difetti sono quelli che dicevo sopra: molto lunghe da apprendere le tecniche, raro il realismo per ragioni sia oggettive (pericolo) sia soggettive (ai maestri conviene vendere la tecnica come risolutiva in sè e per sè, "se impari il karate stendi l'omone", e molti purtroppo ci cascano: non dico che sia così il tuo, da come parli sembra proprio di no).
Boxe, lotta greco-romana e MMA hanno un vantaggio: sono più facili da imparare (tecniche più naturali) e più realistiche (nei limiti del combattimento sportivo, nella boxe i cazzotti te li prendi eccome, etc.).
Ma va benissimo anche imparare le arti marziali orientali, come no.
Come caveat metterei soltanto questo: attenti che nessuna tecnica basta + attenti che negli scontri reali bisogna semplificare al massimo, le reazioni devono essere totalmente istintive e immediate senza ripensamento alcuno, e prima che una tecnica complicata diventi azione riflessa bisogna ripeterla centinaia di migliaia di volte in molte situazioni diverse.
Il Systema è una gran figata. Mai imparato sul serio, ma ci ho un po' giocato, da vecchio, con un tizio russo che frequentava la mia palestra di boxe. Grande la tecnica per scaricare tutto il peso nel pugno, grande l'uso del pugno a martello, grandi le prese e le leve a terra. Una lotta simpatica, arruffona e devastante come i russi, popolo che adoro.
 

Falcor

Escluso
In uno scontro a mani nude in cui si fa sul serio (si vuole/deve mettere l'avversario in condizioni di non nuocere e/o ucciderlo) la cosa che conta in assoluto di più è la familiarità con l'uso della violenza, e la decisione e la brutalità che ne conseguono.

Come si acquisisce la familiarità con la violenza?

e l'attacco riesce, l'avversario sarà certamente incapacitato, anche se non muore. Se fallisce, be', sono grossi problemi, auguri.
Sconsiglio vivamente il calcio nelle palle, perchè il tragitto tra piede e palle è molto lungo, e nel frattempo scatta la risposta istintitiva di protezione.

Trovarsi a terra con l'avversario in piedi è molto brutto: lì sì che un calcio ha poca strada da fare prima di impattare sulla tua testa...
Credimi non sto scherzando, io ti amo :D Dove sei stato fino ad oggi.
 

danny

Utente di lunga data
Interessanti osservazioni, grazie. Ti replico con quel che so per esperienza.

In uno scontro a mani nude in cui si fa sul serio (si vuole/deve mettere l'avversario in condizioni di non nuocere e/o ucciderlo) la cosa che conta in assoluto di più è la familiarità con l'uso della violenza, e la decisione e la brutalità che ne conseguono.
Forza, peso, potenza, (tutte cose che avvantaggiano il maschio sulla femmina) contano molto, ma da soli non sono decisivi. Un uomo fisicamente in ottima forma che non ha familiarità con la violenza, contro una donna in discreta forma che ha familiarità con la violenza ed è veramente decisa e brutale, molto probabilmente perde.

Come si acquisisce la familiarità con la violenza?

Ci sono due modi. Primo: nasci e cresci in un ambiente violento, e impari a subire e a esercitare la violenza come impari a camminare, cucinare, etc.
Gli ambienti violenti, però, di solito escludono le donne dall'esercizio ufficiale della violenza, perchè lì la donna è una delle principali poste della violenza (una preda). Però, anche solo per osmosi, in quegli ambienti anche le donne acquistano familiarità con la violenza, e quando si manifesta non restano paralizzate, ma reagiscono, reagiscono eccome (pensa alle zingare, alle albanesi, etc.: non sono clienti comode, in un litigio).

Secondo modo: addestramento in un'arte marziale. L'arte marziale, però, per preparare sul serio alla violenza vera, dove l'arbitro che ferma l'incontro non c'è, va appresa nel modo più realistico possibile. Realistico vuol dire che devi imparare a prendere pugni e calci veri, non finti: sennò, quando nella vita reale ti prendi un cazzotto in faccia resti traumatizzato, esiti, ti scomponi e ti asfaltano.

Per questo sono più consigliabili la boxe o la lotta greco-romana o le MMA delle arti marziali orientali come il karate, il ju-jitsu, l'aikido, etc., che sono eccezionali ma a) esigono un lunghissimo addestramento per rendere automatiche teniche tutt'altro che naturali b) comprendono tecniche molto pericolose che non si possono far provare a tutti in modo realistico, sennò ci scappa il morto: quindi succede che uno diventa cintura nera di karate e non ha mai preso vere botte, e alla prima rissa per la strada un teppista qualsiasi lo stende (visto con i miei occhi).

Sono molto efficaci le tecniche di combattimento senz'armi messe a punto dalle varie FFAA. Il Sistema di Combattimento Militare italiano, il Systema russo, il Krav-Maga israeliano, etc. Sono tutti un mix di prese, colpi, leve, accomunati dallo scopo ultimo: fare fuori nel più breve tempo possibile l'avversario, senza ricamini sul fair play o preoccupazioni che nessuno si faccia veramente male (l'idea è che l'avversario deve farsi molto male molto in fretta).

Impararli sul serio non è uno scherzo, ci vuole tempo, fatica, e ci si fa male di sicuro.

A parità di altre condizioni (forma fisica, addestramento, decisione e brutalità) tra uomo e donna non c'è partita, per la semplice ragione che rientrano in gioco e ritornano decisive le caratteristiche fisiche dei due sessi: forza, peso, potenza. Il colpo di una donna di sessanta chili non equivale mai al colpo di un uomo di ottanta; per non parlare delle prese, dove il puro e semplice peso fornisce un vantaggio enorme, e delle leve, dove (a volte) con la pura e semplice forza un uomo può annullare la leva più efficace sollevando da terra la donna.

Il vantaggio prezioso che ha la donna addestrata, decisa e brutale in uno scontro fisico con un uomo è duplice. Uno, la sorpresa (l'uomo non si aspetta che la donna sia in grado di minacciarlo). Due, sono fortemente radicati nel maschio l'istinto a proteggere la donna e l'inibizione a colpirla.

Morale: se una donna vuole stendere gli uomini si addestri seriamente, impari a essere decisa e brutale, e sferri un attacco preventivo violentissimo e improvviso mirando subito ai punti vitali meno difficili da colpire: laringe (a mano aperta, colpi ripetuti), tempie (col pugno o, meglio, il gomito), genitali (afferrare con la mano e torcere, non colpire con il ginocchio o il piede, troppo facile la parata istintiva), setto nasale (con il palmo della mano dal basso in alto con la massima potenza, per farlo rientrare nel cranio e fulminare il cervello), occhi (sgusciare con le dita), plesso solare (a mano tesa o con le nocche ripiegate). S

e l'attacco riesce, l'avversario sarà certamente incapacitato, anche se non muore. Se fallisce, be', sono grossi problemi, auguri.
Perfetto. Aggiungo una cosa: se tu donna non hai mai avuto a che fare con un uomo in un corpo a corpo non ce la farai comunque perché se ti trovi di fronte uno allenato non ti lascerà neppure arrivare alla linea della vita e perché qualsiasi tuo colpo sarà troppo lento e verrà intercettato prima che arrivi a segno. Un calcio o un pugno li devi sapere dare, ci vuole tecnica. E la tecnica richiede studio e allenamento. Ricordo solo una donna con cui mi allenavo che mi teneva testa. Dura veloce forte precisa aggressiva. Con le altre non c'era storia. Consiglierei a tutte dei buoni corsi di difesa.
 

danny

Utente di lunga data
A volte può bastare un calcio nelle palle ben assestato...:D
Se ci arrivi Jim. In un aggressione vera è la prima cosa che ci si aspetta. E prendere un piede con le mani rovesciando una donna leggera a terra è questione di un attimo. E quando una donna è a terra è finita. Conosco delle posizioni che ti bloccano. Questo unitamente al panico che si crea sono pericolosi.
 

danny

Utente di lunga data
Sconsiglio vivamente il calcio nelle palle, perchè il tragitto tra piede e palle è molto lungo, e nel frattempo scatta la risposta istintitiva di protezione. All'uomo basta spostare la coscia, girarsi di qualche grado, per ricevere il calcio sulla gamba.
Va inoltre considerato che dare calci alti (sopra al ginocchio) squilibra e rende vulnerabili: basta uno sgambetto o una spinta per cadere a terra. Trovarsi a terra con l'avversario in piedi è molto brutto: lì sì che un calcio ha poca strada da fare prima di impattare sulla tua testa...
Perfetto. Io per un certo periodo dopo le arti marziali giapponesi e vietnamite mi sono allenato alla difesa da coltello e arma da fuoco. Avevo le protezioni per viso testicoli pancia. Da noi i colpi arrivavano davvero. Devo dirti che mi manca ma purtroppo è importante anche trovare un buon maestro con cui avere un buon rapporto per questo tipo di pratica. Il mio ero fantastico. Una persona in cui riponi la massima fiducia in un rapporto reciproco. Non so, certe palestre di boxe non mi ispirano, per esempio.
 
Ultima modifica:

Ross

Utente Yuppie
Sconsiglio vivamente il calcio nelle palle, perchè il tragitto tra piede e palle è molto lungo, e nel frattempo scatta la risposta istintitiva di protezione. All'uomo basta spostare la coscia, girarsi di qualche grado, per ricevere il calcio sulla gamba.
Va inoltre considerato che dare calci alti (sopra al ginocchio) squilibra e rende vulnerabili: basta uno sgambetto o una spinta per cadere a terra. Trovarsi a terra con l'avversario in piedi è molto brutto: lì sì che un calcio ha poca strada da fare prima di impattare sulla tua testa...
Mi puoi adottare? :D
 
Ultima modifica:

Skorpio

Utente di lunga data
...

Interessanti osservazioni, grazie. Ti replico con quel che so per esperienza.

In uno scontro a mani nude in cui si fa sul serio (si vuole/deve mettere l'avversario in condizioni di non nuocere e/o ucciderlo) la cosa che conta in assoluto di più è la familiarità con l'uso della violenza, e la decisione e la brutalità che ne conseguono.
Forza, peso, potenza, (tutte cose che avvantaggiano il maschio sulla femmina) contano molto, ma da soli non sono decisivi. Un uomo fisicamente in ottima forma che non ha familiarità con la violenza, contro una donna in discreta forma che ha familiarità con la violenza ed è veramente decisa e brutale, molto probabilmente perde.

Come si acquisisce la familiarità con la violenza?

Ci sono due modi. Primo: nasci e cresci in un ambiente violento, e impari a subire e a esercitare la violenza come impari a camminare, cucinare, etc.
Gli ambienti violenti, però, di solito escludono le donne dall'esercizio ufficiale della violenza, perchè lì la donna è una delle principali poste della violenza (una preda). Però, anche solo per osmosi, in quegli ambienti anche le donne acquistano familiarità con la violenza, e quando si manifesta non restano paralizzate, ma reagiscono, reagiscono eccome (pensa alle zingare, alle albanesi, etc.: non sono clienti comode, in un litigio).

Secondo modo: addestramento in un'arte marziale. L'arte marziale, però, per preparare sul serio alla violenza vera, dove l'arbitro che ferma l'incontro non c'è, va appresa nel modo più realistico possibile. Realistico vuol dire che devi imparare a prendere pugni e calci veri, non finti: sennò, quando nella vita reale ti prendi un cazzotto in faccia resti traumatizzato, esiti, ti scomponi e ti asfaltano.

Per questo sono più consigliabili la boxe o la lotta greco-romana o le MMA delle arti marziali orientali come il karate, il ju-jitsu, l'aikido, etc., che sono eccezionali ma a) esigono un lunghissimo addestramento per rendere automatiche teniche tutt'altro che naturali b) comprendono tecniche molto pericolose che non si possono far provare a tutti in modo realistico, sennò ci scappa il morto: quindi succede che uno diventa cintura nera di karate e non ha mai preso vere botte, e alla prima rissa per la strada un teppista qualsiasi lo stende (visto con i miei occhi).

Sono molto efficaci le tecniche di combattimento senz'armi messe a punto dalle varie FFAA. Il Sistema di Combattimento Militare italiano, il Systema russo, il Krav-Maga israeliano, etc. Sono tutti un mix di prese, colpi, leve, accomunati dallo scopo ultimo: fare fuori nel più breve tempo possibile l'avversario, senza ricamini sul fair play o preoccupazioni che nessuno si faccia veramente male (l'idea è che l'avversario deve farsi molto male molto in fretta).

Impararli sul serio non è uno scherzo, ci vuole tempo, fatica, e ci si fa male di sicuro.

A parità di altre condizioni (forma fisica, addestramento, decisione e brutalità) tra uomo e donna non c'è partita, per la semplice ragione che rientrano in gioco e ritornano decisive le caratteristiche fisiche dei due sessi: forza, peso, potenza. Il colpo di una donna di sessanta chili non equivale mai al colpo di un uomo di ottanta; per non parlare delle prese, dove il puro e semplice peso fornisce un vantaggio enorme, e delle leve, dove (a volte) con la pura e semplice forza un uomo può annullare la leva più efficace sollevando da terra la donna.

Il vantaggio prezioso che ha la donna addestrata, decisa e brutale in uno scontro fisico con un uomo è duplice. Uno, la sorpresa (l'uomo non si aspetta che la donna sia in grado di minacciarlo). Due, sono fortemente radicati nel maschio l'istinto a proteggere la donna e l'inibizione a colpirla.

Morale: se una donna vuole stendere gli uomini si addestri seriamente, impari a essere decisa e brutale, e sferri un attacco preventivo violentissimo e improvviso mirando subito ai punti vitali meno difficili da colpire: laringe (a mano aperta, colpi ripetuti), tempie (col pugno o, meglio, il gomito), genitali (afferrare con la mano e torcere, non colpire con il ginocchio o il piede, troppo facile la parata istintiva), setto nasale (con il palmo della mano dal basso in alto con la massima potenza, per farlo rientrare nel cranio e fulminare il cervello), occhi (sgusciare con le dita), plesso solare (a mano tesa o con le nocche ripiegate). S

e l'attacco riesce, l'avversario sarà certamente incapacitato, anche se non muore. Se fallisce, be', sono grossi problemi, auguri.
quindi per la tua esperienza, tradotto in termini pratici (vedi neretto) i vari corsi di autodifesa femminile che ci sono in giro con una certa allegria, all'atto pratico sono sostanzialmente aria fritta?

li sconsiglieresti?

Perché se una donna diciamo "non violenta" , benché addestrata sufficientemente, viene aggredita da una persona abituata alla violenza, magari un ladro aggressivo, seguendo quanto scritto sul neretto, ha sostanzialmente poche chanches di difendersi efficacemente........?
 
Ultima modifica:

perplesso

Administrator
Staff Forum
perchè la paura ha la meglio e rimane come paralizzata.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Il kung fu lo conosco poco, visto un paio di volte uno bravo. Però, ci tengo a precisare: le arti marziali orientali sono più che buone, se praticate come si deve. I difetti sono quelli che dicevo sopra: molto lunghe da apprendere le tecniche, raro il realismo per ragioni sia oggettive (pericolo) sia soggettive (ai maestri conviene vendere la tecnica come risolutiva in sè e per sè, "se impari il karate stendi l'omone", e molti purtroppo ci cascano: non dico che sia così il tuo, da come parli sembra proprio di no).
Boxe, lotta greco-romana e MMA hanno un vantaggio: sono più facili da imparare (tecniche più naturali) e più realistiche (nei limiti del combattimento sportivo, nella boxe i cazzotti te li prendi eccome, etc.).
Ma va benissimo anche imparare le arti marziali orientali, come no.
Come caveat metterei soltanto questo: attenti che nessuna tecnica basta + attenti che negli scontri reali bisogna semplificare al massimo, le reazioni devono essere totalmente istintive e immediate senza ripensamento alcuno, e prima che una tecnica complicata diventi azione riflessa bisogna ripeterla centinaia di migliaia di volte in molte situazioni diverse.
Il Systema è una gran figata. Mai imparato sul serio, ma ci ho un po' giocato, da vecchio, con un tizio russo che frequentava la mia palestra di boxe. Grande la tecnica per scaricare tutto il peso nel pugno, grande l'uso del pugno a martello, grandi le prese e le leve a terra. Una lotta simpatica, arruffona e devastante come i russi, popolo che adoro.
Se ben insegnato secondo me è interessante.
Credo dipenda da cosa si cerchi. E dal sapere cosa si cerca.

Ma non era questo il tema che volevo sottolineare, seppure mi piaccia chiacchierare di arte. :)

Il tema che volevo sottolineare riguarda il fatto che quelle che hai descritto come arti femminili per eccellenza, paradiso e inferno per il maschio degno e indegno, sono solo una costruzione culturale.
Frutto di secoli in cui la donna, non la femmina, è stata lì relegata. E lì si è lasciata relegare.

E la competizione solo su campo maschile, ossia la potenza e basta, è una delle declinazioni.
Una femmina che sa combattere, combatte come un maschio. Da femmina però. E usa altre modalità.

Una femmina consapevole del proprio corpo conosce i punti di forza e i punti di debolezza. Se addestrata sfrutta entrambi a suo favore. Tanto quanto un maschio conosce e sfrutta i suoi.

Trovo indicativo che i maestri siano tendenzialmente maschi. Ed è una pecca. Che indica però uno stato dell'arte.
Un maschio non sa, per quanto si impegni, cosa significhi un corpo di femmina, una aggressività di femmina e una violenza di femmina, se una femmina non glielo spiega. E per poterlo spiegare al maschio, lei per prima deve liberarsi da una concezione del corpo al maschile, di una aggressività al maschile e di una violenza al maschile.

E questo è un nodo non indifferente. A diversi livelli.

Manca l'educazione a questo. Nelle donne e dalle donne.

E anche negli uomini. Maschi.

Detto questo....trovo sia fondamentale saper distinguere quando è tempo di guerra e quando è tempo di pace.

In tempo di pace, secondo il mio punto di vista, si cerca il dialogo.

E ci si ricorda che le mutande sono di chi le indossa. E di nessun altro.

Io almeno tendo a ricordarmelo.
E non vedo, per quanto sia territoriale, il mio ipotetico uomo come preda delle succitate arti femminili.
Gli riconosco la capacità di abbassarsi le mutande e un intelletto sufficientemente vivo da saper decidere senza che la decisione sia frutto dell'irretire.
Allo stesso modo penso delle donne. Abbiamo imparato ad alzare e abbassare le mutande tanto quanto i maschi e abbiamo un intelletto altrettanto vivo da saper decidere da chi prenderlo....

ecco forse le mutande le abbassiamo con filo di eleganza in più...ah...le arti femminili :D

Poi si può parlare di come si sfoga la frustrazione. Ma è una questione diversa. Seppur correlata. E riguarda la percezione di se stessi in relazione all'altro. E alla sensazione di avere o perdere il potere. E qui sono i maschi ad avere qualche conflitto interno.


Systema è interessante per me, in particolare per le leve, che se ben portate possono diventare rotture. Che mi piacciono un sacco. Preferisco la marzialità della guerriglia però..so' femmina:carneval:
 

Brunetta

Utente di lunga data
Mi dispiace deludervi ma non viviamo in una società che richieda lo scontro corpo a corpo.
 

Ecate

Utente di lunga data
Se ben insegnato secondo me è interessante.
Credo dipenda da cosa si cerchi. E dal sapere cosa si cerca.

Ma non era questo il tema che volevo sottolineare, seppure mi piaccia chiacchierare di arte. :)

Il tema che volevo sottolineare riguarda il fatto che quelle che hai descritto come arti femminili per eccellenza, paradiso e inferno per il maschio degno e indegno, sono solo una costruzione culturale.
Frutto di secoli in cui la donna, non la femmina, è stata lì relegata. E lì si è lasciata relegare.

E la competizione solo su campo maschile, ossia la potenza e basta, è una delle declinazioni.
Una femmina che sa combattere, combatte come un maschio. Da femmina però. E usa altre modalità.

Una femmina consapevole del proprio corpo conosce i punti di forza e i punti di debolezza. Se addestrata sfrutta entrambi a suo favore. Tanto quanto un maschio conosce e sfrutta i suoi.

Trovo indicativo che i maestri siano tendenzialmente maschi. Ed è una pecca. Che indica però uno stato dell'arte.
Un maschio non sa, per quanto si impegni, cosa significhi un corpo di femmina, una aggressività di femmina e una violenza di femmina, se una femmina non glielo spiega. E per poterlo spiegare al maschio, lei per prima deve liberarsi da una concezione del corpo al maschile, di una aggressività al maschile e di una violenza al maschile.

E questo è un nodo non indifferente. A diversi livelli.

Manca l'educazione a questo. Nelle donne e dalle donne.

E anche negli uomini. Maschi.

Detto questo....trovo sia fondamentale saper distinguere quando è tempo di guerra e quando è tempo di pace.

In tempo di pace, secondo il mio punto di vista, si cerca il dialogo.

E ci si ricorda che le mutande sono di chi le indossa. E di nessun altro.

Io almeno tendo a ricordarmelo.
E non vedo, per quanto sia territoriale, il mio ipotetico uomo come preda delle succitate arti femminili.
Gli riconosco la capacità di abbassarsi le mutande e un intelletto sufficientemente vivo da saper decidere senza che la decisione sia frutto dell'irretire.
Allo stesso modo penso delle donne. Abbiamo imparato ad alzare e abbassare le mutande tanto quanto i maschi e abbiamo un intelletto altrettanto vivo da saper decidere da chi prenderlo....

ecco forse le mutande le abbassiamo con filo di eleganza in più...ah...le arti femminili :D

Poi si può parlare di come si sfoga la frustrazione. Ma è una questione diversa. Seppur correlata. E riguarda la percezione di se stessi in relazione all'altro. E alla sensazione di avere o perdere il potere. E qui sono i maschi ad avere qualche conflitto interno.


Systema è interessante per me, in particolare per le leve, che se ben portate possono diventare rotture. Che mi piacciono un sacco. Preferisco la marzialità della guerriglia però..so' femmina:carneval:
Bello, Ipazia. Dove non ho competenza mi hai arricchita, per il resto ti quoto con rinnovato vigore
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Mi dispiace deludervi ma non viviamo in una società che richieda lo scontro corpo a corpo.
:rotfl::rotfl:

...mica sempre..però in effetti siamo messi meglio che in altre parti del mondo....

certi corpo a corpo sono piacevoli però :D
 
Top