Ho risolto con una battuta il tuo racconto di uno spettacolo che non ho capito cosa avrebbe dovuto spiegare, oltre allo spettacolo stesso.
Erano due che guardavano solo i vantaggi che avrebbero avuto, i propri affari, i proprio bisogni. E in modo materiale. E ognuno dei due pensava ai propri, staccato dall’altro, pensando solo fosse un buon affare per se stesso.
La voce fuori campo si chiedeva se quella roba si chiamasse amore.
E a leggere questo forum, verrebbe da rispondere: certo!
Qui è stato scritto che il matrimonio è una società, una spa. In questo affare Danny ha scritto che è contemplata la fedeltà.
E levata la fedeltà, viene meno l’affare, i doveri, l’essere bravi coniugi, persino brave persone.
Volendo svaccare si potrebbe dire che è un affare firmato sui genitali.
Non era esattamente questo quello che volevo intendere.
Il concetto è che anche ad essere ottimi mariti, o mogli, rispondenti ai canoni delle lamentazioni più frequenti, quindi persone che aiutano in casa etc. e ineccepibili dal punto di vista etico non vi è alcuna garanzia di non venire traditi o lasciati per uno che non fa nulla in casa (o altro) ed è moralmente discutibile.
È il paradosso del bravo ragazzo.
In ambito lavorativo è quello che si fa un mazzo per anni, ha una naturale predisposizione al dovere e qualità ineccepibili, ma che funge da supporto alla carriera della 'persona favorita' (per origine, rapporto etc.) di turno.
Perché paradosso? Perché l'azienda dovrebbe in teoria considerare di maggior valore chi se ne cura realmente.
Da lì il discorso di conseguenza sui valori morali in crisi, in quanto non più vantaggiosi per l'individuo.
Poi uno reagisce come vuole: può adattarsi all'ambiente e adottare a sua volta strategie per ottenere ciò che desidera oppure continuare come prima e adattarsi ugualmente alle condizioni sentendosi a posto in quanto in pace con la coscienza.
Io mi sono concesso maggiori libertà, assecondando parti di me che avevo tralasciato prima allo scopo di dare più spazio alla coppia e alla famiglia. Altri faranno altre scelte, che sono assolutamente personali.
L'importante è aspirare a stare bene.
Quello che tu scrivi non mi pare tanto cosa nuova, mi fa venire in mente la solita vecchia storia italiana, quella dove uno che fa, è visto un poco come uno scemo, mentre il furfantello è una persona furba, intelligente.
Però è una condizione che un poco tutti hanno sperimentato, o magari visto in qualche collega di lavoro. Un poco tutti hanno sperimentato anche le conseguenze, del doversi rapportare con qualche persona, ufficio, struttura dove le cose girano con molta calma, e il dover accettare quella condizione.
Molti utenti traditi (o tradite) si sono presentati qui, sentendo di dover specificare di non essere sfigati (quasi che ad essere sfigati allora sia normale comporti un tradimento), alcuni hanno persino scritto di ritrovarsi in una condizione inusuale, perchè nel contesto lavorativo avevano una certa carica "di rispetto", e questo li faceva sentire spiazzati anche oltre il tradimento.
Forse leggere il racconto di questa ragazza, ad alcuni uomini traditi ha un po’ riaperto una ferita.
Nonostante mi pare tu sia una delle persone che ha più razionalizzato il contesto di tradimento che hai vissuto, oltre lo shock, hai vissuto una condizione che non ti ha permesso movimento, che hai sentito di dover subire, a fronte della quale eri impotente.
Ti sei ritagliato dei momenti maggiori per te, facendo cose che ti piacciono e ti appassionano, ti sei relazionato con altre persone, e mi pare tu abbia fatto bene. Però quello o quella, di cui poi si lamentano, perchè non collabora in casa, o sta sbracato sul divano, non è che sia più furbo o intelligente di te, non vede.